venerdì 31 ottobre 2014

Julio Velasco - Alcuni concetti educativi

I titoli e le sottolineature sono state aggiunti per facilitare la lettura. Ci si rende disponibili per l'immediata rimozione del testo qualora richiesto da chiunque ne avesse diritto.

 

LO SPORT INSEGNA A VINCERE E A PERDERE
Ho vinto e perso come tutti quelli che fanno sport.
Credo che uno dei grandi insegnamenti per i giovani, per i bambini, ma anche per gli adulti, è proprio che insegna a vincere e perdere perché nessuno vince sempre e bisogna fare in modo che nessuno perda sempre nemmeno.
Io credo che l’eccellenza non è mai una persona.
L’eccellenza è un processo. Che tutte le persone, anche quelle che hanno vinto di più, hanno avuto processi vincenti e processi in cui non hanno vinto.
Il valore dei giovani, dei giocatori, delle persone, sta anche in come hanno vinto e come hanno perso.
Se quando vincono credono di aver trovato la verità, con la maiuscola, e se quando perdono non danno la colpa a nessuno se non semplicemente si preparano per vincere ancora.

CERCARE L’ECCELLENZA NELLO SPORT
Noi che facciamo sport, dobbiamo cercare l’eccellenza per forza, perché non ci basta fare le cose bene, noi dobbiamo farle meglio degli altri.  Perché se noi facciamo le cose bene, ma qualcun altro le fa meglio, noi perdiamo la partita o il campionato.

COME SI DIVERTE UN BAMBINO?
Ma questo che è valido per lo sport ad alto livello, è anche valido anche per i bambini.
Io sento spesso dire: “ i bambini si devo divertire quando fanno sport”. Verissimo. Ma noi abbiamo chiaro come si diverte un bambino?
Ci sono molti genitori che credono che i bambini si divertono quando fanno le cose in modo pressapochista. Si mette a giocare e gli si dice: “ se va bene, va bene, se va male va bene lo stesso”. I bambini non giocano così.
Studiamo meglio i bambini. I bambini non ridono quando si divertono giocando, sono serissimi. Un bambino che sta facendo una costruzione con il Lego, è serissimo, perché lo vuole fare bene. Si diverte se riesce. Se non ci riesce, non si diverte.

L’IDEA DI PERFEZIONE NELLO SPORT E’ PERDENTE:
Perché l’idea di perfezione nello sport è un’idea perdente. Se noi proponiamo la perfezione, noi stiamo proponendo la sconfitta.
Ci sono molti allenatori che preparano una squadra per una partita dicendo: “ Allora ragazzi, noi dobbiamo battere molto forte, molto aggressivo, però non sbagliamo la battuta, mi raccomando! Dobbiamo pensare al muro, però anche alla difesa, però anche all’alzata”, tutto. In sintesi, che abbiamo detto alla nostra squadra? Gli abbiamo detto: “ Se noi siamo perfetti vinceremo!”. Se io fossi stato il giocatore avrei detto: “ Grazie, se io non avevo lei che me lo diceva non lo sapevo!”.

L’IDEA DI EQUILIBRIO:
L’idea di perfezione nello sport non mi piace. Mi piace l’idea di equilibrio. E l’equilibrio non è altro, ed è una costante in tutto il mio pensiero dello sport, ma anche di altre cose, che l’equilibrio di due forze contrapposte. Altrimenti che equilibrio è? L’equilibrio è l’unità di cose contraddittorie.

CONOSCERE BENE LA MATERIA DI CUI CI SI OCCUPA:
Dobbiamo sapere.
E i giocatori e i giovani in generale si dedicano ad un giochino molto interessante che è grattare nella pelle del professore, del genitore, del maestro o chi sia, per vedere che cosa c’è sotto. Per vedere se è una lieve pellicola di conoscenza o se veramente sa. Se scoprono che non sappiamo davvero di cosa parliamo, ci massacrano senza pietà.
Noi oggi abbiamo professori universitari che se c’è un problema con il computer e non guardano le slides,  non sanno parlare. Leggono le slides. Ce ne è qualcuno. Come è possibile. Le slides sono un metodo didattico per chi ascolta, non per chi insegna.

GIUSTO CRITICARE I GIOVANI, SBAGLIATO GIUDICARLI. ECCO LA DIFFERENZA
Sento troppo spesso giudicare i giovani. È tutta un’altra cosa criticare i giovani. La critica è una cosa puntuale: “ Questo lo hai fatto male!”, “ Qui ti sei comportato male! In questa occasione, in questa cosa”.

Ma si sente troppo dire: “ i giovani di oggi…”. La frase “ i giovani di oggi” crea un clima del tipo come se fosse una società civile in cui tutti siamo colpevoli e dobbiamo dimostrare la nostra innocenza.  Noi adulti stiamo trattando i nostri giovani oggi così. Tutti sono mediocri, vediamo chi di loro dimostra che non lo è.


lunedì 20 ottobre 2014

Franco Nembrini - Dante e l'educare tornano ad essere una goduria.


" Cerco il prof. Nembrini". Una telefonata che lo coglie in Africa. In Sierra Leone, dove un suo amico Padre Berton lo ha coinvolto in alcuni progetti di promozione umana e lui sta, durante le vacanze, dando un contributo alla nascita di una scuola.

"Sono io, lei chi è?" risponde Nembrini. Dall'altro lato della cornetta una risposta chiara: " Roberto Benigni". E’ il noto attore, ma Franco non lo riconosce, pensa che sia il genitore di qualche suo alunno e gli spiega che sta in Africa e che sarebbe meglio risentirsi con calma una volta rientrato a Bergamo. Prima di attaccare, non avendo individuato bene di quale alunno il Sig. Benigni sia il genitore, si fa spiegare meglio con chi sta parlando. A quel punto sente gridare con l’inconfondibile dialetto toscano: “ Ma come l’attore!”.  E così viene a sapere che i suoi libri su Dante sono arrivati in qualche modo a casa di Robero Benigni che quella notte, incuriosito ed colpito dal pregio di quei testi, li ha letti tutti d’un fiato. E' l'inizio di un'amicizia. E Roberto Benigni sarà ispirato da quella lettura per la nota iniziativa di parlare della Divina Commedia a tutti gli italiani, ma questa affermazione Franco Nembrini dice che è un po' un'esagerazione.

Racconti eccezionali eppure estremamente umani, vicini a chi li ascolta.

Su youtube si possono trovare diversi video: incontri, interviste, interventi.
In questo video-intervista della trasmissione A sua immagine 


ci si può fare un'idea di come si presenta Franco Nembrini.

I grandi filoni di cui tratta nei suoi incontri presentano questi titoli: El Dante, Ho visto educare, e Miguel Manara.

Dante, spiega Nembrini, è il poeta con cui si parla della vita, dei problemi, del senso da dare alle cose, ai soldi, al lavoro, all’amicizia, all’amore.
La lettura di Dante assomiglia in realtà ad una chiacchierata con amici in cui il prof. racconta come lui dialoga con Dante, delle grandi domande che pone al poeta e di come lui risponde.
I ragazzi rimangono affascinati e con loro, in una sorta di contagio, anche tutti coloro che si imbattono in queste chiacchierate.
Fare esperienza di una luce, di una positività, di una bellezza in tutti i campi della vita: da quello affettivo  al rapporto con il lavoro. La vita insomma, in tutte le sue sfaccettature.
Le corde giuste si possono toccare e i ragazzi sempre assetati delle risposte alle domande ai problemi grandi e concreti della vita si appassionano.
La proposta è semplice quanto grande ed entusiasmante: “ Vi dico perché leggo Dante, vi dico che dialogo ho con Dante e proviamo a fare un pezzo di strada insieme”.

E la risposta dei ragazzi non tarda: “ Sentire Dante spiegato da Franco Nembrini è una goduria” dice una ragazza ventenne nell’intervista. E lui risponde subito dicendo: “ Sai perché? Perché si capisce poco, ma è Dante stesso che parla di una goduria! I ragazzi la vita se la vogliono godere e invece soffrono molto”. E così appare chiaro che quando i ragazzi trovano qualcuno, Dante in questo caso, che gli indica la via per andare verso una felicità vera, che non tradisce le promesse fatte, farebbero di tutto per non perdere l’occasione per imparare questo segreto.

La lettura Dante è evidentemente legata all’altro grande tema affrontato, quello educativo.
Franco Nembrini si definisce una persona che ha visto educare. E spesso riporta esempi concreti tratti dalla sua lunga esperienza di insegnante. Un episodio raccontato è quello


sull’alunno più cretino della scuola che trovata la sua strada si risveglia dal suo torpore e come dice il ragazzo stesso  trova lo spunto per uscire fuori dalla “m…. che mi circonda”.

Franco Nembrini, dopo una carriera di professore nella scuola statale è diventato  il rettore della  scuola La traccia di Calcinate a Bergamo che qui è presentata.



In programma numerosi incontri ( per lo più gratuiti o molto accessibili)  a Roma nei prossimi mesi. Per gli appuntamenti si può consultare questa pagina Facebook.

domenica 12 ottobre 2014

Franco Nembrini - Ho visto educare



"La cosa che voglio chiarire subito è che non sono un esperto di educazione in senso proprio. Io ho fatto questo libro Di  padre in figlio dell’editrice Ares, tra l’altro dopo quel famoso incontro con il Papa che mi fece star male, voi non avete idea. Perché mi fecero veramente questo scherzo: mi sono trovato a parlare della stessa cosa, cioè l’educazione, di  cui aveva parlato mezzora prima il Papa.  Provate voi a fare una roba del genere.
Mi ricordo la telefonata di Mons. Parmeggiani: “ Verrebbe a Roma, c’è un incontro?”. Quando madre Chiesa chiama si scatta sull’attenti. “ Ma certo, è evidente che vengo” e gli chiedo: ma di che si tratta, che contesto è, le domanda che fa un relatore quando viene invitato. A chi parlo, dove parlo, quanti siamo a parlare e risponde: “ Ah per questo la cosa è abbastanza semplice, siete in due. Avremmo pensato in quest’ordine: prima il Papa, poi lei”. Io ho pensato anche ad una presa in giro e a qualche amico che mi stesse facendo uno scherzo, invece poi è andata esattamente così. Non vi dico quanto sono stato male per una settimana". 

Esordisce così Franco Nembrini, rettore della scuola La traccia di Bergamo al teatro del seminario maggiore di Roma, all'incontro organizzato dall'Ufficio Catechistico per i catechisti della diocesi il 29/09/2014.
Si tratta dell'incontro introduttivo del ciclo "Ho visto educare". Franco Nembrini ha ripetuto lo stesso incontro la scorsa settimana in diverse parrocchie di Roma ( Gran Madre di Dio, Chiesa Nuova, Santa Maria alle fornaci, Santa Maria Goretti) invitando poi ad entrare nel merito attraverso tre incontri sull'educazione al teatro Orione.

Il primo di questi tre incontri è avvenuto ieri e ha visto la partecipazione di genitori, catechisti, formatori, professori e tutti gli interessati, che hanno accettato l'invito a partecipare anche se apparentemente non coinvolti per ragioni familiari, professionali e di vita nel discorso educativo.
In realtà, spiegava Nembrini nell'incontro introduttivo, tutti siamo coinvolti perché già solo vivendo noi educhiamo le persone che vivono accanto a noi e non ci si può quindi considerare neutri rispetto al discorso educativo. 

L'intento degli incontri è scoprire quali sono i segreti che toccano le corde vitali e che ci appassionano quando incontriamo o riusciamo ad essere persone che fanno vibrare dentro di noi l'interesse alle cose grandi e belle della vita e che riescono a comunicare la speranza che vale la pena essere venuti al mondo perché la vita è una cosa bella, buona e degna di essere vissuta.

Gli incontri sono stati organizzati da un gruppo di amici di Franco che si sono impegnati a far conoscere  il professore bergamasco e i contenuti della sua esperienza di figlio, di studente, di professore anche a Roma. Ragazzi provenienti da diverse realtà cattoliche della capitale che si sono uniti nell'entusiasmo di questa amicizia con Franco e nella passione per i temi da lui trattati.

I prossimi appuntamenti saranno il 9 novembre prossimo e il 21 febbraio 2015.




lunedì 6 ottobre 2014

Il popolo curdo stretto nell’enclave di Kobani – Il senso del male e il limite che Dio gli impone


Immagine reperita al seguente:  http://news.nationalpost.com/2014/05/11/they-cut-hands-cut-heads-play-with-corpses-islamic-extremists-fighting-brutal-war-against-kurds-in-syria/

Immagine reperita al seguente indirizzo: http://www.bergamopost.it/cambiare-rotta/succede-kobani/
Nell'enclave di Kobani, la popolazione a maggioranza curda sta resistendo ancora per poco e oltre le sue possibilità ai guerriglieri dell'Isis che avanzano. Alle spalle la frontiera turca. Una situazione terribile. 
Come in altre circostanze di questa guerra di Siria e di tante altre guerre, nel gioco dei potenti della terra e di chi per potere, soldi, fama ed accecato dall'odio e dal male, combatte una guerra assurda, viene coinvolta la vita dei piccoli e degli umili.
La vita di uomini, donne, bambini, anziani.
La storia di tante famiglie con i loro padri e loro madri, i loro figli e le loro figlie.

Dio guarda tutto questo? Vede questa sofferenza e questo dolore? 
E se lo vede, resta indifferente?
Resta comunque il mistero di come Lui permetta tutto ciò.
E’ il mistero della libertà.
Il mistero del male.
In questo dilagare delle tenebre, ognuno fa il suo gioco. Gli uomini fanno il loro gioco. Dio fa il suo gioco. E quale è lo spazio della fede? Consiste nel credere che il gioco di Dio intercetti il gioco degli uomini, per usare parole di Padre Francesco Rossi De Gasperis, e riesca ad indirizzare il gioco degli uomini nella direzione che Lui vuole e cioè verso il bene dell'umanità che ama.

Utili per rispondere a queste domande le parole che Giovanni Paolo II fa scrivere in Memoria e identità a pagina 14 ( per Rizzoli Editore). 
Il papa spiega che c'è un limite che Dio pone al male stesso. "Si può dunque dire che la storia dell'uomo è, sin dall'inizio, segnata dal limite che Dio Creatore pone al male".
 Riporto allora il testo del terzo capitolo che reca il titolo: Il limite imposto al male nella storia dell'Europa, dove Giovanni Paolo II da una spiegazione di come Dio ha agito nella storia dell'Europa e quindi anche di quali siano le costanti del suo agire nella storia degli uomini di tutti i tempi, anche quelli delle tragiche ed attuali vicende.

"L'uomo ha a volte l'impressione che il male sia onnipotente, che domini in modo assoluto nel mondo. Esiste secondo Lei, Santità, un limite invalicabile per il male?

Mi è stato dato di fare esperienza personale delle "ideologie del male". E' qualcosa che resta incancellabile nella mia memoria. Prima ci fu il nazismo. Quello che in quegli anni si poté vedere già era una cosa terribile. Ma molti aspetti del nazismo, in quella fase, di fatto rimasero nascosti. La reale dimensione del male che imperversava in Europa non fu percepita da tutti, neppure da quelli tra noi che stavano al centro stesso di quel vortice. Vivevamo sprofondati in una grande eruzione di male e soltanto gradualmente cominciammo a renderci conto della sua reale entità. I responsabili facevano infatti molti sforzi per nascondere i propri misfatti agli occhi del mondo. Sia in nazisti durante la guerra che, più tardi, nell’Est dell’Europa i comunisti, cercavano di occultare all’opinione pubblica ciò che facevano. Per lungo tempo l’occidente non volle credere allo sterminio degli Ebrei. Solo in seguito questo venne pienamente alla luce. Neppure in Polonia si sapeva tutto su quanto i nazisti avevano fatto e facevano ai Polacchi, né su quanto i Sovietici avevano fatto agli ufficiali polacchi a Katin, e le stesse vicende tristissime delle deportazioni erano conosciute solo in parte.

Più tardi, ormai a guerra finita, pensavo tra me: Il Signore Dio ha concesso al nazismo dodici anni di esistenza e dopo dodici anni quel sistema è crollato. Si vede che quello era il limite imposto dalla Divina Provvidenza ad una simile follia. In verità, non era stata soltanto una follia – era stata una “ bestialità”, come scrisse Konstanty Michalski ( Tra l’eroismo e la bestialità – Czestochowa 1984).
Ma di fatto la Divina Provvidenza concesse solo quei dodici anni allo scatenarsi di quel furore bestiale. Se il comunismo è sopravvissuto più a lungo e se ha ancora dinanzi a sé, pensavo allora tra me,  una prospettiva di ulteriore sviluppo, deve esserci un senso in tutto questo.
Nel 1945, al termine della guerra, il comunismo appariva solido e molto pericoloso – decisamente più che nel 1920. Già allora si era avuta la netta sensazione che i comunisti avrebbero conquistato la Polonia e si sarebbero spinti oltre, nell’Europa occidentale, proiettandosi alla conquista del mondo. In realtà non si giunse a tanto. “ Il miracolo della Vistola”, cioè il trionfo di Pilsudski nella battagli contro L’Armata Rossa, ridimensionò le pretese sovietiche. Ma dopo la vittoria sul Nazismo nella seconda guerra mondiale i comunisti si sentirono rinfrancati e si accinsero con sfrontatezza ad impadronirsi del mondo o almeno dell’Europa. All’inizio ciò porto alla ripartizione del continente in sfere di influenza, secondo l’accordo raggiunto nella conferenza di Jalta del febbraio 1945. Tale accordo fu solo apparentemente rispettato dai comunisti, che  di fatto lo violarono in vari modi, innanzitutto con l’invasione ideologica e la propaganda politica non soltanto in Europa, ma anche nelle altre parti del mondo. Per me, allora, fu subito chiaro, che il loro dominio sarebbe durato per un tempo molto più lungo di quello nazista. Quanto lungo? Era difficile prevederlo. Ciò che veniva fatto di pensare era che quel male fosse in qualche modo necessario al mondo e all’uomo. Succede, infatti, che in certe concrete situazioni dell’esistenza umana il male si riveli in qualche misura utile, in quanto crea occasioni per il bene. Non ha forse Johann Wolfganf von Goethe qualificato il diavolo come “ ein  Teil von jener Kraft, / die stets das Bose will und stets das Gute schafft – una parte di quella forza,/ che vuole sempre il male e opera sempre il bene”? San Paolo, per parte sua, ammonisce a questo proposito: “ Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” ( Rm 12,21). In definitiva si arriva così, sotto lo stimolo del male, a porre in essere un bene più grande.
Se qui mi sono soffermato a rilevare il limite imposto al male nella storia dell’Europa, devo ora concludere che tale limite è costituito dal bene – il bene divino e quello umanao che si sono manifestati  nella storia, nell’arco del secolo scorso e di interi millenni. Comunque, non si dimentica facilmente il male di cui si è fatta diretta esperienza. Si può soltanto perdonarlo. E che cosa significa perdonare, se non appellarsi al bene che è più grande di qualunque male? Tale bene, ha il suo fondamento soltanto in Dio. Solo Dio è questo bene. Questo limite posto al male dal Bene divino è entrato a far parte della storia dell’uomo, in particolare della storia dell’Europa, per opera di Cristo. Non è dunque possibile separare Cristo dalla storia dell’uomo. Proprio questo dissi in occasione  della mia prima visita in Polonia, a Varsavia, in Piazza della Vittoria. Affermai allora che non era possible separare Cristo dalla storia della mia nazione. E’ possibile separarlo dalla storia di una qualsiasi altra nazione? E’ possibile separarlo dalla storia dell’Europa? Solo in Lui, di fatto, tutte le nazioni e tutt al’umanità possono “ varcare la soglia della speranza”!"

Si rimane a disposizione per l'immediata rimozione del testo qualora venga richiesto da chiunque degli aventi diritto.

IL CAMMINO DELL'UOMO

IL CAMMINO DELL'UOMO
Marcia francescana 25 luglio - 4 agosto 2003