giovedì 28 marzo 2024

26/03/2024 - Omelia di Paolo Bizzeti al trigesimo di padre Francesco Rossi De Gasperis

 Il giorno 26 marzo 2024 è stato celebrato il trigesimo di padre Francesco Rossi De Gasperis nella cappella della Casa San Pietro Canisio a Roma. Riporto la trascrizione dell'omelia che è stata fatta da padre Paolo Bizzeti. Se qualcuno che legge volesse inviare un proprio ricordo di padre Francesco Rossi De Gasperis, una riflessione, una testimonianza, un saluto o altro può scrivere alla email: francescorossidegasperissj@gmail.com.

2024, 26 marzo - Roma. Cappella della Casa San Pietro Canisio dove si è svolta la messa per il Trigesimo di padre Francesco Rossi De Gasperis.

Il testo è la trascrizione della omelia tenuta da padre Paolo Bizzeti e non è stata rivista dall'autore. Si resta a disposizione per l'immediata rimozione della stessa. I titoletti in grigio sono stati messi arbitrariamente in fase di trascrittura per facilitare una sintesi del discorso.

Gv 13,21-33.36-38
In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte».

Omelia di padre Paolo Bizzeti

C'è un punto che mi sembra che ci aiuti a saldare la liturgia della parola con l'evento di cui facciamo memoria. Perché l'evangelista ci dice onestamente che, sul momento, non hanno capito cosa stava succedendo. Nessuno dei commensali capì quello che stava succedendo. Le parole di Gesù, la scelta di Giuda,  la scelta di Gesù con Giuda etc. etc. E questo è normale. Dobbiamo dubitare, quando pensiamo di comprendere le persone, le situazioni in diretta, all'istante. Lì dobbiamo stare attenti. 

Normalmente si comprende dopo la morte e con il tempo la vicenda di una persona - 
Certo non stiamo parlando di cose che abbiano una grande evidenza, ma, normalmente, piuttosto si comprende solo dopo. Anche la vicenda di una persona. Chi era questo Giuda? Chi era questo Pietro? Chi era questo Gesù? E pian piano lo hanno capito. E, normalmente, si capisce dopo la morte. Noi lo sappiamo. Tutti i vangeli sono stati scritti dopo la morte e anche dopo un certo tempo. Perché? Perché è così: ci vuole del tempo per mettere insieme il mosaico. E ogni persona è un mosaico. Che ha tanti aspetti, tante vicende, tante evoluzioni anche. La cosa più triste è quando si incasella una persona con un'etichetta, con una posizione che prende in un certo momento della vita.

Rileggere l'esistenza di padre Francesco - 
Quindi, adesso, che padre Francesco è andato con il Signore, ci ha lasciato nel modo visibile corporeo di essere qui con noi, noi dobbiamo un pò cercare di rileggere la sua esistenza: chi era quest'uomo? 
Adesso, come sapete, c'è questo indirizzo email  (francescorossidegasperissj@gmail.com) dove chi desidera può mandare anche un ricordo di padre Francesco. 

Linee costanti e differenze nei ricordi che abbiamo di padre Francesco - 
Alla fine forse metteremo a posto queste cose, faremo anche un piccolo libretto, ma al di là di questo,  io ho letto in anteprima queste testimonianze, è interessate che ci sono alcune linee costanti delle persone che lo hanno incrociato e ci sono delle cose diverse. Perché poi ognuno effettivamente ha colto un aspetto. Ha vissuto accanto a Francesco in un certo momento della sua vita. 
E anche per me è così. Io ho fatto i primi esercizi con Francesco quando ancora non ero prete, ero scolastico. Poi, appunto, per cinquanta anni l'ho seguito e ho visto tante epoche. 

Gli elementi di continuità della sua vita - 
Certo con una continuità. Con degli elementi ricorrenti, come dicevo, in questo mosaico ci sono tante pietre che sono una costante. E' facile trovarle: la sua dedizione al Signore, al sua dedizione alla Parola di Dio, la sua dedizione alla gente, l'accompagnamento spirituale. Il suo insegnamento. Ha insegnato per decine di anni. 
E possiamo tutti dire, quelli che l'abbiamo conosciuto, sicuramente è stato un uomo con una continuità impressionante. Non si è lasciato abbagliare da incarichi, dal prestigio, dal successo, da nuovi ambienti. E' rimasto un uomo semplice da questo punto di vista.

I momenti di "non linearità" della sua vicenda - 
Però è vero che ognuna delle fasi della sua vita, forse un pò come per tanti di noi, è diversa. Non ha vissuto una vita lineare. Ha vissuto anche momenti drammatici. Avrebbe voluto restare in Giappone. Non è stato possibile. Era stato incaricato di essere rettore al Gesù, un luogo importante, allo Scolasticato Internazionale di quel tempo, la cosa non ha funzionato e tante altre svolte della sua vita. E però appunto, e questo lo ha anche plasmato e ha anche plasmato la relazione delle persone con lui. 

Il cambiamento nella relazione tra padre Paolo e padre Francesco -
Io ricordo benissimo che per moltissimi anni ho avuto una grande soggezione di Francesco. Qualcuno di voi lo ha scritto anche. Incuteva soggezione anche. Io ero impacciato. Molto impacciato, non osavo. 
Poi dopo abbiamo lavorato insieme, quasi alla pari diciamo.
Poi, negli ultimi tempi, era commuovente, mi chiedeva cosa ne pensavo. Ancora forse tre quattro anni fa, voleva scrivere una lunga lettera a Papa Francesco. Non so se poi l'abbia mandata. Comunque una lunga lettera però mi diceva: "Dimmi cosa ne pensi". In qualche modo si erano anche un pò rovesciate le posizioni. Era lui che mi chiedeva che cosa ne pensavo. 

Altre costanti -
Anche se questo, poi, è stato, in realtà, una costante. Mi ricordo che tante volte sembrava un uomo tanto sicuro, poi era un uomo che si interrogava e che si domandava. Mi ricordo, più di una volta mi diceva: "E' importante perché certe cose non vorrei dirle da solo, è importante che ci sia qualche altro compagno della Compagnia che mi dice sì, anche io  sono insieme su queste idee, su queste prospettive". Quindi tanti aspetti. Tanti aspetti e tante costanti: l'importanza dell'amicizia. E' stato un uomo fedele. E' stato un uomo fedele alle persone che incontrava. Si ricordava di tutti. Poi, magari, a volte, per sei mesi non ti rispondeva ad una email. Ma questo è un altro discorso, però, portava nel cuore le persone.

Non era un uomo facile - 
Per uscire da una certa visione, perché dopo morti prevale sempre un pò l'aspetto elogiativo, non era un uomo facile. Per certi anni era un uomo con cui non era semplice collaborare, non era semplice per lui la vita nella Compagnia e anche dei fratelli con lui. Era un fatto. Non era semplice. 
Era un uomo timido, questo alle volte si esprimeva con una certa forza nell'esprimersi che non lasciava troppi spazi ad opinioni diverse. 

Comprendere meglio il patrimonio che ci ha lasciato e quanto sia stato profetico - 
Ma, a distanza di tempo, mi sembra che, con il passare dei mesi e, speriamo, anche degli anni, possiamo comprendere meglio il grande patrimonio che ci ha lasciato e anche quanto lui sia stato profetico. Ecco io ricordo veramente, all'indomani per esempio della Cogregazione Generale XXXII, o anche negli anni precedenti, la sua capacità di leggere il presente con le trappole del presente e le sfide che attendevano la Chiesa. Oggi, molte delle cose che lui ha detto negli anni ottanta sono diventate un discorso comune, ma sono passati quarantacinque, cinquanta anni. 

Non era un uomo che seguiva le mode - 
Non era un uomo che si lasciava facilmente incantare dalle mode. Sicuro. 

Uno studioso, però, molto pratico - 
Voleva sempre guardare in profondità. Fino in fondo. Era uno studioso. Quante volte mi ha detto: "Ma la mia vera vocazione sarebbe stato stare chiuso in qualche biblioteca per studiare!". E poi, invece, ricordo i pellegrinaggi con la sua Renault 4 con cui era passato la mattina a fare la spesa per il gruppo. E questo per esempio è un aspetto che non vorrei che venisse sottovalutato. Cioè che era un uomo importante, che ha avuto anche un successo crescente, ma è rimasto sempre un uomo servizievole, semplice, con una dimensione laicale della vita, se possiamo dire. Feriale forse è l'espressione più adeguata. Dalla capacità di studiare con grande profondità, una delle persone più straordinarie per riflessione teologica, biblica, che abbiamo avuto, però dall'altra parte ti diceva: "Vai in quel supermercato lì perché lì si risparmia". Faceva la spesa per i gruppi risparmiando, perché era molto pratico. Come quando caricava la sua Renault 4 e faceva questo lungo viaggio da Roma fino a Israele sulla nave, portando di tutto, senza mai dimenticarsi un paio di bottiglie di amaro che la comunità dei padri di Gerusalemme gli chiedeva di portare dall'Italia.

Tante tessere dello stesso mosaico - 
Quindi tanti aspetti, tante tessere di mosaico.
Come, appunto quelle che ci vengono presentate oggi in queste letture. Lo stesso servo del Signore. Lo stesso Signore Gesù è una persona che ha tanti aspetti. E' un uomo deciso, è un uomo sicuro, eppure ci viene detto che ci sono dei momenti in cui si domanda se ha faticato inutilmente. 
E sicuramente quella serva, vedendo quel risultato di tre anni di insegnamento, di miracoli, di vita insieme, vedere ancora i suoi che non capivano, che si erano fatti i loro viaggi su come si doveva fare il salvatore, sicuramente, lo ha espresso anche citando quei salmi, si è sentito anche: "Ma cosa ho fatto? Ma cosa sono riuscito a combinare della mia vita?".
Quindi così tutti noi. 

E' un tempo in cui dopo la morte di una persona sembra che tutto ciò che lo riguarda viene dimenticato rapidamente - 
Noi viviamo in un'epoca in cui immediatamente chiudiamo e passiamo oltre. Non c'è più tempo. Si fanno i funerali e non dico dopo una settimana, dopo un'ora si è già dimenticato tutto. Dopo un mese, sembra che sia passato un'eternità. In questo il medio oriente, in Turchia dove vivo, c'è ancora, invece, una grande cultura di ricordo, di memoria, dei morti. Si fanno le ricorrenze. Veramente, la gente ci tiene tanto a coltivare, a tenere viva la memoria. Siamo diventati consumistici anche in questo. Consumiamo le vite, consumiamo le persone. 

Il dopo morte è un momento prezioso per meglio capire il mistero di una persona - 
Consumiamo quello che hanno fatto, mentre, invece, finisco riallacciandomi a quanto detto all'inizio, il dopo morte sarebbe il momento più prezioso per rileggere una vita, per rileggere un libro, per cercare di comprendere il mistero di una persona, perché alla fine ognuno di noi è un mistero profondo.
Padre Francesco non sfugge a questo. Quindi custodiamo dentro di noi la memoria. Dedichiamo ancora del tempo a ritornare su quello che ci ha lasciato. Un patrimonio notevolissimo. Una miniera da cui ancora possiamo estrarre molte dritte preziose. 

2024, 26 marzo - Roma. Cappella della Casa San Pietro Canisio dove si è svolta la messa per il Trigesimo di padre Francesco Rossi De Gasperis. Un momento della comunione.

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domenica 24 marzo 2024

23/03/2024 - Trekking sul monte Amaro dalla Rava della giumenta bianca

  Escursione alpinisti con elevato dislivello (1500 mt) e salita in ambiente innevato non facile per neve non compatta. Partenza da poco prima del passo San Leonardo, e successivo attraversamento del bosco di faggi (bosco della dama bianca) e  raggiungimento della Rava della giumenta bianca e della parte coperta da manto nevoso. Inizio della salita con ramponi e piccozza fino all'arrivo del pianoro a circa 150 mt dalla vetta del Monte Amaro. Ultimi cento metri di dislivello svolti in condizioni di scarsissima visibilità per nubi, forti raffiche di vento a circa 70 km/h e temperature in vetta pari a -8,-9°C. Raggiungimento della Croce di Vetta, breve pausa (20 minuti) all'interno del Bivacco Pelino. Ritorno alla Rava ripercorrendo le tracce da noi lasciate sulla neve all'andata. 


Partecipanti:
Adriana, Alberto, Andrea. 

Dati del GPS: 
Distanza: 9,86 km, Difficoltà: EEA (per la terminologia CAI). Altitudine massima: 2.793 mt, Altitudine minima 1273, Dislivello positivo: circa 1500 mt, Tempo in movimento: 4h 54 minuti, Tempo totale: 9 h 40'.
Per visualizzare il percorso seguito dati GPS: clicca qui (Grazie ad Alberto Atzori).

Attrezzatura: 
Abbigliamento per trekking su neve. Ramponi, piccozza.

Avvicinamento: 
Ore 06:15 partenza dal casello autostradale di Tivoli. Ore 08:10 pausa a Pacentro (AQ) Bar De Martinis. Ore 08:45 parcheggio sulla strada per passo San Leonardo.

Trekking:
Ore 09:00 - Partenza per raggiungere l'inizio della rava della Giumenta Bianca. 
Ore 10:50 - Abbiamo camminato per 3 km di estensione e 680 mt di dislivello. Arriviamo all'inizio della parte innevata e per questo mettiamo i ramponi.
Ore 13:55 arriviamo sul pianoro sottostante la vetta. Per arrivare alla vetta ci serviamo delle tracce GPS del Garmin di Alberto. La visibilità è molto scarsa. Vediamo fino a 5 metri da noi. Poco sotto la vetta, a cinque minuti un improvviso e poco durevole attimo di libertà dalle nuvole ci fa vedere da circa 50 mt la croce in lontananza e ci motiva ad arrivare in vetta. 
Ore 14:50 arriviamo alla croce di vetta. E' ghiacciata. Tirano forti raffiche di vento (circa 60-70 km/h) e a temperatura molto bassa (-8,-9°C).
14:55 entriamo nel Bivacco Pelino.
15:20 riprendiamo la strada della discesa seguendo le nostre tracce sulla neve.
18:40 arrivo alla macchina.

Lezioni apprese:
1- Ho portato 4 mezzi panini con il miele e ne ho mangiati 2. Inoltre basta solo un panino (petto di pollo e insalata) da mangiare in vetta. 
2- Che, nonostante io vada sempre con persone preparate, serve comunque avere una autonomia quanto a conoscenza delle condizioni meteo, del percorso, delle tracce da seguire, della montagna.
3- Che la macchina fotografica, anche ridotta al minimo, senza custodia e due batterie con peso di 1,5 kg la posso non portare perché, nelle escursioni lunghe, tecniche e con molto dislivello la uso solo in vetta con il bel tempo. Questa volta non l'ho usata. 
4 - Ho portato 2 lt di acqua in cameo bag e 750 ml in bottiglia acqua. Ne ho riportati a casa 850 ml nel bag. Posso caricare di meno nel bag.

Foto della giornata: 
Le foto possono essere ingrandite cliccandoci sopra (su pc, dove possono anche essere viste in sequenza più agevolmente) o digitando sopra su smartphone (una per una). 
Le foto sono soggette a copyright.

2024, 23 marzo - Alberto nella rava della giumenta bianca.
Storie: ...


Copertina del report su Youtube

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sabato 2 marzo 2024

Padre Francesco Rossi De Gasperis S.I. - Omelia del funerale

 Il giorno 28 febbraio 2024 è stato celebrato il funerale di padre Francesco Rossi De Gasperis nella Chiesa del Gesù a Roma. Riporto la trascrizione dell'omelia che è stata fatta da padre Cesare Geroldi. Se qualcuno che legge volesse inviare un proprio ricordo di padre Francesco Rossi De Gasperis, una riflessione, una testimonianza, un saluto o altro può scrivere alla email: francescorossidegasperissj@gmail.com.

28 marzo 2014 - padre Francesco Rossi De Gasperis S.I. alla Pontificia Università Gregoriana per l'ultimo incontro di commento alla Lettera di Pietro, mentre si congeda.

Omelia


Tocca a me dare la voce a voi. Mai avrei pensato, quando lo incontrai la prima volta, da studente all’Università Cattolica, che sarebbe toccato a me fare l’omelia davanti alla bara di Francesco. Era il 1981, venne a fare un seminario nel corso di Storia della Filosofia moderna. Da allora cominciò tutta una relazione di amicizia, di stima, di dialogo, di discepolato anche per me. Ecco sono qui a esprimere, a dare il timbro di voce a quello che è dentro ciascuna e ciascuno di voi in questo momento. Forse con qualcuno di voi ci siamo visti nel 2019, nella Cappella dell’infermeria al Canisio, quando abbiamo celebrato i 75 anni di Compagnia di Francesco. Vi ricordate quell’omelia di sei minuti in cui diceva: «Insomma sono settantacinque anni che mi firmo Francesco S.I., Societatis Iesu, “della Compagnia di Gesù”. Ma, in italiano, si legge “sì”. È il “sì” che il Signore mi ha detto per settantacinque anni in questa chiamata, che ha suscitato in me il desiderio di rispondergli “sì” per tutto questo tempo». Voi vi ricordate come, con la sua ironia, diceva: «Sono entrato cattolico … adesso mi trovo cristiano». E abbiamo capito cosa voleva dire con questa espressione, perché poi, dopo il Nuovo Testamento, ci abbiamo messo dentro tante cose.


Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024 - Padre Cesare Geroldi S.I. durante l'omelia.

Molti di noi abbiamo ricevuto in questi decenni la Lettera agli amici. L’abbiamo accompagnato. Lui ci ha accompagnato. Qualche anno fa alcuni di noi, giovani padri e scolastici, ci siamo attrezzati di una piccola telecamera e siamo andati nella stanza del Canisio dove già da qualche anno era appoggiato ma era ancora vigoroso, lucido e gli abbiamo chiesto di raccontare la sua vita, come era stato chiesto a un certo momento a Ignazio di raccontare la sua esistenza, come il Signore l’avesse guidato. Questo video non abbiamo ancora avuto l’occasione di montarlo. L’intervista venne fatta in due giorni, avanti e indietro. Ma lo faremo, perché è stato per noi molto bello. Francesco fu schietto, come sempre, molto vero, molto libero nel raccontare la sua vita di alleanza con il Signore, la sua vita in Compagnia.


Abbiamo ascoltato tre letture (Dt 34; Sal 87 (86); Mt 28,16-20). Quando è stato chiesto a me di dire qualcosa in questa circostanza, pensavo: “quali letture potrebbero aiutarci a sintonizzarci con questo momento?”.

Mi è venuta in mente questa pagina della Torà, la morte di Mosè, Deuteronomio 34: l’ultimo giorno della vita di Mosè, che sta raccontando alla generazione che non c’era in Egitto, che non ha passato il Mar Rosso, che non era al Sinai …, a quelli che sono nati dopo, il senso, il valore, il dono di Dio che aveva segnato la comunità in Israele. Quindi l’esperienza della liberazione, l’esperienza dell’alleanza sponsale con il tu del Signore al Sinai. E poi la fedeltà del Signore nel cammino del deserto verso la terra della promessa, vivendo di misericordia, tappa dopo tappa. Mi viene in mente questa immagine perché è quello che forse Francesco ha fatto per ciascuno di noi. È stato, come si dice in ebraico, Moshè rabbènu (Mosè nostro maestro). Davvero ci è stato padre, fratello, maestro, con queste “memorie sante”. Quante volte abbiamo ripercorso con lui le “tappe della storia della salvezza”.

Abbiamo pregato un canto di Sion, il Salmo 87: “Il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe”. Ancora è vivissimo in me il ricordo di quando, per la prima volta, abbiamo attraversato Shà‘ar Yàfo, la Porta di Giaffa, e siamo entrati all’interno di Gerusalemme.

E poi questo testo evangelico, questa pagina finale del Vangelo di Matteo. Le pagine dei vangeli della resurrezione erano molto care a Francesco, perché diceva «tutto parte da lì, dall’incontro con il Vivente, con il Risorto». Questa pagina conclusiva del Vangelo di Matteo che ci racconta dell’appuntamento del Signore, là, in Galilea, «sul monte che Gesù aveva loro indicato». Sono undici perché il dodicesimo è sempre colui che legge evidentemente, siamo noi. In quell’occasione hanno incontrato il Vivente che li ha chiamati a vivere il loro discepolato e vivendolo loro, fare così entrare altri discepoli nella relazione d’amore con il Signore Gesù, Crocefisso e Vivente.

E Gesù Risorto assicura: “Tutti i giorni della vita sarò con voi”. Francesca Giani, sta raccogliendo le testimonianze, le memorie, i ringraziamenti che avete mandato. Una di voi racconta che l’ultima volta che lei è andata al Canisio ha chiesto: “Ma come pensi che sarà questo incontro? … Perché adesso vi incontrate!”. E lui le ha risposto: “Ma io veramente lo incontro tutti i giorni il Signore!”. Questa è proprio la “composizione di luogo” di Francesco: tutti i giorni era davanti all’Invisibile. Quante volte, pensando a Francesco, che ci ha aiutato a “tenere fisso lo sguardo su Gesù, colui che comincia e porta a compimento la nostra fede” (cf. Eb 12,2), ho pensato a quel passo della Lettera agli Ebrei, capitolo 11, versetto 27: « … rimase saldo come se vedesse l’invisibile». Ho avuto sempre la percezione, stando con Francesco, come se per lui l’invisibile fosse più reale del visibile. Quante volte diceva: “Noi siamo sempre legati alle cose concrete”. Ma “concrete”, in inglese vuol dire “cemento”. Certamente Dio non è “concreto” come il “cemento”. Ma è reale: è la nostra Relazione, che ci accompagna dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina.


Siamo qui, adesso, a dire “grazie”, insieme. Ogni tanto quando gli si domandava: “Ma se tu dovessi definire il tuo servizio nella Compagnia?”. Lui diceva: “Io sono un cantastorie, io racconto storie”. E quante volte ci ha aiutato a capire che la fede cristiana non è una dottrina, non si va di concetto in concetto, ma è entrare in una storia, che ha rapito anche noi, ha coinvolto anche noi. Certo ha coinvolto anche lui, perché anche lui ha fatto il “grande viaggio”.


In quell’intervista raccontava un po’ tutta la sua infanzia: alunno del Collegio Massimo (dalla prima elementare alla fine del liceo), con alcuni compagni che poi sono diventati gesuiti Pio Parisi, Jean Darù …– e poi Pietro Scoppola e altri che hanno avuto un ruolo importante anche nella vita civile di questo paese. Erano gli anni del Fascismo. Lui era scout. E raccontava di come il Fascismo aveva eliminato subito lo scoutismo, però c’era questo padre Maddalena, che al Massimo faceva il maestro, che aveva organizzato la Congregazione Mariana come se fosse lo scoutismo. E diceva: “Fu importante per noi quel periodo!”. Certo dentro la Chiesa del tempo, dentro le categorie del tempo. Ma questo lo portò nel 1944 stiamo parlando di ottant’anni fa a trovarsi esattamente al Canisio. Allora quella era una casa di esercizi spirituali: la casa per esercizi del Sacro Cuore. E lui ricordava, in un modo intensissimo, come nel giardino durante un ritiro, si trattava di fare la scelta lui avesse sentito, in un modo intensissimo, che Gesù lo chiamava a stare con lui: “Voglio stare con te”. Ed entrò in noviziato, nell’autunno del 1944, durante la guerra. Essendo lui di servizio in cucina non essendo presente alla comunicazione che venne data al gruppo dei novizi scoperse che era finita la guerra solo tre giorni dopo l’evento. Era quel tempo là ...

Poi cominciò la formazione. Anche lì ricordava come si era ancora dentro i vetusti schemi della filosofia e della teologia neoscolastica. Una teologia molto concettuale, mentre dalla Francia, e da altre chiese, veniva tutta una corrente nuova. Però diceva di come avesse incontrato in quegli anni anche alla Gregoriana dei padri intelligenti (certo quando uno dice: “ho incontrato dei padri intelligenti”, mi domando: “vuol dire che qualcuno non lo era?”). Ma qualcuno capiva che bisognava ripensare, riformulare il nostro approccio con le fonti. La Bibbia? Quasi niente, diceva, praticamente non c’era quasi niente. Però ecco: la figura di Lonergan fu per lui importante, come è stata importante per padre Carlo Maria Martini. Una capacità di organizzare una filosofia diversa che desse un metodo nuovo alla Teologia.


Insomma fu grato anche di quegli anni, che lo aiutarono a maturare il desiderio di andare in Giappone. E quindi lui certo, sempre attraverso la mediazione dei superiori che proponevano ... c’era padre Arrupe che faceva scouting tra le province per mandare in Giappone un po’ di rinforzi, dopo la guerra quindi lui partì per il Giappone. Partì dopo aver fatto la tappa del Terz’anno negli Stati Uniti. Il Giappone fu per lui un’esperienza dolorosa. Davvero la sua vita è stata un grande viaggio a zig zag. È partito pensando di fare il missionario in Giappone. E poi non dormiva. C’erano tensioni. La comunità era molto composita e raccontava come, a un certo punto, lui ha visto crollare dentro di sé questa possibilità di rimanere lì. Non dormiva più la notte (sei mesi che non dormiva più la notte). Questo per dire: un uomo forte? Già, un uomo come tutti noi, fragile. Ci sono dei momenti in cui, davvero, ti senti perso.


Tornò in Italia. E quel rientro in Italia fu un rientro pieno di stanchezza, ma anche di incertezza. Anche se lui disse, appunto in quella conversazione con noi: «Non ho mai avuto un dubbio sulla mia chiamata» (qualche superiore e padre spirituale, quel dubbio lo sollevava …). Ma furono anni di “ri-acclimatamento” anche se, ecco la prima tappa fu proprio qua a fianco, al Gesù: fu fatto rettore del Collegio. Un anno drammatico: ogni settimana usciva dalla Compagnia di Gesù qualcuno … anche l’ex-superiore uscì. Raccontava che andarono da Arrupe che gli disse: «Non si preoccupi padre, al quarto piano abbiamo un ufficio … ogni settimana due/tre domandano di uscire …». Certo fu per lui molto pesante questa esperienza e chiese di essere sollevato da questo incarico.

Cominciò una vita molto semplice, in un appartamento, a Pietralata, con Jean Darù. Quindi, in quegli anni di grandi fermenti, dove ciascuno diciamo così “andava per conto suo”, vivendo una vita ordinaria in questo appartamento, avvenne che padre Cascino (il “Barbarossa” … qualcuno di voi forse lo ha conosciuto), che era responsabile della Cappella universitaria della Sapienza, gli chiese di dare una mano lì. E furono gli anni in cui, attraverso questo spazio, entrò in contatto con tantissime persone. Tantissimi ragazzi che facevano l’università e intanto portava la sua scoperta della Bibbia. Aveva fatto gli esercizi con Dossetti, che gli aveva insegnato il metodo della Lectio Divina. E da lì incominciò tutto un servizio della Parola e dello Spirito. Diceva: «Io sono un gesuita secondo la Formula Istituti, cioè dedito alla diakonìa tou Lògou e alla diakonìa tou Pnèumatos, ossia al “servizio della Parola” e al “servizio dello Spirito”. In gratuità. Incominciò, in modo capillare, a dare corsi di esercizi, a fare corsi biblici, cominciarono i campi-Bibbia scout nazionali con Agnese Cini Tassinario. Insomma, veramente si mise in moto un intensissimo “servizio della Parola e dello Spirito”, tutto orale.


Non pubblicava niente, uscivano alla luce solo pochi suoi scritti. In realtà io, qualche anno fa, ho portato dal Canisio a Ragusa degli scatoloni pieni di suoi appunti, casse di dispense e trascrizioni più o meno clandestine. Sono lì: appena sarò in pensione mi dedicherò (come Carlo Casalone sta facendo per la Fondazione Martini … certo tutto più “in piccolo”) a raccogliere il materiale inedito di Francesco. Perché? Perché lo scriveva Alessandro Manaresi questa mattina all’alba è incredibile come questo “tesoro” sia rimasto per tanto tempo sepolto. Anche se poi, obtorto collo, qualche cosa transitava e, a un certo punto, anch’io sentii che era importante raccogliere e pubblicare questo materiale. Incominciarono a uscire i primi volumi: Cominciando da Gerusalemme, i commenti alle omelie e alcuni commenti di alcuni libri biblici con il metodo della Lectio Divina, i quattro volumi di Percorsi di Vita, che raccoglievano il suo modo particolare di dare gli esercizi che ve lo ricordate era non tanto di mettere la Bibbia negli Esercizi, ma piuttosto mettere le chiavi fondamentali degli Esercizi dentro l’itinerario della storia della salvezza. Un modo particolarissimo di dare gli esercizi ignaziani … anche a tappe. È stato così … la sua scoperta progressiva, vivendo con la gente, con le persone che accompagnava. Persone di tutte le nazioni: sapeva le lingue, si muoveva nei cinque continenti. Ancora in questi giorni, arrivano tantissime emails di gente in giro per il mondo Africa, Asia, Sud-America gente che si ricorda di un corso fatto con lui, di come sia stato da lui aiutato nel proprio cammino ...


Poi, certo, c’è stata la chiamata a Gerusalemme. Anche questa ancora due minuti e chiudo per lui fu una tappa di svolta. «Perché, questa volta, non ho scelto io …» diceva «… non ho proposto io». Ma gli fu proposto da padre Martini quando era rettore del Biblico … era nel frattempo morto padre Mollat … di andare a Gerusalemme a fare il padre spirituale. Anche se lui fu messo come responsabile della biblioteca, per cui quando gli chiedevano: «Ma tu cosa fai qui?», «Io faccio il bibliotecario …», così aveva un ufficio da svolgere! In verità, invece, c’era poi tutta una rete capillare di relazioni in quella terra. Ecco: quell’incontro con Gerusalemme che ha poi vissuto alternando ogni anno un periodo in Italia e un periodo in Israele davvero fu per lui l’impegno di un nuovo servizio. Credo che molti di noi gesuiti sono stati là, in quegli anni, per i due mesi di corso di “formazione permanente” nella città santa, studiando, meditando e pellegrinando nella Terra del Santo. Ed io ricordo c’è qua Federico Lombardi … eccolo là … io a lui devo il cambio della mia vita. Perché in quel tempo, io dovevo finire l’università, chiesi a lui: «Ma posso aggregarmi a questo corso?». E lui mi ha detto: «Perfetto! Però tu, a settembre, fai la guida ai fratelli coadiutori delle case internazionali a Roma». «Ma Federico devo ancora andare … non sono prete …». «Ma no … un prete lo troviamo!». Insomma, mi aggregai e, grazie a lui, per me cominciò prima della teologia un’avventura incredibile, perché anche io ho potuto fare la teologia partendo dalla Terra, dalla Parola e dal Popolo. Mi sono imparato l’ebraico. Ho imparato la Terra: ho “respirato” quella Terra. Perché quel testo che abbiamo appena letto, Deuteronomio 34 … vedete per noi quei nomi geografici … eccoli: le steppe di Mòav, la cima del Pisgà, Ierichò, Galaad, Dan, Neftali, Efraim, Manasse, Nèghev, Zoàr … non sono così … termini senza riferimenti, ma sono luoghi dove noi, a piedi, abbiamo camminato, leggendo la Parola, per anni ... Quindi, per me, quella è la “composizione di luogo permanente” ogni volta che ascolto le Scritture d’Israele. Ma credo che per molti di noi è stato così. Non soltanto i gesuiti, ma molti di noi hanno cominciato questo itinerario con Antonella e Francesco. Fra l’altro Antonella è stata una sorella fedelissima. Veramente una presenza importantissima nella vita di Francesco, fino agli ultimi istanti della sua vita e davvero la ringraziamo, proprio a nome di tutti, per quello che ha fatto per questo nostro fratello.


Sì, sempre nel Deuteronomio l’abbiamo appena ascoltato, e chiudo si dice che … Vi ho detto che il Deuteronomio è contenuto in un solo giorno, ma in verità è un giorno … più trenta giorni, perché quando muore Mosè per trenta giorni c’è il lutto; solitamente nel mondo ebraico c’è la shiv‘àh, i “sette” giorni del lutto; invece qua ci sono trenta giorni: trenta giorni per contemplare quella morte ... Ebbene dice qua il testo (Dt 34,5) che «Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nella terra di Moab, secondo l’ordine del Signore». Ma in ebraico c’è scritto: ‘al-pi Adonày, che sarebbe: “sulla bocca del Signore”. C’è un bacio: è un bacio definitivo che il Signore ha dato anche al nostro Francesco, richiamandolo a sé.


Dicevo all’inizio che sono qua a dare voce alla vostra gratitudine, a fare insieme questa todà, questo “grazie”, a pronunciare con voi questa berakhà, questa “benedizione” al Signore per il dono di Francesco. Come potremmo dire?

Barùkh attà Adonày, Elohénu, mèlekh ha-‘olàm, shenatàta lànu Francesco cmo chavèr, cmo àbba, cmo ach, “Benedetto tu, Dio nostro, re del mondo, che hai donato a noi Francesco, come amico, come padre, come fratello”. Ma si potrebbe dire al presente: ha-notèn, Tu Benedetto sei Colui che ancora ce lo “sta donando” – Francesco è vivo! come fratello, come papà, come compagno di strada.


Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024 - Benedizione della salma.

Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024. Il saluto del nipote di padre Francesco Rossi De Gasperis, anche lui sacerdote e suo omonimo.
L'uscita dei sacerdoti concelebranti.

Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
Roma. Chiesa del Gesù. 28 gennaio 2024.
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martedì 27 febbraio 2024

In ricordo del biblista padre Francesco Rossi De Gasperis S.I.

Padre Francesco Rossi De Gasperis è deceduto nelle prime ore del 26 febbraio 2024 nella casa di San Pietro Canisio all’età di novantasette anni.

Roma, San Pietro Canisio, 15 luglio 2022
In un caldo pomeriggio di luglio del 2022, nella sua stanza sempre in quella casa, al piano dell’infermeria, dove ha trascorso almeno gli ultimi dieci anni, mi aveva raccontato che alla fine del liceo classico decise di entrare nella Compagnia di Gesù dopo aver seguito un corso di esercizi spirituali. Era il gennaio del 1944. Gli esercizi li aveva svolti sempre nella stessa casa di San Pietro Canisio, a Roma, in Borgo Santo Spirito angolo Via dei Penitenzieri. Allora era una casa di esercizi spirituali.
Mi aveva raccontato di aver avuto, durante quegli esercizi, anche una specie di lampo, di fulmine ricevuto nel giardino della casa, durante il quale aveva avvertito forte la chiamata alla donazione della sua vita a Gesù. Un’esperienza che non aveva più vissuto, almeno fino al luglio 2022 quando mi raccontava queste cose.
Nel gennaio del 1944 i tedeschi erano presenti ancora a Roma e i romani erano soggetti al pericolo di razzie. Il 5 maggio di quello stesso anno, gli alleati arrivarono a Roma.
Dopo aver deciso di entrare nella Compagnia non ci aveva più ripensato ed aveva trasformato quella decisione in cosa fatta nel novembre dello stesso anno.
Entrò nel noviziato a Galloro. I genitori lo accompagnarono in taxi. La madre non era molto contenta, raccontava.
Dopo i due anni di noviziato dal 1944 al 1946, non dovette affrontare l'esame di maturità classica perché quell’anno l’esame di terza liceo non ci fu perché c’era la guerra, e padre Francesco commentava “infatti noi diciamo che siamo passati perché non ci fu l’esame!”. Allora decisero di non mandarli subito in Filosofia a Roma, ma di far loro fare un anno in più di studi classici, soprattutto di latino e greco. Poi iniziarono a Roma i tre anni di Filosofia e finirono nel 1950. E così via per quattro ore ad ascoltare, affascinato, le avventure di cantastorie come usava definirsi (vedi: Francesco Rossi De Gasperis, La corsa che ci sta davanti, Pardes Edizioni, Bologna 2014, Pagina 8).
La notizia della fine della guerra gli arrivò mentre era con degli amici sul Gran Sasso ad arrampicare, per godere della natura della montagna e togliersi dall'aria opprimente della capitale. Tante le avventure in montagna da lui vissute prima di iniziare altri tipi di arrampicate altrettanto impegnative, quelle spirituali. In quell'occasione mi raccontò degli anni dal 1944 al 1968 circa, le scelte, le considerazioni, le sintesi maturate... la vita in Giappone, la delusione, la scoperta di un certo modo privo di sostanza di vivere la fede, il rifiuto di ciò che appare e basta, l'apertura di una strada di scoperta della Bibbia nel 1968 alla Sapienza, negli stessi anni della contestazione, i primi viaggi in Terra Santa con gli studenti della Sapienza e dell'Istituto Biblico di Roma. I compagni di viaggio, l'aiuto di alcune persone. Ascoltare questi racconti era molto interessante e io speravo che Dio gli desse forza e lucidità per poter continuare a raccontare altre vicende della sua vita.

Ho conosciuto Padre Francesco Rossi De Gasperis il 14 dicembre del 2008 in un incontro da lui tenuto  Su "Profezia e Storia" presso la parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle, a Centocelle, dove era stato invitato dal parroco, don Fabio Pieroni. A quell'incontro ne seguirono altri due con cadenza annuale.
Roma, Parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle, 24 gennaio 2010.
Roma, Parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle, 24 gennaio 2010.
Al termine della serata mi offersi per riaccompagnarlo alla sua abitazione nei pressi dell’Istituto biblico di Roma. Prima di salutarmi mi chiese di lasciargli l’indirizzo e-email. Tornai a casa pentito di non aver chiesto un suo recapito e convinto di aver perduto l’occasione di poter rincontrare un uomo così straordinario.
Qualche mese dopo, con mia sorpresa, fu lui a scrivermi. Nei fui contentissimo. Mi aveva inserito tra gli indirizzi degli amici a cui lui inviava ogni anno la sua Lettera circolare in cui, tra l’altro, condivideva il calendario dei suoi impegni nei mesi successivi.

Iniziai a seguire gli incontri sulla Lettera di Pietro che lui organizzava presso la Pontificia Università Gregoriana nei primi venerdì del mese. 
Incontri meravigliosi che si susseguirono per due anni. 
Pontificia Università Gregoriana di Roma, 21 dicembre 2012.
Pontificia Università Gregoriana di Roma, 21 dicembre 2012.
Lui mi offerse di partecipare ad alcune delle ultime edizioni degli Esercizi Spirituali da lui tenuti.
Roma, Via di Monte Cucco, 11 luglio 2013.

Il 28 marzo del 2014, Padre Francesco annunciò, alla fine dell’incontro sulla Lettera di Pietro, alla platea commossa e incredula, che quello sarebbe stato il suo ultimo incontro perché sentiva il bisogno di ritirarsi e concentrarsi più sull’essere, ritenendo di essere stato “più loquace che efficace”.

Iniziai ad andarlo a trovare nella sua stanza a San Pietro Canisio. E così, tanta parte delle vicende della mia vita, sono state condivise con lui. Era un paziente ascoltatore e un sapiente testimone. Era importante, a suo avviso, che io avessi, più che una guida spirituale, un testimone della mia vita interiore. La sua fede è stata luminosa ed illuminante. Ho sempre pensato di vivere qualcosa di simile a quanto vissuto dalle persone che nel primo secolo ascoltavano sull’isola di Patmos, l’apostolo Giovanni, che solo con la sua presenza diffondeva la luce che aveva visto negli occhi di Gesù, Signore della storia. Quanta libertà e quanta sapienza biblica nelle sue parole. Dopo un pò di incontri, avevo iniziato a sopravvivere alle lunghe pause dei suoi discorsi. Ogni tanto mi regalava un libro dei suoi. Commentavamo le notizie del mondo e della chiesa. 
Oppure mi scriveva, raramente, qualche email a completamento di quanto detto negli incontri, in cui puntualizzava quale era la domanda giusta che io potevo scegliere di pormi nel mio discernimento. Traggo un esempio dai suoi libri:

“Si tratta, però, di discernere e di dire: "Al servizio di chi sto io?", perché non si tratta di "servire la Chiesa". Noi siamo nella Chiesa per servire il Signore! La chiesa è serva degli uomini, così come il Figlio di Dio si è fatto servo per servire, non per essere servito. Dobbiamo servire Dio nella Chiesa, non fuori o contro la Chiesa. Proprio questo sembra il dono di Ignazio”.
Fonte: Francesco Rossi De Gasperis, Un pellegrino che "comincia da Gerusalemme", Esercizi spirituali sull'Autobiografia di Ignazio di Loyola con riferimenti al Cammino dell'uomo di Martin Buber, Figlie di San Paolo, 2015 Milano, Pagina 209.

Piano piano, la conoscenza fra di noi crebbe. E così, mi ritrovai ad essere anche uno dei suoi medici. A collaborare con le persone che si occupavano della sua salute: agli infermieri, al personale della Casa. Ad altri padri gesuiti, al superiore.

Indimenticabile la lettera che scrisse ai suoi amici il 15 giugno del 2014.  La lettera iniziava così:

“Carissime amiche, carissimi amici,
Ancora una volta vi scrivo per essere e sentirci in comunione effettiva nel nostro correre insieme, nel tempo e nello spazio, nell’avventura meravigliosa della nostra fede, della nostra speranza e del nostro amore, attratti dalle braccia possenti del Padre, inebriati dal profumo del Figlio risorto nella nostra carne gloriosa, animati dall’energia dello Spirito, che summa di mondano riesce a fiaccare”...

Difficile selezionarne alcuni stralci. L’intera lettera trabocca di bellezza.

“In questo tempo mi perdo nella memoria degli anni vissuti insieme a tanti di voi, sempre protesi nell’ascolto di una Parola che, nonostante molta attenzione, ricerca e passione, non riusciamo ancora ad accogliere perfettamente e santamente nelle nostre coscienze”...

“Quanto a me, mi sembra che tutto si sia consumato nei 35 e più anni, nei quali ho vissuto a Gerusalemme”...

“Io vivo ormai in quella Terra/Parola come nella patria del mio riposo, ne respiro l’aria, i colori, la storia, la memoria, i suoni, la lingua… Non desidero ritornarvi, perché essa è risorta in me con Gesù. La terra del Santo fa parte di LUI”...

Scusandosi di non riuscire a finire, per alcune difficoltà fisiche e per la sordità che progrediva, la terza e quarta settimana degli esercizi, scriveva: 

“Ripenso con un certo umorismo a quanto dicevo negli anni passati, parlando di come dovremmo vivere consumandoci, logorandoci nella carità. Dicevo che bisognava essere pronti ad arrivare alla fine della vita avendo perduto qualche pezzo di noi, per amare. E’ proprio così! Ed è bello che sia così".

E concludeva con queste parole:

“Per il resto, vorrei entrare sempre più serenamente in un ultimo periodo di silenzio e di preghiera, di memoria orante e di ringraziamento popolato da tanti vostri nomi e ricordi di grazie e benedizioni che hanno arricchito la mia esistenza. Grazie, grazie a tutti e a tutte.
Un grazie particolarissimo vorrei riservare per le numerose donne che mi hanno voluto e mi vogliono bene. Nella mia condizione di celibe per il Signore mi avete fatto sentire e gustare la purezza bellezza del giardino della femminilità e i fascino della relazione sessuata, rispettosa e amicale voluta dal creatore fra noi, uomini e donne, una consolazione tra le più delicate dei nostri anni di vita sulla terra. E che tanti, anche se sposati, ignorano, forse fino alla fine della vita.
Prego perché, al di là di tutte le prove che incontriamo, il Signore Gesù sia il centro della vostra pace e della vostra speranza.
Un abbraccio forte con il bacio della nostra fraternità.
Francesco, sj”

Da quel giugno 2014 sono passati nove anni in cui ho incontrato Padre Francesco tante volte; sempre venendone arricchito, illuminato, trasfigurato. Tante sono le cose da raccontare e da scrivere. E così, negli anni dei nostri incontri, ho potuto conoscere sempre qualcosa in più della sua vita. Della sua missione in Giappone durata credo qualcosa come quindici anni. Poi della sua permanenza in Terra Santa, nata da un'idea del Cardinal Martini, suo amico e del quale era di qualche mese più grande.


In Israele, padre Rossi De Gasperis scelse di mettersi alla scuola del domenicano Jacques Fontaine che aveva ideato  l'avventuroso progetto "Bible sul le terrain" con il quale padre Fontaine portava alcuni pellegrini per un mese in giro per la Terra Santa a conoscere e vivere la Bibbia nei posti in cui erano accaduti gli episodi narrati. Padre Francesco volle imparare da lui e di questo ne sorrideva: "Un gesuita alla scuola di un domenicano". Negli anni tantissime sono le persone che padre Francesco ha portato in Terra Santa a vivere qualcosa di simile alla Bibbia sul terreno, in un itinerario pensato per durare un mese. Padre Francesco parlava l'ebraico, comprendeva l'arabo, e in Giappone aveva imparato il significato di diversi ideogrammi giapponesi. Riteneva il pellegrinaggio in Terra Santa fatto come veri pellegrini, lontano dai circuiti del turismo religioso, il modo più diretto ed efficace per entrare in contatto con la fede di cui si parla nella Bibbia.
Roma, Casa San Pietro Canisio, 1 luglio 2019.
Prima del Covid c'era sempre qualcuno che andava a trovarlo, a parlare con lui, a chiedere pareri, a sentire le sue storie, a raccontare la propria vita sentendo cosa ne pensasse. Ogni tanto la visita di qualche editore o collaboratore o amico che andava ad accordarsi per libri da pubblicare e ne ha pubblicati tanti negli ultimi anni. Anche se, con umorismo, padre Francesco scriveva in un suo libro: "Il Signore ci ha mandato a predicare, non a pubblicare" (di Miche Ledrus Cit. Francesco Rossi De Gasperis, La roccia che ci ha generato, aDP Roma,1994. Pag.6).
Durante il Covid, già novantaquattrenne, padre Francesco  è sopravvissuto all'isolamento ferreo e prolungato di anni, mantenendo una fiducia inscalfibile nella vita. In quel periodo una mattina decido di chiamarlo. Al telefono non sente bene. Gli chiedo: "Padre, c'è molta solitudine?" Lui: "Si c'è molta solitudine". Continuo: "E lei come la vive? Ne soffre molto?" Lui: "Mah, mi sembra di viverla bene" e, dopo una altra pausa, aggiunge: "...poi, come diceva Giorgio Gaber alla fine di una delle sue canzoni: "I soli sono sempre in buona compagnia". Al telefono cerco rapidamente il testo della canzone e glielo leggo tutto. Lui ascolta con attenzione e alla fine commenta: "Certo questo testo si può interpretare in vari modi, però dice anche delle cose molto vere" (il titolo della canzone è I soli. Clicca qui per leggere il testo).
Roma, Casa San Pietro Canisio, 24 giugno 2022
Roma, Casa San Pietro Canisio, 9 ottobre 2022.
Roma, Casa San Pietro Canisio, 18 novembre 2022. 
Quante volte con le sue acutezze e capacità di cogliere nel segno mi ha fatto ritornare il sorriso. Sabato 24 febbraio, quando sono andato a trovarlo, abbiamo scambiato poche parole viste la difficoltà con l'udito e le sue condizioni generali. Non so perché ma, per la prima volta da quando lo conosco, gli ho dato del tu. "Stai bene?""Abbastanza"."Hai dolore?""No". "Sei preoccupato?""No". E dopo un pò ha aggiunto: "Di che cosa dovrei essere preoccupato?". Ha voluto essere preso per entrambe le mani e mi ha detto: "Finalmente sei venuto a trovarmi. E' stata una buona idea".
Padre Francesco è stato, è, e sarà luce per tante persone e non poteva che passare al cielo se non nella domenica della Trasfigurazione.
 
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IL CAMMINO DELL'UOMO

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Marcia francescana 25 luglio - 4 agosto 2003