sabato 29 febbraio 2020

Matteo 4,1-11 - Ricordiamo la paternità di Dio su di noi e affrontiamo le tentazioni - Commento al Vangelo di don Fabio Rosini


Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo. Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti e i titoli dei paragrafi in grigio sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Matteo 4, 1-11

Entriamo nella Quaresima con il dono del testo delle tre tentazioni secondo Matteo. Siamo preparati in questo testo dell’anno liturgico A, il primo dei tre, dal racconto del peccato primordiale, dalla caduta inziale. Questa caduta, narrata nella prima lettura, è la pista su cui dobbiamo lavorare, perché appunto parleremo di tentazione e vediamo il primo combattimento esplicito di Cristo contro il maligno che è quello appunto che compare nel capitolo 4 del vangelo di Matteo.

Una tentazione sul cibo, ma riguardante l’invidia, la superbia, l’affermazione dell’ego - 
La prima tentazione riguarda un cibo. La prima tentazione di Cristo riguarderà il cibo. Possiamo vedere che il cibo viene proposto come strumento di autoaffermazione nel racconto di Genesi 3. Cioè mangiare dell’albero del giardino per emanciparsi e diventare indipendenti da Dio e ansi simili a lui, cioè diventare come lui, suoi antagonisti, rivali. Il tema dell’invidia è latente, per cui si parte dal tema della gola, della voglia di mangiare una cosa che non si potrebbe mangiare, ma il problema vero è l’invidia, il problema vero è la superbia, l’affermazione dell’ego e il superamento di qualcun altro. 


La prima tentazione: affermare la propria supremazia rispetto alle cose - 
Ecco che infatti, nella prima tentazione, una parte di questa antica primordiale trappola del serpente viene esplicitata dal diavolo che dice a Gesù: “Se sei figlio di Dio di che queste pietre diventino pane”. Se sei uguale a Dio, se sei della stessa caratura, dello stesso livello. E lo invita ad esplicitare la sua figliolanza divina per mezzo della violazione della natura delle cose. Cioè, il pane è il pane, le pietre sono le pietre. Chi non coglie la differenza, meglio che non inviti a pranzo nessuno potrebbe fare qualche macello. E no. Le pietre son pietre. Le cose sono quelle che sono. La tentazione è affermare la propria supremazia rispetto alla cose. 
Cioè? Gesù viene da un digiuno sterminato, pazzesco e quindi ha tanta fame ed è interessante, la tentazione non viene quando uno è forte, viene quando uno è debole, viene nel momento della fragilità. Viene nel momento in cui guardi una pietra e hai talmente tanta fame che inizi a dire: “ Ma non è che niente niente è una pagnotta quella?”. Ecco, uno inizia a confondersi sulle cose e a leggerle secondo il proprio appetito, secondo la propria voglia, secondo il proprio bisogno e non per quello che sono. Il punto è che questo dovrebbe essere un tema di autoaffermazione ancora una volta.

La risposta di Gesù: io non vivo perché prendo delle iniziative -
Cristo risponde rovesciando la prospettiva. Io non vivo perché prendo delle iniziative, ma perché il Padre mi nutre, non vivo perché mi affermo, ma perché il Padre è buono. Se sono figlio di Dio lo sono perché Dio è mio padre non perché io sono allo stesso livello e mi autoaffermo e mi sottolineo. 


La seconda tentazione: comandare sulla realtà e riuscire a provocare una manifestazione di Dio - 
 E questo è tutto il tema che poi viene proseguito dalla storia del lancio dai pinnacoli del tempio per poter fare una cosa spettacolare e quindi avere questa grande idea di riuscire a provocare questa manifestazione di Dio perché infatti, se sei figlio di Dio, comandi sulla realtà e le cose ti obbediscono. Cioè tu batti il ritmo a Dio. Tu gli sta schioccando le dita e lui deve manifestarsi. E’ un tema ancora una volta di autoaffermazione, in primis, secondo la logica, nella prima tentazione, degli appetiti, qui è secondo la logica dei progetti, cioè delle idee, delle cose che uno pensa di poter fare, le ideone, che uno pensa di dover perseguire per risolvere le cose che non gli piacciono della vita. Ecco.

Gesù risponde anche questa volta: viene prima Dio - 
Il problema è che ancora una volta Gesù risponderà: no, viene prima Dio. Non sono che parto, non sono il che lo saggio, non sono io che prendo, perché io sono figlio e Dio è Padre. Allora io so che il vero punto per vivere è fidarmi di lui e non tirargli la giacchetta. Non costringerlo a manifestarsi. 
Ed ecco che ancora il tema non è tanto se mi affermo io, quanto se mi ricordo chi è Dio. Io vinco la tentazione dell’autoaffermazione attraverso la memoria della bella affermazione di chi Dio è. Dio è mio padre, mi vuole bene, mi fido di lui.

La terza tentazione: per affermare te stesso dei piegarti al potere e distruggere la tua dignità - 
E ancora una volta questa tentazione di autoaffermazione viene sottolineata dall’offerta del potere e del possesso. Però questa volta deve essere più esplicito il diavolo perché di fatto si sa che il potere chiede compromessi per sua propria natura. Chiunque ha potere ha fatto compromessi, a meno che non sia il potere di Dio, che è l’unico potere che esiste in questo mondo e sopra questo mondo. Ti darò il potere, la gloria del mondo, però ti devi sottomettere al potere. Ti devi gettare ai miei piedi. Ti devi prostrare. Devi scendere a compromessi con me. Ti devi piegare a me. E questo è ancor più manifesto come inganno: per affermare te stesso, in fondo devi distruggere la tua dignità. Devi scendere per l’appunto a compromessi. Devi fare qualche cosa che infetta l’origine del tuo potere, perché infatti sarà una questione di favori. Una volta che ti sei piegato a me, poi ti comando io. Chiunque ha potere su questa terra è schiavo di qualcun altro, sempre. Sempre. In ogni caso. Fosse anche il più grande potente di questa terra, è schiavo di qualcun altro, perlomeno della menzogna e del male.

Gesù vince la terza tentazione credendo che è il Padre l’unico del quale si può fidare - 
E ancora una volta la tentazione Cristo la vince tornando a Dio. Cioè dicendo: ma mi posso piegare a qualcun altro che non è il padre? E’ lui l’unico di cui mi fido, lui l’unico che mi alimenta, lui quello a cui mi piegherò, lui solo adorerò. A lui solo renderò culto. E’ interessante che Dio si adora. E il termine greco soggiacente indica si l’atto dell’adorazione, però implica il baciare, portare alla bocca, adorare, ma anche proprio viene usato il termine greco del bacio. A lui solo renderò culto, la mia sarà una liturgia, io avrò una relazione bella, liturgica con Dio. Non mi piegherò come ad un capo mafioso, mi devo prostrare gettandomi ai tuoi piedi, è interessante. Ti devo schiacciare. Ti devi sottomettere per avere il potere. Ecco.

Combattere con il digiuno, la preghiera e l’elemosina per tornare a vivere consapevolmente la paternità di Dio su di noi - 
Noi tutti quanti entriamo nella Quaresima sapendo che dobbiamo combattere con il digiuno contro l’assolutizzazione dei nostri appetiti, con la preghiera contro l’assolutizzazione dei nostri progetti e con l’elemosina contro l’assolutizzazione dei possessi. Perché? Per tornare a Dio perché è di questo che abbiamo bisogno. Perché è questa la conversione. Perché la conversione è ri-direzionare il cuore per grazia, per l’opera dello Spirito Santo in noi, e questa opera è la memoria della paternità di Dio, a cui tutto ricondurre. Riportare a lui il nostro appetito. E’ lui che ci saprà saziare. Riportare a lui i nostri progetti perché Lui ne ha di migliori. A lui solo piegarci, perché lui solo si merita il nostro culto e la nostra adorazione.

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venerdì 28 febbraio 2020

Jacques Fontaine - La Bibbia nella sua terra - Introduzione

Il testo è tratto dal libro:
Jacques Fontaine, La bibbia nella sua terra.
Metodo per leggere la Parola di Dio in Terra Santa.
2010. Edizioni messaggero Padova, Pag. 16-17
Si rimane a disposizione degli aventi diritti per l'immediata rimozione del testo. 

Introduzione

Uno tra i più grandi dottori della chiesa romana, sant'Agostino, riassumeva il messaggio biblico, che aveva meditato durante tutta la sua vita, con questa semplice frase:

Due amori hanno edificato due città: l'amore di sé fino al disprezzo di Dio, la città terrestre; l'amore di Dio fino al disprezzo di sé, la città di Dio ( La città di Dio, libro 14, cap. 28)

Ci furono degli uomini che per anni provarono invano a interessarsi alla Bibbia e per i quali questa semplice frase fu il punto di partenza di una scoperta folgorante.
L'avventura umana è un viaggio dalla città terrestre alla città di Dio. La Bibbia è la mappa che Dio ci dà per portare a buon fine questa avventura. Una mappa vivente, che si delinea, sempre più dettagliatamente, sotto ai nostri occhi mano a mano che la nostra lettura progredisce. Uomini di carne e sangue, come noi, che sono a noi stranamente contemporanei nonostante lo scarto di tempo, uno dopo l'altro di mettono in cammino per rispondere all'appello di Dio ( Ebrei 11.) Guidati da un Dio più geloso di loro di una libertà che egli stesso ha creato, questi uomini, a forza di esperienze, per tutta l'umanità, hanno tracciato le strade che portano alla città di Dio.
Queste strade, lo scopriremo in seguito, sono quelle stesse sulle quali tutti noi stiamo attualmente avanzando faticosamente tra le due città. La loro frontiera passa in mezzo al nostro cuore.
Dio non cambia. Neppure i suoi metodi. Egli guida ciascuno di noi come nel corso della storia ha guidato il suo popolo: le leggi della sua pedagogia, come appaiono nella meditazione della Bibbia, sono quelle che presiedono sempre al nostro dialogo con lui.
Quando si fa una lettura continuata della Bibbia nella sua forma attuale - il che non è un cattivo metodo per un primo contatto -  si vede realmente delinearsi una mappa che dalla Genesi al Nuovo Testamento, acquisisce progressivamente la sua definitiva configurazione. Quasi come si può vedere su uno schermo; grazie a determinati procedimenti tecnici, si forma una mappa per successive aggiunte di elementi che la costituiscono: monti e valli, colline e fiumi... curve di livello sempre più precise... fino alla precisione di una carta militare.

giovedì 13 febbraio 2020

Vittorio Bachelet - Formare alla responsabilità, coraggio, saggezza, giustizia, prudenza


“È necessario formare i giovani alla responsabilità, alla saggezza, al coraggio e, naturalmente, alla giustizia in particolare dovrà coltivarsi nei giovani la virtù della prudenza […]. 
È la prudenza che aiuta ad evitare di confondere l’essenziale e il rinunciabile, il desiderabile e il possibile; che si muove secondo la scala gerarchica dei valori, in relazione alle concrete esigenze storiche; che suggerisce volta a volta il coraggio più audace o la doverosa cautela; aiuta a valutare i dati di fatto in cui l’azione deve svolgersi, e consente il realismo più efficace nella coerenza ai valori ideali; che, nell’adeguare i mezzi al fine da raggiungere, eviterà ogni facile mimesi di mezzi che altri usino per il raggiungimento di altri fini; che fa comprendere la necessaria gradualità di ogni miglioramento e di ogni rinnovamento della comunità politica, che richiedono – per essere efficaci e duraturi – la dovuta maturazione” 

estratto di “Persona e bene comune nello Stato contemporaneo. 
Atti della XXXVI Settimana sociale dei Cattolici italiani” 
Pescara, 30 maggio-4 giugno 1964, Roma, 1965

Edoardo Falcone - Se Dio vuole



Una miccia che scatena la risoluzione di una famiglia. Recuperare il perduto.

Il link per vedere un estratto della conferenza stampa



Francesco De Gregori - Cose


COSE

È come il giorno che cammina, come la notte che si avvicina, come due occhi che stanno a guardare, da dietro una tenda e non si fanno notare. È come un albero nel deserto, come un trucco non ancora scoperto, come una cosa che era meglio non fare, come il cadavere di una stella, sulla schiuma del mare. È fulmine, è grandine, è polvere, è siccità, acqua che rompe l'argine e lascia una riga nera, al primo piano della città. C'è qualcuno che bussa, baby, aspettavi qualcuno? Hai guardato di fuori, baby? E non ho visto nessuno. C'è qualcuno che bussa, baby, e muove la coda, c'è qualcosa che passa in questa stanza vuota. Come una sagoma sul pavimento, come sabbia sotto il cemento, come una magra malattia, come il passato, in una fotografia. Come una terra che diventa straniera, come un mattino che diventa sera, sera di un giorno di festa, che diventa tempesta. Come un lungo saluto, come un sorriso che dura un minuto, come uno squarcio buttato al futuro, come un'occhiata, al di là del muro. È venuto qualcuno, baby, che non si è presentato. È venuto lo stesso, baby, ma non era invitato. È venuto qualcuno, baby, che ci guarda e sta zitto, e c'è qualcosa che cambia sotto questo soffitto. È come un giorno che cammina, anzi è come la notte che si trascina, come una nuvola sulla coscienza, come l'apocalisse, in un racconto di fantascienza. Come dal nocciolo di un'esplosione, come dal chiuso di una nazione, come dal coro di una cattedrale o dalla tana di un animale. Come dal buco di una chiave, come dal ponte di un'astronave, come io e te che stiamo a guardare tutte queste cose, passare. C'è qualcuno che bussa, baby, aspettavi qualcuno? Ho guardato nel buio, baby, e non ho visto nessuno. Troppe volte zero, baby, non vuol dire uno, c'è qualcosa che brucia in tutto questo fumo.

lunedì 3 febbraio 2020

Luca 2, 22-40 - Compare il Messia e porta pienezza, luce, forza, vita - Omelia di don Fabio Pieroni

Il testo risulta dalla trascrizione dell'omelia di don Fabio Pieroni presso la parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle. I neretti sono stati aggiunti con il solo scopo di paragrafare il testo. Il testo non è stato rivisto dall'autore. Si resta a disposizione per l'immediata rimozione del testo qualora richiesto dagli aventi diritto. 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore- come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. 

Omelia di don Fabio Pieroni
La presentazione del Signore al tempio. Vi faccio vedere che noi non sappiamo nulla, forse perché il tipo di catechesi che abbiamo ricevuto è stata sempre insufficiente. 

La legge imponeva la purificazione della donna e del bambino e il riscatto del primogenito - 
Maria ha dato alla luce il suo primogenito a Betlemme e passati otto giorni va a Gerusalemme. Gerusalemme sta vicinissimo a Betlemme, sono massimo cinque kilometri.
Quindi prima che arrivino i magi, loro portano questo bambino al tempio. C’è un solo tempio in Israele, il tempio di Gerusalemme. Perché lo portano lì? Perché secondo la legge del Signore bisogna fare due cose: purificare la donna e il bambino dopo il parto e poi bisogna riscattare il primogenito. Perché ogni primogenito è di Dio e quindi io devo sacrificare due colombe se sono un poveraccio, oppure un agnello se ho i soldi, oppure un bue se sono ricco. Maria e Giuseppe non hanno niente, sono poveracci.  Sono lì pronti per fare questo atto. Un animale viene dato in olocausto, cioè bruciato, il sangue dell’altro invece deve toccare le pietre del tempio. Queste sono delle leggi  che all’epoca erano normali. Tipo: vado a fare il battesimo. Noi sappiamo che qualcosa succede e anche Maria e Giuseppe portavano questo loro bambino Gesù.

La storia di Simeone –
Ad un certo punto, mentre stavano per avvicinarsi al sacerdote, come se fosse il parroco, don Fabio, arriva Gaspare, il nostro parrocchiano. Conoscete Gaspare? Gaspare ha circa duecento anni, circola per la parrocchia, sa tutto di tutto. E’ un laico, uno qualunque, che tu lo prendi per strada e dici: ma che è questo vecchietto? Non serve a niente.  Simeone era uguale, aveva circa ottanta anni. E’ importante sapere che avesse ottanta anni, perché Gesù aveva pochi giorni.
Quindi Simeone, quando aveva circa sessanta anni, aveva visto tornare Israele dall’esilio e il tempio non c’era. Perché si è iniziato a costruire il tempio venti anni prima di Cristo. Era un rudere e poi la sua costruzione si completerà nel sessantasette dopo Cristo, dopo che Gesù è morto ed è risorto. Quando Simeone aveva ricominciato a gironzolare per l’area del tempio non c’era niente, era tutto sfasciato. Nel momento in cui è ambientato questo vangelo erano venti anni che ci si lavorava, ma già qualcosa si vedeva. Eppure vi era un andirivieni, una provvisorietà, poi litigavano fra i sommi sacerdoti, poi i cardinali, i vescovi, un casino, un macello. Però Simeone non mollava, stava lì. Anche se perdeva i colpi. 

Simeone prende Gesù dalle braccia di Maria -
Mentre  Maria e Giuseppe stavano portando lì Gesù, Samuele vede questo bambino e lo prende dalle braccia di Maria. Lo acchiappa. Non è stata Maria a portarglielo. E lui se lo prende.
Glielo prende, lo alza e dice: “Luce dei miei occhi. Meno male. Per questo non ho vissuto invano. Non ho sperato invano che cioè che tutta questa religione che sta crollando, che è inutile, che è ridicola, che è addirittura maledetta questa religione, perché non fa altro che creare casini, conflitti, delusioni. Ma sei arrivato tu. Tu sei il Messia, sei la Gloria di Israele, la luce delle genti. Maria guarda questo bambino sta qui perché siano svelati i pensieri di molti cuori. Egli è qui per la morte e la Resurrezione di molti in Israele. E anche a te una spada ti trafiggerà l’anima”. E glielo restituisce. 

Il vangelo ricorda e decide di raccontare di questo intervento di Simeone - 
Che sta succedendo? Questi sono alcuni dati importanti che se io non ve li sottolineo, voi non li potete capire, non li potete notare. Perché appunto Simeone è uno qualunque. Ecco appunto come Gaspare che prende il bambino e uno potrebbe pensare: “Come si permette di dire queste cose? Dove stanno scritte le cose che sta dicendo, questo è un pazzo!” Invece il vangelo scrive queste cose.

Questo vangelo è per chi si sente in perdita, ma sta aspettando con speranza- 
Primo punto. Questo vangelo è per tutte le persone che si sentono questa mattina dei catorci. Ti senti un catorcio, una rovina. Però vieni qua a messa. “Chissà se mi può accadere qualcosa? Mi sento così invecchiato, così in perdita con tutto: con la speranza, con la religione. E poi ti dicono che il Papa così, il Papa colà, il prete così, il prete colà, ma andate tutti a quel paese, ma chi se ne importa di tutto questo macello!”. Possono venire in mente queste cose. Ma uno vede una persona, una persona speciale perché in lui brilla qualcosa di straordinario, qualcosa che viene da Dio. Le cose che vengono da Dio, ti danno la vita, ti ringiovaniscono. Le cose che vengono da Dio, molto spesso non hanno l’etichetta “Viene da Dio!”. Le cose che vengono da Dio spesso non è un prete tutto preciso, con la tiara, con tutti gli anelli. Spesso non è così. Spesso appare un poveraccio, un piccolo dettaglio in cui c’è il Messia, in cui c’è una parola di conforto, di conferma, di sostegno. In cui tu ti senti edificato, ti senti rinascere. Spesso avviene così. Quindi questa speranza che ha Simeone, che significa “ Dio Ascolta” il grido di un poveraccio che aveva una speranza. 

Anche Anna è in attesa – 
Anche Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser, che aveva ottantaquattro anni e che non lasciava mai il tempio, che non si allontanava mai dal tempio, stava sempre a dire rosari, rosari, rosari, si rallegra. Capite? Perché stavano aspettando e questa loro attesa non è stata inutile.

Se appare la luce del Messia, appare la vita, la fiducia, la pienezza, la forza - 
Ecco quindi spero che per quelli che state qua che avete il conto in rosso, che avete il bilancio in passivo, che avete un senso di delusione, di sofferenza, se appare per un secondo il Messia, tu ti dimentichi tutto, tu vivi finalmente. Torni a vivere. Ti arriva una parola del Vangelo, ti senti compreso, ti senti che Dio sta dalla tua parte. Questa piccola luce illumina il tuo cuore e ti fa diventare come un giovanotto, come Simeone, che prende questo ragazzino lo alza, si rallegra, fa una cosa che è anche antipatica, ma non gliene frega niente.

Il vangelo decide di raccontare questo incontro- 
E il Vangelo scrive questo, avrebbe potuto non farlo. Perché capite che qui viene contestata tutta la religione ufficiale dal Vangelo. Si sta dicendo qui che la religione ebraica dell’epoca era fuorviante. Possibile che anche la nostra religione, la nostra liturgia si è fatta troppo formalmente ed invece di veicolare l’incontro con il Messia, con la vita vera, anche se uno fa tutti i precetti precisi viene consegnato alla morte.  Quindi c’è tanto altro da dire oltre quello che sto dicendo adesso. 

Anche a noi può capitare quanto accaduto a Simeone e ad Anna - 
Però io penso e spero che qualcuno di voi che qui oggi si trova come Simeone e Anna, avvertano una nuova giovinezza. Anche se sei giovane, sei distrutta, distrutto e arriva questa luce. Luce delle genti, gloria di Israele.
Questo è un primo bellissimo punto che ci dice questa festa.

Ogni dono deve essere interpretato nella giusta maniera e gestito secondo la finalità per la quale è stato pensato da Dio - 
Un secondo punto è questo. Che quando questo Simeone prende questo Gesù fra le mani, questo dono. Questo dono deve essere interpretato nella giusta maniera. Perché un dono uno lo può autogestire. Tanti doni possiamo avere: il fatto che esistiamo, il fatto che siamo dei catechisti, il fatto che sei un genitore, il fatto che hai un lavoro. Questo dono che tu hai lo puoi autogestire. Sbagli. Ci deve essere qualcuno che innanzitutto ti dice: “E’ bello che tu ci sia! E’ importante che tu faccia e sia quello che sei, perché sei un dono, non sei un errore, non sei uno qualunque!”. Simeone dice questo e non lo dice solamente a Gesù, o meglio, lo dice a Gesù perché questo valga anche per me. Vale anche quando noi prendiamo il pane e il calice e lo offriamo. Io e te siamo un dono per Cristo. Questo è importante perché ogni dono è una benedizione. Perché noi ci percepiamo come delle persone inutili, come delle persone sbagliate, come delle persone superflue, invece sei un dono. Un dono. “Ma chi me lo avrebbe mai detto che sono un dono?

La novità portata dall’incontro tra Gesù e Simeone - 
Però questo dono ha una intenzionalità. Quindi il dono non va autogestito. Il dono deve essere gestito secondo la sua vera intenzionalità. Che non è quella che tu attribuisci e che tu gestisci come catechista, come maestro, come papà, come mamma. Bisogna che tu ogni tanto ti rallinei con la intenzionalità che Dio ti ha dato. Per questo Maria che stava entrando nel tram tram della legge, incontra questo Simeone che dirotta il dono per fare altro, per attribuirgli un’altra intenzione. Questa è una cosa del tutto nuova perché all’epoca i rabbini non mettevano mai insieme queste due profezie: luce delle genti e gloria del tuo popolo Israele. Questa è una cosa assolutamente blasfema per la sensibilità religiosa ebraica. Le genti sono i cani, non avevano niente a che fare con Israele, e quindi non si poteva metterli vicini fisicamente, ma neanche verbalmente. Gesù invece è questa comunione, che è qualcosa di assolutamente nuovo. Addirittura è qualcosa di proibito per la religione ufficiale e quindi è un problema per la religione ebraica. Sarà una spada per Maria, sarà una spada per tutti. Qualcuno che taglia, che apre una nuova realtà. 

L’importanza anche per noi di dare il giusto significato al dono che siamo -
Quindi anche per noi è così. Dobbiamo stare attenti. Il nostro essere un dono non lo autogestiamo. Dobbiamo riferirlo ogni tanto, perché piano piano, piano piano o perdiamo il senso di quello che facciamo, il bandolo della matassa, oppure siccome ci sentiamo così sicuri, succede che iniziamo a fare nostre delle iniziative che non sono di Dio, ma sono solamente le nostre. Cominciamo  a portare la vita nostra e la vita degli altri con l’illusione che noi lo stiamo facendo secondo la volontà di Dio, ma in realtà in maniera del tutto arbitraria. Questo pericolo di autogestirci in maniera autonoma e slegata dalla intenzionalità di Dio è un problema. 

L’umiltà di ricevere delle conferme da altre persone che confermino che stiamo vivendo il dono secondo l’intenzionalità assegnata da Dio -
Quindi la nostra umiltà è quella di avere delle conferme. Di avere qualcuno che ci dica: “Si, stai andando bene!” Persone che riconoscano che quello che noi stiamo vivendo a nome nostro continua anche ad essere il nome di Dio, altrimenti facciamo un casino. Roviniamo quello che noi siamo. Smarriamo quello che solamente Dio ci può indicare.

Attualità di questa festa: c’è la speranza di ripartire in modo nuovo - 
Ecco questa festa della Presentazione è qualcosa di molto attuale. Noi vediamo che un certo mondo religioso sta morendo e pensiamo allora che sia tutto inutile quello che stiamo facendo. No. C’è una speranza. C’è qualcuno che fa ripartire tutto in una maniera diversa. Sfruttando anche le cose che noi anche stiamo già vivendo. E quindi allora questa attesa questa speranza, come quella di Simeone, non è vana. Quindi è anche possibile che magari sto parlando e ad alcuni di voi non gli fa né caldo né freddo. Tranquillo. Anna di Fanuele ha aspettato ottantaquattro anni.  Tu quanti anni hai? Ancora a voglia. Tranquilla arriverà anche per te il momento in cui potrai rallegrarti, potrai gioire perché vedi Dio. Perché basta un instante in cui vedi Dio e a te non te ne frega più niente. Quello che è stato, quello che sarà, non te ne frega più niente. E’ arrivato il Messia, è arrivata la vita nuova e adesso io sono completamente rapita, completamente rapito da questa intuizione, da questa gioia, da questa comunione così profonda. 

IL CAMMINO DELL'UOMO

IL CAMMINO DELL'UOMO
Marcia francescana 25 luglio - 4 agosto 2003