sabato 31 agosto 2019

Luca 14,1.7-14 - Lasciarsi dare il posto da Dio buon antidoto alla rivalità - Commento di don Fabio Rosini


Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo . Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Luca 14,1.7-14

Sembrerebbe che Gesù parli di strategie per fare bella figura, non è così -
Nella 22° domenica del tempo ordinario noi ascolteremo delle bellissime frasi dal libro del Siracide. "Compi le tue opere con mitezza e sarai amato più di un uomo generoso". "Quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia davanti al Signore", " Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti". Ecco. Queste frasi bellissime preparano l'ascolto del vangelo dove c'è questa storia in cui Gesù è invitato a casa dei farisei e di un capo dei farisei e sta guardando come gli invitati scelgono i primi posti. Devono arrivare al posto più notevole e parla di questa cosa. Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, non ti capiti che un altro debba prendere quel posto e tu vieni buttato via, spostato scansato per tua vergogna. Ma quando sei invitato mettiti all'ultimo posto e fatti dare da colui che ti ha invitato il posto. Che ti tiri più avanti e questo ti darà onore. Sembrerebbero tecniche per fare buona figura. Sembrerebbero cose fatte per avere una strategia migliore del bon ton comune. No.

L'ansia del primo posto che abbiamo tutti quanti. Il problema della rivalità e delle classifiche - 
Gesù sta pensando ben altro. Gesù sta pensando a questa ansia del primo posto che abbiamo tutti quanti. Questa ansia di sottolineatura del proprio ego. Perché non so, mi sembra di vedere intorno nel mondo una certa problematica con le carriere, con i posti di lavoro, con chi è più importante, chi è meno importante, chi è ricordato, di chi si sono scordati. Non credo che questo sia un problema solamente di alcuni posti. Io credo che in tutti i posti di lavoro, anche dentro le famiglie, c'è un problema di rivalità. Di classifiche. Chi sta al primo posto, chi sta all'ultimo posto. Chi sono, chi non sono. Tutta la vita a cercare di dimostrare di essere qualcosa. 
Una fatica angosciante.  Quando è che termina questa fatica che è cominciata con il peccato di Adamo ed Eva. Essere come Dio, cambiare posto. Avere il primo posto, essere all'altezza degli altri. Essere più importanti. Questa è una elettricità che scorre nel nostro animo e che ci fa fare tante cose stupide e pusillanimi e mediocri e brutte e cattive. Ecco.

La fatica angosciante di essere qualcuno  si scontra con la forza della storia che rovescia i programmi degli uomini - 
Quando finisce questa tensione, quando si è liberi da questa fatica impresentabile, inguardabile. Ecco questa fatica finisce quando noi sappiamo che c'è chi ci da il posto. Quando sappiamo che c'è il padrone di casa. Quando sappiamo che alla fine, se ti metti a combattere contro Dio, se ti metti a combattere contro la Provvidenza vedrai che la Provvidenza ti detronizzerà. Dove sono finiti tutti i potenti della terra? Quanta gente portata in palmo di mano dalla storia è poi caduta in disgrazia e la gloria di questo mondo in un minuto la si perde. Arriva il padrone e ti dice: tu tornatene indietro.  E si torna all'ultimo posto. E la vita sa passare il conto in una maniera molto seria. 

Vivere secondo un altra logica: il posto ce lo dà Lui. Vivere lasciandosi condurre da Dio - 
Dio è molto paziente. Dio è tanto generoso, ma certamente si campa tanto meglio quando iniziamo a vivere secondo un altra logica: che il posto ce lo dà Lui. Il posto lo assegna Lui. Vivere secondo la sua santa volontà vuol dire incominciare a lasciarsi condurre da Dio alle cose buone e belle.


Assecondare e valorizzare il reale, vedendone il segreto con creatività e propositività personale. Non cercare di modificare la realtà -
Noi abbiamo da esercitare una inventiva, una propositività, una creatività che sono fondamentali nella nostra vita, ma sono ben vissute, queste dimensioni essenziali della nostra sfida umana e cristiana, se noi assecondiamo il reale, valorizziamo il reale anziché stare tutto  il tempo a cercare di cambiare la realtà cerchiamo di valorizzarla, di vederne il segreto. Di entrare nelle cose, nei posti dove Dio ci mette, allora quel posto si trasformerà nel posto più bello del mondo. 

Tante storie di cristiani che hanno fatto del posto spesso brutto in cui venivano messi il luogo dell'incontro con Dio -
Abbiamo il racconto  di tanti perseguitati nel secolo scorso, cristiani, nell'Oriente, in tanti altri posti, che hanno fatto della prigione in cui venivano messi, carcerati e oppressi, il luogo dell'incontro con Dio. Ne hanno fatto il primo posto e il Signore li ha mostrati anche a chi li torturava secondo la loro luce.
Si può raccontare del cardinal  Van Thuan (François Xavier Nguyên Van Thuân) e di molti altri casi, meravigliosi, in cui le persone proprio nel posto a loro assegnato dalla storia vivevano questo essere portati al primo posto.

Lasciarsi condurre da Dio è diverso dal cercare di essere importanti secondo il mondo - 
Qui non si tratta di essere importanti secondo il mondo, qui si tratta di vivere secondo il rapporto con Dio e lasciarsi condurre ad una creatività interna alle cose. 

Trasformare la vita in un luogo in cui tutto diventa regalo, dono. Un amore che non cerca il contraccambio - 
E così appare l'ultima parte del vangelo. Di trasformare il pranzo, la cena, la condivisione non nel luogo degli amiconi, o delle persone che possono darci il contraccambio, ma in un luogo dove tutto questo diventa regalo. Dono. E allora poveri, storpi, ciechi, seduti alla nostra mensa. Cosa vuol dire? Tante cose vuol dire.
Vivere in funzione di un amore vero che non cerca il contraccambio. 

Questo apre mille orizzonti, spazi, percorsi mentali e pratici per fare delle cose belle della nostra vita qualcosa che dà vita e non commercio o mediocrità - 
Ci aprirà mille spazi, mille prospettive, percorsi mentali, percorsi pratici, in cui poter trasformare tutto quel che abbiamo in un luogo di amore, in un luogo di condivisione e fare delle cose belle della nostra vita qualcosa che dà vita e non commercia vita in scambi che non sono altro che mediocrità.

Lavorare, vivere, esistere per la ricompensa del Signore, vivere in questa dimensione - 
Alla fin fine bisogna lavorare, vivere, esistere per la ricompensa del Signore. Il libro della Sapienza al capitolo II dice che gli empi sono coloro che non sperano salario dalla santità. Chi crede che fidarsi di Dio è fare atti di amore non paghi, non sia una realtà vantaggiosa. Ecco qui è il punto.
Se io conosco il salario della santità io conosco la ricompensa del Signore. Se io conosco quanto il Signore mi sa dare pace per un atto di amore la vita diventa molto molto divertente e interessante e la condivisione diventa una occasione cercata, non più qualcosa che mi casca addosso e magari obtorto collo, malvolentieri accetto. 

Invitare alla propria abbondanza chi non ha, sà di Dio. Uno stile di vita per una vita bella - 
Invitare alla propria abbondanza chi non ha diventa memoria di qualcun altro che ci ha invitato alla sua abbondanza. Il Padre celeste che ci ha dato il suo figlio a noi che non avevamo niente da dargli in cambio.
Il Signore ci tratta così, senza chiederci niente in cambio.
Ecco e allora questo diventa uno stile di vita ed è una vita bella questa.

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domenica 25 agosto 2019

Luca 13, 22-30 - Sentirsi sempre bisognosi di aiuto e di salvezza - Commento di don Fabio Rosini



Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo . Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.

Isaia afferma che il Signore sceglierà  fra coloro che sono apparentemente i più lontani dal sacro, da Dio, delle persone per fare il bene -
21° domenica del TO, la liturgia si apre con Isaia che proclama che Dio radunerà le genti di tutte le lingue e vedranno la gloria e addirittura di tra loro il Signore prenderà sacerdoti e leviti. Cioè la cosa più sacra e più santa nella popolazione israelitica erano i leviti e fra i leviti c’erano i sacerdoti. Questi erano proprio i puri, quelli della razza di Mosé, quelli della stirpe santa, quelli che dovevano offrire il sacrificio. Se c’era qualcosa di contrario al sacerdozio e alla tribù di Levi, erano “i pagani”, erano “le genti”, gli incirconcisi verso cui tutto il disprezzo della logica, della fedeltà alla religione del popolo di Israele andava. Ecco che Isaia però, siamo assolutamente in una fase vetero testamentaria, annunzia qualcosa che è in molte parti della scrittura: “Prenderò sacerdoti leviti di tra le genti”. E’ eccezionale.

Gesù parla della salvezza parlando di una porta stretta per la quale molti cercheranno di passare, ma pochi ci riusciranno -
Allora in questa chiave la Chiesa ci dà di leggere il testo molto serio della porta che sarà chiusa. La porta stretta per cui passeranno pochi e non molti. Cioè? Parliamo della salvezza. Un tale chiede a Gesù: “ Sono pochi quelli che si salvano?”. E Gesù parlerà di questa porta stretta e di coloro che cercano di entrare, ma non ci riusciranno.

Un vangelo apparentemente di chiusura, ma a ben guardare anche di grande apertura -
Sulla base della lettura del profeta Isaia che la liturgia appunto ci propone come preludio alla proclamazione del Vangelo, noi capiamo che in realtà c’è una chiusura, ma anche una grande apertura in questo vangelo. Perché se anche dice Gesù: “ sforzatevi di entrare per la porta stretta perché molti io vi dico cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno” bisogna capire a chi sta parlando, perché più avanti dirà: “ Vedrete Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti del Regno e verranno da oriente, da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio”. 

Due tipologie di persone e di porsi di fronte a Dio. Una passa attraverso la porta ed entra ed una non passa e resta fuori. Quale è il discrimine? -
Ecco. Allora se ci sono queste folle sterminate che vengono da tutte le parti, che entrano alla mensa insieme ad Abramo, Isacco e Giacobbe, mentre sta parlando a qualcuno a cui dice: “ Voi sarete fuori!”, qui il problema è che tipo di persone sono queste due persone fra cui si fa questo discrimine.

Prima tipologia: gli habitué, quelli di sacrestia, i convinti di essere dalla parte di Dio, i tronfi -
Ci sono coloro che dicono: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato  nelle nostre piazze”, questi sono gli habitué, sono quelli che sono sempre vicini. Sono i vicini. Quelli di sacrestia, quelli che sono sempre pronti. Sono quelli che non perdono mai il contatto con le cose religiose. Nella fattispecie in quel momento era questo popolo che sotto un certo punto di vista, in maniera un po’ tronfia, credeva di essere comunque sempre certamente più avanti di tutti gli altri e invece  gli capita di vedere che altra gente, povera ed esclusa, apparentemente estranea supera assolutamente la loro posizione ed entra lì dove loro non riescono ad entrare. Allora chi è che entra e chi è che non entra. Entra l’estraneo, non entra l’abituale, il consueto.



Per noi: essere attenti a restare dalla parte di coloro che non sono sicuri di entrare, che sanno di avere bisogno di essere salvati, dalla parte degli umili - 
Allora noi dobbiamo essere molto attenti a restare sempre gente che arriva da lontano. Gente che riceve da Dio la salvezza che non si merita. Noi non abbiamo la salvezza per assegnazione d’ufficio. Anche la nostra vita sacramentale non garantisce proprio niente. Tutto questo è riservato per quella porta stretta che si chiama umiltà. E non si tratta di essere piccoli sotto il punto di vista fisico, ma nello Spirito. Essere sempre qualcuno che è sorpreso di essere ammesso. E’ sorpreso di poter entrare.


Abramo, Isacco e Giacobbe: detentori di un’elezione contraria alla logica umana. In fondo Abramo, Isacco e Giacobbe erano persone che avevano un’elezione contraria alla logica umana. Abramo era un uomo che non poteva avere figli e sarà il padre. Isacco non è il primo figlio che nasce ad Abramo, perché c’è Ismaele prima di lui, eppure sarà il vero primogenito. Giacobbe è fratello di un primogenito che non sarà capace di difendere la propria primogenitura perché la dà per scontata e lui entrerà nella eredità. Sono tre eletti sorprendenti e così è sempre la nostra vita. 

La nostra eventuale elezione non è un diritto, ma un’opera di Dio gratuita e generosa. Chi di noi si merita quello che abbiamo ricevuto? - 
La nostra elezione non è un diritto. E’ un’opera di Dio gratuita, generosa, che però richiede da parte nostra questo atteggiamento di sorpresa, di umiltà. E chi di noi si merita di stare dove sta? E chi di noi si merita di essere cristiano? E chi di noi si merita di conoscere la misericordia di Dio senza limiti? E chi di noi ha meritato mai il perdono dei peccati? E chi di noi merita di essere all’altezza del corpo del Signore?

Dobbiamo sempre avere presente al nostra povertà, il nostro autocelebrarci, quel che in noi è tronfio, è superbo, è saccente - 
Sempre dobbiamo dire: “ Non sono degno di partecipare alla tua mensa”. E’ sempre quella la porta stretta per cui dobbiamo entrare. E’ sempre quello che esclude i molti e fa entrare i pochi. In noi c’è molto che è tronfio, che è superbo, che è saccente, che è autocelebrante. C’è sempre quel sottile piccolo soffio di salvezza che è la nostra percezione di povertà e che è quella cosa che ci fa stare nella verità davanti al Signore.

 Si salva chi si sente di non meritare la salvezza, di averne bisogno, di non potersela dare da solo, ma che la può ricevere solo da Dio. E’ la coscienza della propria povertà ed estraneità a Dio - 
Questa porta stretta si apre molte volte. E’ la porta della piccolezza. E’ la porta che ci fa entrare nel Regno. Chi la varca? Proprio chi sente di non meritarla. Proprio chi sente che ne ha bisogno. E’ una salvezza per Lui. Essere certi, per aver mangiato al cospetto di Cristo, che è la Liturgia, i Sacramenti, l’Eucarestia, proprio l’aver ascoltato tanto la sua Parola, questo non ci dà nessuna garanzia se non passiamo per quella porticina che è la nostra coscienza di povertà. Che è la nostra estraneità. 

Avere coscienza che veniamo dal nulla e siamo destinati al nulla se il Signore non ci aiuta - 
Veniamo da settentrione, da mezzogiorno, da oriente, da occidente. Veniamo da lontano. Tutti veniamo dal nulla. Veniamo dal buio. Veniamo dall’inconsistenza. Ricordarci sempre che non abbiamo altro destino se il Signore non ci salva. Guai a noi quando diventiamo gente che dà tutto per scontato. Guai a noi quando diventiamo persone che non si chiedono come poter essere salvati oggi. Come poter essere strappati alla corruzione oggi. 

Ci salva la preghiera di chi si sente bisognoso e in pericolo - 
Noi cominciamo ogni nostra preghiera nella recita dei Salmi con “ Signore vieni presto a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto”. Questo non lo dice chi è sicuro, questo lo dice chi sta affogando. Questo lo dice chi è accerchiato da un nemico, questo lo dice chi è in pericolo. Noi sappiamo di essere in pericolo e questo ci fa fare le cose giuste. Questo ci fa varcare la porta umile della salvezza. 

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venerdì 23 agosto 2019

L'arte di ricominciare - Esercizio 2: Elencare le priorità

Il testo è tratto dal libro come meglio specificato a piè di pagina. Si resta a disposizione alla immediata rimozione del testo da questo blog qualora richiesto dagli aventi diritto.


Se Dio ti ha messo in un posto nella vita, ti ha intrinsecamente consegnato tutto quello che quel posto implica.
Se ti ha dato un figlio, non è che sei padre-madre da una parte, e dall'altra vai decidendo se o quanto ti occuperai di un figlio. Se ti ha dato un cucciolo, ne derivano delle priorità che sono per se stesse la mappa della tua vita. Non si può avere un bimbo e non sveglio mai cambiato un  pannolino. Non ti va? E' così la vita: non scorre secondo i tuoi gusti, ma secondo se stessa, e se ti fai portare cresci e impari ad amare.
Quando sono diventato parroco ho dovuto accettare un radicale cambiamento delle mie priorità. E tante cose, in un istante, se le avessi tenute sarebbero state nella mia vita come un porchetta a Teheran. Fuori luogo.

E tanto utile elencare le priorità che derivano dall'accogliere la realtà. Ed è spesso una delle cose più efficaci, da tanta luce. Concretamente come si fa  un primo elenco di priorità? Considerando che non si tratta di un minuto di riflessione e via, se, fidandosi del consiglio del primo giorno uno ha già messo giù le prime evidenze, che, ridordiamolo, non sono più di quattro o cinque, ora può provare a fare un elenco di priorità.

Anche in questo caso è utile scriverle. In genere sono enunciati lapidari, tipo i seguenti esempi disorganici:

- L'unica autorizzazione che ti serve è quella di Dio Padre
- Pregare prima delle cose, senno è solo per chiedere perdono...
- Dormire: il sonno non è merce di scambio.
- I miei figli e mia moglie sono l'unica cosa che conta.
- Finire l'università e al diavolo tutto il resto.
- Andare a vivere per conto mio, a 32 anni si può fare.
- Non girovagare, basta dispersioni.
- Non c'è posto nella nostra coppia per i miei genitori e le loro fisse.
- Vuotare il sacco e non rodermi.
- Non fare le cose che non mi convincono.
- Non è necessario fare contenti gli altri.

Ognuna delle cose appena scritte è legata ad almeno una storia concreta di persone che, iniziando a rispettare una di quelle frasi, hanno ricominciato a vivere. Per cui in realtà sarebbero parti sconnesse di un elenco che, se fatto da una persona sola, avrebbe la sua organicità.

Questo elenco se lo faccio, poi sarebbe saggio averlo sempre con me. Ed è work-in-progress. Fa bene da subito, ma se uno tiene accesa la luce e continua a "limare" l'elenco, in genere dopo un paio d'anni e i dovuti confronti, è molto centrato. Sorpresi?
Notare bene: questo tipo di cose non si fanno una volta. Si fanno e quindi il giorno dopo, con u altro calore interiore, si ri-verificano. E poi il giorno dopo ancora. E giorno dopo giorno si diviene lucidi.

E' un atto di apertura alla volontà di Dio. Per quanto oggi possiamo e lo Spirito Santo ci permette, e l'atto di guardare, ricordare, ritenere la nostra vita, e accogliere cosa abbiamo "in chiave", cosa Dio ha posto come il "nostro".

Questo, come tutto ciò che in questo libro viene descritto, è solo l'inizio di un cammino che per forza non può che durare anni. Ci vuole molto tempo a semplificarsi sulle proprie priorità, a lasciar parlare il nostro firmamento, ripensandoci tante volte, e tante volte aspetto gli aiuti della Provvidenza. Che suddivida. Che faccia da parametro delle nostre scelte.

Come si usano le priorità? Semplice: tenendole accese prima degli atti, in via ordinaria. Se le consideri solo dopo  unicamente, forse, per non ripetere un errore, che spesso è troppo poco. Qui non si tratta solo - e ovviamente - di smettere di sbagliare, ma di riprendere a "girare". Nell'arte di ricominciare che è il lasciarsi salvare dalla creazione del firmamento, esistono due utilizzi delle priorità, uno minore e l'altro maggiore: c'è l'uso a posteriori delle priorità, man mano che si vanno illuminando per grazia di Dio, guardare le cantonate passate e non ripeterle. Ma l'uso anteriore è quello autentico, per mettere il piedino del novo inizio nel posto giusto: si mette il firmamento sopra per estinguere il sopra e il sotto. Prima, non dopo. Sono a priori, per l'appunto.
Quante sofferenze evita l'obbedienza al secondo giorno.


Fabio Rosini, L'arte di ricominciare, Ed. San Paolo s.r.l., 2018, Cinisello Balsamo ( Milano), pp. 100-ss

L'arte di ricominciare - C'è un Padre che è il Creatore: o ci si apre a Lui o ci si sclerotizza nell'impotenza, nell'amarezza


"La vita, per quanto dia fastidio accettarlo, è una partita a tennis dove non sono mai di servizio. Batte sempre un Altro. La palla della realtà mi arriva con il suo spin e la sua direzione, che è quella che è.
E' il primo benefico trauma per ricominciare, o per cominciare per bene: obbedire alle cose per come sono. Sto dove sto. Ho combinato quel che ho combinato. Mi è successo quel che mi è successo. Si riparte da qui dove sono. E identifico uno dei miei nemici più pericolosi: le mie pretese. Le mie aspettative.
Da dove partire: dal rifiuto o dall'accettazione? Se qualcosa fuori andrà modificato, è sempre solo perché qualcosa è cambiato dentro. " Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro" ( Mc 7,15). I problemi più amari sono quelli che nascono dagli atteggiamenti sbagliati. E i veri errori sono quelli: gli atteggiamenti.

Partiamo con un primo semplice consiglio. La ricetta dice: un bel respiro e... deglutire le cose accadute.
Forse non è il migliore tratto della mia esistenza. Potrebbe anche essere il peggiore... Meglio de-assolutizzare il mio atteggiamento, la mia visione delle cose. C'è qualcosa di più grande di me e della mia impotenza. C'è un Padre che è il creatore. Le cose sono due: aprirsi a Lui o sclerotizzarsi nell'amarezza, nello scoraggiamento. O peggio ancora nell'illusione alla Rossella O'Hara in Via col vento".


Fabio Rosini, L'arte di ricominciare, Ed. San Paolo s.r.l., 2018, Cinisello Balsamo ( Milano), pp. 38

sabato 10 agosto 2019

Luca 12, 32-40 - Essere parte del piccolo gregge - Vangelo di Luca - Commento di don Fabio Rosini


Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo . Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.
  
Nella 19 settimana del tempo ordinario ascoltiamo un bel brano lungo, bello, articolato, ricchissimo e pieno di richiami evangelici veramente preziosi dal capitolo 12 del vangelo di Luca.

Nella vita spirituale l’importante non è essere tanti, ma essere veramente di Cristo -
Tutto comincia da una affermazione che illumina tutto il brano e che è molto importante per tutti noi: “ Non temere piccolo gregge perché al Padre Nostro è piaciuto dare a voi il Regno” e cioè Gesù dice a questo piccolo gregge: noi spesso abbiamo pensato che l’importante era essere tanti, essere tutti. Ma la cosa più importante è essere veri, essere proprio quelli di Cristo. La quantità è molto secondaria rispetto alla qualità nella vita della fede. E allora noi siamo sempre un piccolo gregge perché per quanto tanta gente si richiami a Cristo bisogna vedere quanta gente vive secondo Cristo e quanta gente ha lo Spirito di Cristo.

Che cosa significa fare parte di questo gregge? Vivere sapendo che la mia vita è un sentiero verso il regno e che quel che vivo è in funzione di questa meta felice, questo ci libera dagli attaccamenti alle cose di questo mondo -
Allora che cosa è essere questo piccolo gregge autentico? Questo piccolo gregge che tutti quanti ogni giorno ci dobbiamo chiedere se ne facciamo parte o meno. E’ essere parte di coloro che vivono perché al Padre è piaciuto dare loro il suo regno.  Cioè vivere in vista del Regno.
Questa tematica del regno è un po’ diventata secondaria nella predicazione cristiana e tutto questo non è molto saggio. Noi stiamo camminando verso il Regno ed è importante che questo regno dei cieli che è alla fine della storia e anche nella nostra vita, è anche qualcosa in cui entriamo, qualcosa che di fa essere sudditi di un re che non è un re di questo mondo. Il regno di Cristo, come sarà detto nel vangelo di Giovanni al capitolo 18, non è di quaggiù. Ha un’altra logica. Vivere secondo la logica di questo regno vuol dire infatti entrare in tutte le cose che vengono dette nel testo successivo. Però se io ho il cuore consolato dalla certezza che la mia storia è una storia di salvezza, che la mia vita è un sentiero verso il regno e che quel che vivo è in funzione di questa felice meta, allora io capisco che non mi devo far ridurre a ostaggio delle cose di questo mondo.

Dove è il mio tesoro? Dove mi sto appoggiando? Incominciare ad accumulare tesoro nel cielo, iniziare a vivere quella logica - 
Infatti comincia dicendo un po’ di cose serie. 
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina. 
Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli. Incominciare ad accumulare tesoro nel cielo. 
Incominciare a vivere secondo quello che  il cielo sarà e secondo quello che è al suo cospetto. I testi delle domeniche precedenti già ci hanno messo su questa strada. Ma la frase che illumina questa chiamata a vivere secondo ben altra ricchezza è quella che viene subito dopo. 
Dove è il vostro tesoro là sarà anche il vostro cuore. 
Si, questo è molto importante. 
Cosa abbiamo a cuore?
Per cosa viviamo?
Cosa è importante  per  noi? 
Il cuore sta dove sta ciò per cui uno vive. Ciò che dà sicurezza all’uomo. In fondo ognuno di noi vive sull’orlo dell’incertezza. Sull’orlo della precarietà, sull’orlo del disfacimento delle proprie sicurezze. Siamo tutti molto precari e dove è il punto di appoggio?
Dove mi sto appoggiando?

Se entro nella logica del piccolo gregge capisco come vivere -
Ecco se io entro nella logica per cui sono quel piccolo gregge a cui Dio ha voluto affidare la più grande delle ricchezze e so che la mia vita è un addestramento a quel possesso ed una consegna di quel possesso, allora io capisco come vivere.

Vivere nell’atteggiamento pasquale, pronti a fare un salto di fronte alla chiamata del Signore della nostra vita -
Dice: siate pronti con le vesti strette ai fianchi e con le lampade accese. Questo è l’atteggiamento pasquale. Queste sono le stesse indicazioni che vengono date ad Israele nel capitolo 12 del libro dell’Esodo prima che passi il Signore per portarli via, fuori della terra della schiavitù. Noi dobbiamo essere pronti a fare un salto. Il vangelo prosegue, come coloro che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze. Ecco sapere che la nostra vita non è di nostro possesso, ma che c’è un signore della nostra vita. C’è qualcuno che ha diritto di governare la nostra esistenza.

Quando viviamo per qualcosa di questo mondo diventiamo soldatini paurosi che difendono le loro quattro cose -
Quando la nostra vita entra in quella logica per cui siamo noi il dominus della nostra esistenza, noi entriamo in una grande rabbia, angoscia, ansia, perché diventiamo delle tigri che difendono i loro possessi anche se non ce ne rendiamo conto. Quando si vive per qualcosa di questo mondo si diventa dei combattenti, dei soldatini sempre armati per difendere quelle quattro cose per cui viviamo. Il segreto di tanta violenza che nelle relazioni si può manifestare sta in questa ansia che è la paura di essere derubati costantemente. 


E' possibile vivere per qualcosa di diverso, pronti a rispondere all'invito dello sposo che passa negli eventi della vita e ci dice: vieni con me?
Ma c’è ben altro per cui vivere. C’è il Signore che, lui sì, un giorno busserà alla mia porta e mi dirà: è il momento di andare. Stai con i fianchi cinti e la lampada accesa? Sei pronto a partire?
Essere pronti  a partire. E questo non significa semplicemente il fatto che un giorno morirò. No. Molte volte, quasi costantemente c’è qualcosa che bussa alla mia porta e mi dice: sono lo sposo. Vieni con me?
Ovvero: sei pronto a cambiare direzione per entrare nell’amore? Sei pronto a vivere per il regno? Sei pronto a lasciare tutto? 

Vivere staccati dalle cose, pronti a lasciarle, staccati dai progetti, dalle affezioni del cuore che si attacca in maniera malata a piccoli e grandi possessi, affetti, proiezioni- 
Bisogna stare staccati dalle cose, pronti a lasciare tutto, con i fianchi cinti, le lampade accese, per lasciare i propri progetti che spesso diventano i nostri tesori che catturano il nostro cuore, i nostri progetti, le affezioni del cuore che sa attaccarsi alle cose in maniera malata, smodata per cui viviamo di valori affettivi, viviamo di proiezioni, viviamo di piccoli e grandi possessi che divengono i nostri padroni mentre noi siamo illusi di esserne noi i possessori. Ecco tantissime volte il Signore passa dalle nostre parti e ci dice: sono lo Sposo vieni con me? Solo io ho diritto al tuo cuore. Solo io posso essere il Signore della tua vita. 

Vivere con un cuore vigile, secondo un viaggio grandioso. Non banalizzare la propria vita -
Beati i servi che il Signore al suo ritorno troverà ancora svegli. Non si tratta di non poter dormire, ma di avere un cuore vigile, di avere una mentalità limpida, aperta, pronta a rinunciare alle proprie assolutizzazioni. Qui si tratta di vivere secondo un viaggio grandioso. Nessun uomo, nessuna donna di questa terra deve mai banalizzare la propria vita. Nessuno di noi ha niente di meno della grandezza davanti a sé. Siamo destinati al regno. Siamo tutti destinati all’amore di Dio che è molto più importante di tutto quello che possiamo possedere.

Essere amministratori fidati (  riferito al rapporto con Dio)  e prudenti ( riferito alla responsabilità che abbiamo nel rapporto con gli altri): cosa significa? Fidarsi del Signore e fare che lui possa fare affidamento su di noi ci fa diventare saggi - 
Ad un dato momento Pietro dice: ma questa parabola la dici per noi o anche per tutti?
Ecco e qui parlerà di qualcuno che ha autorità su qualcun altro. Un amministratore  fidato e prudente. Colui che sa dare al razione a tempo debito alla servitù del Signore. Qui sono chiamati tutti coloro che hanno un compito interno alla vita, alla Chiesa, alla società. Un compito di governare qualcuno. Governare, sostenere qualcuno. Tutto dipende dall’essere fidati e prudenti. Un aggettivo che riguarda il rapporto con Dio che fa scaturire un aggettivo che riguarda il rapporto con il prossimo. 
Se io ho fiducia reciproca con il Signore. Se io mi fido di Lui e Lui può fare affidamento su di me, io divento saggio. Così imparo a capire quando è il tempo di dare la razione. Quando è il tempo di dare e quanto dare. 

Un atteggiamento non saggio: banalizzare il ritorno del Signore - 
Ecco molte persone che hanno responsabilità, e un po’ tutti abbiamo qualcun altro di cui occuparci, possono prendere un altro tipo di atteggiamento. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: il mio padrone tarda a venire, cioè si banalizza il ritorno del Signore ecco che piano piano si scivola in un governo delle cose cieco, miope che cadrà sul carnale, andrà a finire sul materiale e si diventa così, insulsi, imbelli, inconsistenti, privi di amore.

Dal mio rapporto con Dio deriva la saggezza. Fondamentale è non perdere la connessione con Lui - 
E’ dal rapporto con Dio che viene la saggezza. È dal fatto che io vivo per abbandonarmi nelle sue mani e godo della fiducia che Lui mi dà, del fatto che mi dà qualcosa di importante da fare, mi affida persone, mi affida una famiglia, mi affida qualcuno che mi ha chiesto aiuto.
Ecco se io parto dal rapporto con Dio, dal fatto che mi fido di Lui sarò saggio e capirò quando fare le cose e come, ma se io perdo quella connessione, lentamente, senza rendermene conto, diventerò una persona che non sa dare quel che deve dare.

Spesso esercitiamo l'autorità in modo approssimativo e miope
E così purtroppo dobbiamo riconoscere di avere un esercizio dell’autorità un po’ occasionale, senza profondità, senza visione a lungo sfondo. Dentro e fuori della Chiesa. Dobbiamo riconoscere che stiamo esercitando l’autorità a casaccio. Dobbiamo riconoscere che stiamo andando avanti non con il centro ortogonale sul Signore, ma andando secondo mode, secondo quel che ci sembra, secondo appagamenti, secondo cose che non portano da nessuna parte. 

Dobbiamo stare con i fianchi cinti, con le lucerne accese, per essere saggi.

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domenica 4 agosto 2019

L'arte di ricominciare - Esercizio 1: E la luce fu: compaiono le prime evidenze

Il testo è tratto da una parafrasi del tutto personale fatta dal testo di Fabio Rosini - L'arte di ricominciare - Edizioni San Paolo s.r.l., 2018. Pagina 66
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Spesso bisogna partire dalla cosa più banale: il corpo.
...è quasi sempre primario disattivare la diffusissima attività autodistruttiva:

- Ma la sera quando vai a dormire?
- La mattina quando ti alzi?
- A che ora preghi?
- Come stai mangiando?

Cose elementari come la cura del proprio corpo e delle situazioni della propria vita.

E sul corpo va aperta la nota della salute. Tipo:

- Ma quando la fai quella benedetta visita di controllo?
- Quando smetti di mangiare come un cassonetto?
- Quando è che ti fai le analisi del sangue?

Poi bisogna guardare lo spazio.
- Se stai nel posto sbagliato, spostati, non rinviare. Intanto magari ti chiedi se deve partire per l'Africa, ma basta cambiare molto meno.
- Se devi mettere a posto la tua stanza, fallo. Non discutere dell'assetto della società civile o ecclesiale.
- Se devi preparare un esame e hai il tavolo con tre livelli diversi di scartoffie, metti a posto il tavolo e fai spazio ai libri con i quali devi preparare l'esame.
- Fai posto alla tua vita, sposta le cose che non sono "vita".

Si guarda il tempo.
- Quanto e quando fai cosa?

Dio sta aspettandoti nella tua vita reale, ma sei tu che non ci stai. E vale la pena che ci entri, se hai voglia di vivere meglio...

Utile guardare ai doveri di stato.
Sarebbero le cose che sono implicite nella tua condizione. Sono quelle cose che non si può dubitare che tu debba fare e così spezzare il filo auto distruttivo e porre le basi del discernimento.
Esempi:

- Sei studente? E come stai con gli esami?

- Sei padre/madre di famiglia? Se con tua moglie non ci parli, difficile che vi possiate capire. Se con tuo figlio non ci stai, come puoi pretendere che venga su senza vuoti. Devi magare togliere il tempo al fantacalcio o alla serie televisiva. 
- Devi riparare la serranda rotta in sala da pranzo, non farneticare di eventuali pellegrinaggi a Santiago.

- Sempre meglio il semplice del complicato. Sempre.
- Tua zia che devi visitare in ospedale che sono due mesi che ci devi andare.
- La cosa che ti riduci sempre all'ultimo a pagare.

Nella vita spirituale non si può andare per cose eclatanti, bisogna partire dal semplice.
- Ed ecco una serie di persone che girano di prete in prete, di scuola spirituale in scuola spirituale, cercando esperienze impressionanti, coinvolgenti, emozionali. E li trovi sempre allo stesso punto.
- Semplice regolarità di una breve e costante preghiera quotidiana alle ore giuste.
- Non è possibile da zero a san Francesco in dodici lezioni.

- Le buone abitudini. Dobbiamo trovare la scatola per mettere dentro le cose più importa e più complicate che vedremo successivamente, questa scatola sono le nostre buone abitudini che combattono la nostra autodistruttività.

- Consiglio: fai un elenco di prime evidenze; quattro-cinque, anche meno. Se ne scrivi di più te la stai raccontando. E ricominci, forse dopo tanto tempo a prenderti cura di te, obbedendo alla luce primaria, che dice: guarda che bello che ci stai pure tu! Smettila di maltrattarti!

- Prendi questo elenco e con coraggio sottoponilo a qualcuno che ti voglia veramente bene - perché solo chi ti vuole bene ti guarda davvero - e avrai un riscontro illuminante che ti aiuta a capire se hai colto i punti giusti su cui lavorare. Se lo sottoponi ad una guida spirituale meglio ancora.

IL CAMMINO DELL'UOMO

IL CAMMINO DELL'UOMO
Marcia francescana 25 luglio - 4 agosto 2003