martedì 30 settembre 2014

Libro - La regola d'oro - Lezione 1 - Cosa resta della mia giornata?

LA REGOLA D'ORO
DIECI SEMPLICISSIME LEZIONI PER VIVERE PIU' FELICI

L'uomo non è un animale solitario. Nessun uomo è un'isola. Dalla filosofia alla sociologia, dalla storia alla pedagogia, le scienze umane concordano nel ritenere che ogni nostro gesto è frutto di una cultura composita con precisi riferimenti spazio temporali da un lato e spirituali dall'altro. Come dire: "Dimmi cosa fai, come lo fai, perché lo fai, con chi lo fai ... e ti dirò chi sei".
Ogni nostra azione - giusta o sbagliata che sia - diventa il filo di un tessuto in cui è tramata la storia. Questo legame, forte e impalpabile, ci impone regole di comportamento per la vita in famiglia, nel mondo del lavoro, nei rapporti con gli amici. Non basta un " rispetto" asettico e sterile, che spesso significa mancanza di impegno, lasciar correre, permissivismo eccessivo, deleghe in bianco, rifiuto d'ogni coinvolgimento...
Meglio una Regola d'oro che ci orienti nella fitta trama del nostro quotidiano, per supere gelosie, competizioni, protagonismi, pregiudizi, conflitti, antagonismi, aggressività... ora con i genitori, ora con la suocera, il collega, il coniuge, l'amico. Cosciente di essere attore e spettatore di quanto accade, senza pretendere di plasmare il prossimo a propria immagine e somiglianza, ognuno può rimanere serenamente se stesso, rispettando - con una giusta dose di humour - la diversità che è negli altri.



1 - COSA RESTA DELLA MIA GIORNATA

Tante persone, nella storia umana, hanno vissuto senza lasciare traccia di sé. Altre, anche se in maniera oscura e sconosciuta, si sono rese protagoniste dello loro piccole e grandi scelte quotidiane.

Alzarsi al mattino e non sapere cosa fare è senz'altro una noia.

La tua storia è bella se sei tu il protagonista.

Solo tu puoi dare un senso e una svolta alla tua vita.

I tuoi propositi, senza impegno e fedeltà, sono fragili e vuoti.

Impara a fare dei buoni programmi, non trascurare l'attimo che passa, perché non torna.

Alla fine della giornata la tua coscienza è lì disposta a parlare con te, e solo lei può darti la più sincera buona notte.


Tratto da: La regola d'oro. 10 semplicissime lezioni per vivere felici. Illustrato da suor Maria Rosa Guerrini. Testi di Giovanni Scalera. Edizioni San Paolo

Si rimane a disposizione dell'immediata rimozione del testo su esplicita richiesta di chi ne avesse diritto.

Piero Pasquini - Funerali - Omelia di don Fabio Pieroni



Nella parrocchia del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo a Roma, il 19 settembre 2014, si sono celebrati i funerali di Piero Pasquini, che ci è diventato molto caro. Un momento difficile e complesso, come sempre in questi casi, ma anche rallegrato e rasserenato da una speranza antica e nuova. Uno strano miscuglio di dolore per la scomparsa di un caro, ma anche una festa, un giorno illuminato dalla speranza di una vita che non muore, di un tempo di gioia che inizia e che non finirà mai.
Questa è la luce che in questa strana giornata si è diffusa a rischiarare i pensieri e il cuore di tutti coloro che si sono trovati a partecipare a questo momento di preghiera.
Riportiamo il testo del vangelo e la trascrizione dell'omelia pronunciata da Don Fabio Pieroni.

Si rimane a disposizione per l'immediata rimozione del testo su richiesta degli aventi diritto.


Luca 7, 11-17
In quel tempo Gesù si recò in una città chiamata Nain con i suoi discepoli e con lui una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato al sepolcro un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “ Non piangere”. Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “ Ragazzo, dico a te, alzati!”. Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “ Un grande profeta è sorto fra noi e Dio ha visitato il suo popolo”. La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e in tutta le regione circostante.

Omelia:

La morte: un fatto che verifica la nostra vita - Abbiamo ascoltato questa lettura e stiamo vivendo un momento forte. Di fronte a questa esperienza della morte tutti noi veniamo in qualche modo traumatizzati, perché veniamo riportati ad una realtà che poi è misura di tutto quello che noi viviamo, di tutto quello che noi facciamo. Perché di fronte alla morte veniamo proprio verificati da qualcosa che cerchiamo di sfuggire, di dimenticare, di rimandare. E allora per tanti di noi oggi è un distacco da un padre, da un fratello, da un amico, tanti altri sono amici di amici.

Il concetto della morte illuminato dalla resurrezione di Gesù Cristo - Per tutti noi comunque è un evento che va illuminato, perché noi possiamo vedere dietro questo evento, una vittoria, un significato alla luce di colui che ha affrontato la morte che è Gesù Cristo, e che ha dato alla morte un segno nuovo che è quello del passaggio, che è quello di un’esperienza che mentre ci arriva, invece di toglierci la vita, pur non volendo, questa morte ci consegna qualcosa nella speranza.

La dimensione della resurrezione - Perché la morte è stata distrutta dalla resurrezione di Gesù Cristo nel senso che gli è stato cambiato il segno. Gli è stato cambiato il pungiglione. Questo pungiglione non ha più in Gesù Cristo quel veleno che toglie la voglia di vivere, ma al contrario ci introduce in un’altra dimensione che è quella della resurrezione di Gesù che è qui presente e che ci vuole dare una parola, su Piero e su quello che oggi stiamo vivendo. E abbiamo ascoltato questo vangelo.

La ricerca di Dio e della verità - Questo vangelo è stato preceduto da una parola di San Giovanni apostolo. Non si è capito quasi niente perché è un testo molto difficile che andrebbe studiato e approfondito con calma. Fatto sta che mentre ascoltavo, mi è rimasta una cosa sola. Lui diceva che c’è qualcuno che cerca Dio. Uno vorrebbe vedere Dio. Dove sta Dio. E uno ha questa pretesa di vedere Dio. Dio è la verità, la cosa più grande, la cosa più vera. E io credo che Piero avesse questo atteggiamento. Mi ricordo che era una persona molto esigente, come mio padre. Praticamente erano quasi coetanei. Mio padre è morto due anni fa. Una persona di grande umanità, ma di grande laicità. Quindi non un religioso naturale. A lui non gliene importava quasi niente delle messe, delle candele, delle preghiere. A lui rimbalzavano. Sai quando, m’arimbalza. Perché mio padre come Piero era una persona che cercava la verità, più vera, più autentica. Mi sembra una giusta pretesa che Gesù non sottovaluta.

L’esperienza concreta del vangelo: una parola che si fa realtà - E allora cosa successe. Io credo che questa ricerca della verità è stata premiata da parte di Dio nei confronti di Piero il quale ha vissuto il vangelo.
Avete visto il vangelo parlava di una città di Israele che si chiama Nain. Dov’è Nain? Nain si trova in Israele, in una pianura. La pianura della fecondità, si chiama la pianura di Esdrelon e sta sotto il monte Tabor dove c’è stata la trasfigurazione. Lì in questo paesetto passa il corteo funebre. Ci sono i pianti e c’è il bambino morto. Un ragazzo. Mentre questa donna piange Gesù ebbe compassione. Si ferma il feretro e dice: “ Ragazzo alzati!”, poi questo si alza sul serio, resuscita, comincia a parlare e lui lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “ Un grande profeta è sorto fra noi! Dio ha visitato il suo popolo”. Ecco qua quello che un certo giorno Piero ha cominciato a dire. “Dio mi sa che c’è sul serio!”.

Una persona che cerca la verità è permeabile all’azione di Dio. Questa azione lo ha fecondato, lo ha umanizzato. L’ultima volta io l’ho visto alla festa della parrocchia e mi disse qualcosa di simile a quello che mi disse mio padre. Mio padre era un grande professionista che voleva che io continuassi a vivere con lui nella sua azienda e si rammaricava che io fossi addirittura diventato prete, mi fossi rovinato così. Avevamo e facevamo un sacco di cose gagliarde. Prete. Di tutte le cose, prete. Mio padre è stato tre anni a ripensarci, ma negli ultimi tempi mio padre mi disse: “ Lo sai che io ti invidio, che vivi una vita bellissima!”.
Io credo che la stessa cosa ha cominciato a dire Piero di Luca. Abbiamo letto il vangelo secondo Luca. Chi è il morto che poi viene resuscitato. Io penso che era proprio Luca. Io sono sicuro che dentro tante anche situazioni di conflitto che ci sono tra padre e figlio, figlio e padre c’è sempre una sfida e anche una ricerca della verità.

Aver riconosciuto la visita del grande profeta - E il fatto che Luca è venuto nella nostra parrocchia morto, non fisicamente, ma quasi. Moribondo. Per tanti problemi che nascono proprio dal fatto che uno perde sua madre che è la chiesa. Lo restituì a sua madre, dice il vangelo. Il fatto che durante questo tempo anche lungo, adesso sono una decina d’anni che Luca frequenta la nostra parrocchia Luca è sbocciato, si è laureato, si è sposato, è maturato, e diventato padre, una cosa grandissima, ha suscitato nel padre questa considerazione: “ Ma che ti sei dopato?”. Come mai. Questo lo ha rallegrato profondamente. In questo senso noi possiamo celebrare un funerale cristiano di una persona molto laica che però ha riconosciuto Cristo. Come diceva il vangelo: un grande profeta è sorto fra noi. Dio ha visitato la mia vita, mio figlio, la mia realtà. Non si è stancato di me. Non mi ha maledetto. Non mi ha sottovalutato. Non ha tradito le mie aspettative. Ora, lo diceva anche un personaggio molto importante del vangelo di Luca, “ Ora lascia che il tuo servo vada in pace secondo la tua Parola” ( cfr Luca 2, 29). Posso pure morire “perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza. Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” ( cfr Luca 2, 30-32).

Quanto è grande il tuo amore - Certo la morte è sempre una cosa alla quale si ribella, però ci sono tante cose che ci preparano, che ci facilitano e che ci introducono in una pienezza della quale questi fiori sono segno. Sono segno di quella terra in cui tante cose saranno chiare. In cui ci accorgeremo che tante manchevolezze sono state colmate da tanti fratelli che ci hanno amati. In cui potremmo dire: “ O Signore, nostro Dio quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!” ( Salmo 8). Abbiamo cantato questo. In primo luogo oggi questo lo dice Piero. O Signore nostro Dio quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.
La vita nostra vista alla luce della parola di Dio, al di là di questa vicenda storica. “Che cosa è l’uomo perché te ne curi, il figlio dell’uomo perché te ne dia pensiero” ( Salmo 8). Ma tu lo hai fatto poco meno degli angeli. Di gloria e di onore mi hai coronato ( cfr. salmo 8). Come mai tutta questa misericordia? Come mai tutta questa attenzione? Come mai tutta questa grazia che hai riversato su di me, anche nei riguardi di mio figlio, e anche tramite tanti amici? Qui c’è anche il vescovo, Mons. Dieci che è suo amico. Quante amicizie. Quanto aiuto da alcuni fratelli come anche Mons. Dieci ha dato a Piero.

Fare memoria del significato del funerale di Piero - Tutto questo oggi dobbiamo raccoglierlo e coniugarlo con la nostra esistenza che tante volte è così distratta, superficiale, perché nessuno ci aiuta a ragionare. A ragionare attraverso la parola di Dio che illumina questi eventi che ci passano addosso così, come pioggia che passa sopra un impermeabile. Adesso usciamo di qua, andiamo a cercare la macchina da qualche parte in questo quartiere pazzesco, difficilissimo, e ti dimentichi di tutto: “Come si chiamava? Che cosa abbiamo fatto?” No. Alcune cose le dobbiamo difendere. Alcuni eventi dobbiamo ricordarli. “Che fai, ti ricordi un funerale?” Si, meglio ricordarcelo. Ricordarsi la parola di vittoria che Cristo ha pronunciato in un evento che ci sembra banale, che ci sembra inaspettata. Questo evento non è così tragico, dove c’è questo giudizio in cui c’è il Cristo da rappresentare come nel Giudizio universale di Michelangelo dove appare arrabbiato. È un’iconografia sbagliata. Cristo non è così. Non è quello Dio.

Ripartire dal fare qualcosa di bello in Dio - Ringraziamo Dio che siamo qua. In questa situazione complessa, dolorosa, che però ha il potere di offrirci quel collirio che deve lavare i nostri occhi perché possiamo ripartire. Perché ci possiamo sbrigare a fare qualcosa verso Dio. Ti devi sbrigare. Quando una persona comprende che si deve sbrigare a fare le cose belle significa che ha una virtù che si chiama il timor di Dio. Il timore di Dio è. “Mi devo sbrigare a fare qualcosa di bello! Sto perdendo tempo. Mi sono fissata su mia nuora. Mi sono smontata per quella offesa. Mi sono demoralizzato per quell’obiettivo fallito”. Ma ce ne stanno tanti altri che dobbiamo cercare in Dio!

Continuare vivere nel canto - Io invito adesso, a partire da Elena e da Luca, a vivere questo momento in cui celebriamo questo segno dell’Eucarestia che è un segno di fedeltà perché Dio è il primo che ci ha voluti vivi. “ O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra” ( Salmo 8). Lui ci ha creati per amore. Non è che il suo sguardo si distoglie perché noi abbiamo detto una parolaccia. Ringraziamolo. Il Dio, quello sbagliato, mettiamolo alla porta. Io quest’anno ho fatto un pellegrinaggio in cui ho detto: “ Dobbiamo fare un atto di ripudio del Dio falso!”. Noi siamo oppressi a volte da un Dio falso, che fa sempre tutto difficile. Oggi Cristo è qua. Io credo che appunto Piero in questa visione di Dio si possa riposare, rallegrare e cantare questo salmo del quale abbiamo ascoltato la versione cantata, ma che potremmo riprendere. E’ il salmo 8. Trovatelo, se uno non ha la Bibbia se la compra. 

Francesco Rossi de Gasperis - Il mistero del settimo giorno

Il settimo giorno è benedetto e consacrato da Dio, perché in esso egli ha cessato dal suo lavoro ( più tardi il settimo giorno si chiamerà " Sabato" ( SHaBaTH)....

Lo 'Adam ( l'opera del sesto giorno)- e con lui e mediante lui, tutta la creazione ( le opere dei primi cinque giorni)- sono chiamati a entrare nel Settimo Giorno- Riposo di Dio...

Il settimo Giorno è l'unico giorno in cui lo 'Adam, e il creato con lui e per mezzo suo, fa la stessa cosa che Dio fa: riposa, cessa shabath. Esso è il sacramento di Dio eretto nel tempo dell'uomo e della donna; il memoriale del senso della creazione e della libertà umana; il luogo dell'ospitalità e dello Shalom che Dio offre alla totalità della sua opera; la Sposa e la Regina ( lo Shabath femminile) a cui Israele va incontro cantando: Lekha dodì libra 'at kallah, Pne Shabbathj nqabla (" Vieni, o mio amato, incrontro alla sposa; andiamo incontro al Sabato")...

Ciò significa che il Sabato è stato creato per gli esseri umani come una corona del loro divenire immagine di Dio:

" Esso è sovranità dell'uomo, capace di sottrarsi alla successione, alle necessità e all'ingranaggio delle cose" ( E. Lévinas, Dal Sacro al Santo, pp. 98-99)

Riposare - potremmo dire "sabatizzare"- per lo ' Adam biblico non è un far niente, come la cosa suona alle orecchie consumistiche del faraone ( Esodo 5, 5.8. 17-18), bensì fare ciò che fa Dio,  come egli lo fa; operare come egli opera, partecipare all'essere pieno di libertà e di comunione nella compiacenza e nella benevolenza, che è proprio di Dio solo. Il Sabato è le milieu divein della creazione, e soprattutto dell'uomo e della donna. Qui si trova la chiave per comprendere il comportamento autorivelatore, e non certo abolizionista né irrispettosamente contestatario, di Gesù nei confronti del Sabato. Come il giorno che precede lo Shabbath è una parasceve ( preparazione) all'incontro con la Sposa,  così la nostra vita presente è tutta una parasceve al Savato più vero e definitivo.
Agostino mostra bene come il dies dominicus della liturgia cristiana, lungi dal costituire una banale ed empia aboliione del Sabato biblico ed ebraico, ne rappresenti il compimento di significato. Primo Giorno dopo il Sabato ( Mt 28,1) esso non dà inizio ad un'altra settimana di parasceve, ma segna il Principio, l'alba di un Giorno nuovo, primo e ultimo, Giorno Ottavo ed terno ( cfr. Gv 20,26).
Di questo giorno nuovo il Signore Gesù, il Messia risorto, la radice della stirpe di David, il figlio di Iesse, il betlemmita, è la stessa radiosa del mattino ( Ap 22, 16); il sole che non conosce tramonto ( At 26,13).

Agostino, concludendo una delle sue opere maggiori, ha espresso tutto questo in modo sublime:
"... Anche noi saremo il settimo giorno, quando saremo ripieni e sazi della sua benedizione e della sua santificazione. Lì, riposati,  vedremo che egli è Dio.
sapremo tutto questo perfettamente, quando ci riposeremo perfettamente, e perfettamente vedremo che egli é Dio...
... Lì riposeremo e vedremo, vedremo e ameremo, ameremo e loderemo. Ecco quel che sarà alla fine senza fine. Infatti, quale altro è il nostro fine, se non giungere al regno che non ha fine?" ( La città di Dio, XXII, 30.1.4.5)


Tratto da Francesco Rossi de Gasperis, Sentieri di Vita, Principio e Fondamento e Prima settimana,  Paoline - Pag. 106-108

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martedì 2 settembre 2014

Ernesto Olivero - Per una chiesa scalza - Esempio di intuizioni



Testo tratto dal libro di Ernesto Olivero – Per una chiesa scalza, da capitolo intitolato Il Sermig è nato di notte, in cui l’autore spiega come dopo 15 anni di attività si è trovato a dover prendere una decisione di fronte a se stesso e a Dio sul continuare o meno questa avventura.
Spiega i pensieri e le considerazioni fatte.
La strategia scelta.
Si intuiscono i criteri guida delle sue scelte che restano fondate sulla fede in Dio e sull'amore per la sua Parola, la Scrittura.
Queste righe sono un esempio semplice di come la sapienza della Parola può trasformarsi in scelte concrete di vita ed illuminare il senso del cammino di una persona. Una pagina utile per chi di noi si trova, come tante volte la vita richiede, a dover scegliere cosa fare e come farlo.


“Mi pare di poter dire che il Sermig sia partito veramente quella notte, quel venerdì 13 aprile. Dopo 15 anni di attività di riunioni e di incontri fatti insieme, mi rendevo conto che quella sera dovevo decidere: Ernesto ci stai o non ci stai? Lo fondi o lo lasci? Si o no?
… Ebbi una visione, in prospettiva, di cosa mi sarebbe potuto capitare…
Nella mia mente feci un ragionamento: “ Ernesto – mi dissi – le cose vanno diversamente da come pensavi”. Eppure io lo pensavo già il Sermig, volevo abbattere la fame nel mondo. Ma quella sera, quella volta mi fu tutto più chiaro. “ Se accetti di continuare questa storia, anzi di iniziarla finalmente, devi cambiare carattere, devi spegnere il Vesuvio che c’è in te. Poi ci vorranno un sacco di soldi che non abbiamo. Da chi li vuoi? Dai politici, da imprenditori, ammesso che te li diano?”. Lasciai che l’istinto parlasse:” Da loro non voglio niente. Se vogliono portare delle offerte li ringrazierò, ma sono convinto che se sto costruendo un’opera di Dio, se da questa sera nasce veramente un’opera di Dio, la gente se ne accorgerà e mi aiuterà”.
Le opere di Dio, la gente, credente o non credente, le riconosce.
Poi, un altro pensiero venne incontro:” Tu vuoi diventare una persona o un personaggio? Lo sai che anche facendo del bene ci si può montare la testa”.
Da un po’ di anni tenevo la Bibbia sempre con me. C’era un personaggio della Scrittura, che mi inquietava. Alla faccia della sapienza di Salomone! Le storie si giudicano alla fine. Lui si era sentito dire da Dio in persona che avrebbe avuto il dono della saggezza e sarebbe stato il più grande di tutti, alla fine si montò la testa.
Decisi con coscienza e lucidità di mente di fondare il Sermig.
Con coscienza decisi di cambiare il mio carattere, da impulsivo a meditativo, silenzioso. Con consapevolezza decisi di trovare un metodo infallibile per non montarmi la testa. E credo che quella notte, mentre tornavo a casa con la mia Mini – la guidavo quasi ballando per la contentezza – decisi di darmi un decalogo in cinque punti.
Primo: pregare molte ore al giorno, perché quando preghi non dici stupidaggini.
Secondo: non prendere mai una decisione senza che un uomo, una donna di Dio ti dicano dei sì o dei no. È Dio che conta, non l’io.
Terzo: farsi dominare dai giovani che crescono nella fedeltà a Dio, dare loro responsabilità anche superiori alle mie.
Quarto: non essere abbinato a nessun partito politico. Chiedere alla politica profezia, miracoli, ma non favori di cui potrei vergognarmi.
Quinto: pubblicare sempre i bilanci, per essere inattaccabile.

Quella sera, anzi quella notte, anzi quel 13 aprile divenuto ormai 14 aprile, mattino presto decisi di dire sì al Signore, di affidarmi a Lui. Non mi sono mai pentito. Ho pianto tante volte, ho conosciuto la disperazione tante volte, il tradimento di alcuni che consideravo amici. Il dolore mi ha fatto solo piangere, ma non mi ha catturato. Non mi ha impedito di abbandonarmi veramente a Dio e l’io tante volte sono riuscito a metterlo a tacere. Quella notte fondare il Sermig, anzi lasciai fare a Dio e promisi da quella sera, da quel mattino, di non rovinare troppo quell’avventura di Dio.


Il testo è tratto dal libro Per una chiesa scalza – Ernesto Olivero. Priuli & Verluca Pag. 41-42. 
Si rimane a disposizione per l'immediata rimozione del testo qualora qualcuno degli aventi diritto ne facesse richiesta.

IL CAMMINO DELL'UOMO

IL CAMMINO DELL'UOMO
Marcia francescana 25 luglio - 4 agosto 2003