lunedì 3 febbraio 2020

Luca 2, 22-40 - Compare il Messia e porta pienezza, luce, forza, vita - Omelia di don Fabio Pieroni

Il testo risulta dalla trascrizione dell'omelia di don Fabio Pieroni presso la parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle. I neretti sono stati aggiunti con il solo scopo di paragrafare il testo. Il testo non è stato rivisto dall'autore. Si resta a disposizione per l'immediata rimozione del testo qualora richiesto dagli aventi diritto. 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore- come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. 

Omelia di don Fabio Pieroni
La presentazione del Signore al tempio. Vi faccio vedere che noi non sappiamo nulla, forse perché il tipo di catechesi che abbiamo ricevuto è stata sempre insufficiente. 

La legge imponeva la purificazione della donna e del bambino e il riscatto del primogenito - 
Maria ha dato alla luce il suo primogenito a Betlemme e passati otto giorni va a Gerusalemme. Gerusalemme sta vicinissimo a Betlemme, sono massimo cinque kilometri.
Quindi prima che arrivino i magi, loro portano questo bambino al tempio. C’è un solo tempio in Israele, il tempio di Gerusalemme. Perché lo portano lì? Perché secondo la legge del Signore bisogna fare due cose: purificare la donna e il bambino dopo il parto e poi bisogna riscattare il primogenito. Perché ogni primogenito è di Dio e quindi io devo sacrificare due colombe se sono un poveraccio, oppure un agnello se ho i soldi, oppure un bue se sono ricco. Maria e Giuseppe non hanno niente, sono poveracci.  Sono lì pronti per fare questo atto. Un animale viene dato in olocausto, cioè bruciato, il sangue dell’altro invece deve toccare le pietre del tempio. Queste sono delle leggi  che all’epoca erano normali. Tipo: vado a fare il battesimo. Noi sappiamo che qualcosa succede e anche Maria e Giuseppe portavano questo loro bambino Gesù.

La storia di Simeone –
Ad un certo punto, mentre stavano per avvicinarsi al sacerdote, come se fosse il parroco, don Fabio, arriva Gaspare, il nostro parrocchiano. Conoscete Gaspare? Gaspare ha circa duecento anni, circola per la parrocchia, sa tutto di tutto. E’ un laico, uno qualunque, che tu lo prendi per strada e dici: ma che è questo vecchietto? Non serve a niente.  Simeone era uguale, aveva circa ottanta anni. E’ importante sapere che avesse ottanta anni, perché Gesù aveva pochi giorni.
Quindi Simeone, quando aveva circa sessanta anni, aveva visto tornare Israele dall’esilio e il tempio non c’era. Perché si è iniziato a costruire il tempio venti anni prima di Cristo. Era un rudere e poi la sua costruzione si completerà nel sessantasette dopo Cristo, dopo che Gesù è morto ed è risorto. Quando Simeone aveva ricominciato a gironzolare per l’area del tempio non c’era niente, era tutto sfasciato. Nel momento in cui è ambientato questo vangelo erano venti anni che ci si lavorava, ma già qualcosa si vedeva. Eppure vi era un andirivieni, una provvisorietà, poi litigavano fra i sommi sacerdoti, poi i cardinali, i vescovi, un casino, un macello. Però Simeone non mollava, stava lì. Anche se perdeva i colpi. 

Simeone prende Gesù dalle braccia di Maria -
Mentre  Maria e Giuseppe stavano portando lì Gesù, Samuele vede questo bambino e lo prende dalle braccia di Maria. Lo acchiappa. Non è stata Maria a portarglielo. E lui se lo prende.
Glielo prende, lo alza e dice: “Luce dei miei occhi. Meno male. Per questo non ho vissuto invano. Non ho sperato invano che cioè che tutta questa religione che sta crollando, che è inutile, che è ridicola, che è addirittura maledetta questa religione, perché non fa altro che creare casini, conflitti, delusioni. Ma sei arrivato tu. Tu sei il Messia, sei la Gloria di Israele, la luce delle genti. Maria guarda questo bambino sta qui perché siano svelati i pensieri di molti cuori. Egli è qui per la morte e la Resurrezione di molti in Israele. E anche a te una spada ti trafiggerà l’anima”. E glielo restituisce. 

Il vangelo ricorda e decide di raccontare di questo intervento di Simeone - 
Che sta succedendo? Questi sono alcuni dati importanti che se io non ve li sottolineo, voi non li potete capire, non li potete notare. Perché appunto Simeone è uno qualunque. Ecco appunto come Gaspare che prende il bambino e uno potrebbe pensare: “Come si permette di dire queste cose? Dove stanno scritte le cose che sta dicendo, questo è un pazzo!” Invece il vangelo scrive queste cose.

Questo vangelo è per chi si sente in perdita, ma sta aspettando con speranza- 
Primo punto. Questo vangelo è per tutte le persone che si sentono questa mattina dei catorci. Ti senti un catorcio, una rovina. Però vieni qua a messa. “Chissà se mi può accadere qualcosa? Mi sento così invecchiato, così in perdita con tutto: con la speranza, con la religione. E poi ti dicono che il Papa così, il Papa colà, il prete così, il prete colà, ma andate tutti a quel paese, ma chi se ne importa di tutto questo macello!”. Possono venire in mente queste cose. Ma uno vede una persona, una persona speciale perché in lui brilla qualcosa di straordinario, qualcosa che viene da Dio. Le cose che vengono da Dio, ti danno la vita, ti ringiovaniscono. Le cose che vengono da Dio, molto spesso non hanno l’etichetta “Viene da Dio!”. Le cose che vengono da Dio spesso non è un prete tutto preciso, con la tiara, con tutti gli anelli. Spesso non è così. Spesso appare un poveraccio, un piccolo dettaglio in cui c’è il Messia, in cui c’è una parola di conforto, di conferma, di sostegno. In cui tu ti senti edificato, ti senti rinascere. Spesso avviene così. Quindi questa speranza che ha Simeone, che significa “ Dio Ascolta” il grido di un poveraccio che aveva una speranza. 

Anche Anna è in attesa – 
Anche Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser, che aveva ottantaquattro anni e che non lasciava mai il tempio, che non si allontanava mai dal tempio, stava sempre a dire rosari, rosari, rosari, si rallegra. Capite? Perché stavano aspettando e questa loro attesa non è stata inutile.

Se appare la luce del Messia, appare la vita, la fiducia, la pienezza, la forza - 
Ecco quindi spero che per quelli che state qua che avete il conto in rosso, che avete il bilancio in passivo, che avete un senso di delusione, di sofferenza, se appare per un secondo il Messia, tu ti dimentichi tutto, tu vivi finalmente. Torni a vivere. Ti arriva una parola del Vangelo, ti senti compreso, ti senti che Dio sta dalla tua parte. Questa piccola luce illumina il tuo cuore e ti fa diventare come un giovanotto, come Simeone, che prende questo ragazzino lo alza, si rallegra, fa una cosa che è anche antipatica, ma non gliene frega niente.

Il vangelo decide di raccontare questo incontro- 
E il Vangelo scrive questo, avrebbe potuto non farlo. Perché capite che qui viene contestata tutta la religione ufficiale dal Vangelo. Si sta dicendo qui che la religione ebraica dell’epoca era fuorviante. Possibile che anche la nostra religione, la nostra liturgia si è fatta troppo formalmente ed invece di veicolare l’incontro con il Messia, con la vita vera, anche se uno fa tutti i precetti precisi viene consegnato alla morte.  Quindi c’è tanto altro da dire oltre quello che sto dicendo adesso. 

Anche a noi può capitare quanto accaduto a Simeone e ad Anna - 
Però io penso e spero che qualcuno di voi che qui oggi si trova come Simeone e Anna, avvertano una nuova giovinezza. Anche se sei giovane, sei distrutta, distrutto e arriva questa luce. Luce delle genti, gloria di Israele.
Questo è un primo bellissimo punto che ci dice questa festa.

Ogni dono deve essere interpretato nella giusta maniera e gestito secondo la finalità per la quale è stato pensato da Dio - 
Un secondo punto è questo. Che quando questo Simeone prende questo Gesù fra le mani, questo dono. Questo dono deve essere interpretato nella giusta maniera. Perché un dono uno lo può autogestire. Tanti doni possiamo avere: il fatto che esistiamo, il fatto che siamo dei catechisti, il fatto che sei un genitore, il fatto che hai un lavoro. Questo dono che tu hai lo puoi autogestire. Sbagli. Ci deve essere qualcuno che innanzitutto ti dice: “E’ bello che tu ci sia! E’ importante che tu faccia e sia quello che sei, perché sei un dono, non sei un errore, non sei uno qualunque!”. Simeone dice questo e non lo dice solamente a Gesù, o meglio, lo dice a Gesù perché questo valga anche per me. Vale anche quando noi prendiamo il pane e il calice e lo offriamo. Io e te siamo un dono per Cristo. Questo è importante perché ogni dono è una benedizione. Perché noi ci percepiamo come delle persone inutili, come delle persone sbagliate, come delle persone superflue, invece sei un dono. Un dono. “Ma chi me lo avrebbe mai detto che sono un dono?

La novità portata dall’incontro tra Gesù e Simeone - 
Però questo dono ha una intenzionalità. Quindi il dono non va autogestito. Il dono deve essere gestito secondo la sua vera intenzionalità. Che non è quella che tu attribuisci e che tu gestisci come catechista, come maestro, come papà, come mamma. Bisogna che tu ogni tanto ti rallinei con la intenzionalità che Dio ti ha dato. Per questo Maria che stava entrando nel tram tram della legge, incontra questo Simeone che dirotta il dono per fare altro, per attribuirgli un’altra intenzione. Questa è una cosa del tutto nuova perché all’epoca i rabbini non mettevano mai insieme queste due profezie: luce delle genti e gloria del tuo popolo Israele. Questa è una cosa assolutamente blasfema per la sensibilità religiosa ebraica. Le genti sono i cani, non avevano niente a che fare con Israele, e quindi non si poteva metterli vicini fisicamente, ma neanche verbalmente. Gesù invece è questa comunione, che è qualcosa di assolutamente nuovo. Addirittura è qualcosa di proibito per la religione ufficiale e quindi è un problema per la religione ebraica. Sarà una spada per Maria, sarà una spada per tutti. Qualcuno che taglia, che apre una nuova realtà. 

L’importanza anche per noi di dare il giusto significato al dono che siamo -
Quindi anche per noi è così. Dobbiamo stare attenti. Il nostro essere un dono non lo autogestiamo. Dobbiamo riferirlo ogni tanto, perché piano piano, piano piano o perdiamo il senso di quello che facciamo, il bandolo della matassa, oppure siccome ci sentiamo così sicuri, succede che iniziamo a fare nostre delle iniziative che non sono di Dio, ma sono solamente le nostre. Cominciamo  a portare la vita nostra e la vita degli altri con l’illusione che noi lo stiamo facendo secondo la volontà di Dio, ma in realtà in maniera del tutto arbitraria. Questo pericolo di autogestirci in maniera autonoma e slegata dalla intenzionalità di Dio è un problema. 

L’umiltà di ricevere delle conferme da altre persone che confermino che stiamo vivendo il dono secondo l’intenzionalità assegnata da Dio -
Quindi la nostra umiltà è quella di avere delle conferme. Di avere qualcuno che ci dica: “Si, stai andando bene!” Persone che riconoscano che quello che noi stiamo vivendo a nome nostro continua anche ad essere il nome di Dio, altrimenti facciamo un casino. Roviniamo quello che noi siamo. Smarriamo quello che solamente Dio ci può indicare.

Attualità di questa festa: c’è la speranza di ripartire in modo nuovo - 
Ecco questa festa della Presentazione è qualcosa di molto attuale. Noi vediamo che un certo mondo religioso sta morendo e pensiamo allora che sia tutto inutile quello che stiamo facendo. No. C’è una speranza. C’è qualcuno che fa ripartire tutto in una maniera diversa. Sfruttando anche le cose che noi anche stiamo già vivendo. E quindi allora questa attesa questa speranza, come quella di Simeone, non è vana. Quindi è anche possibile che magari sto parlando e ad alcuni di voi non gli fa né caldo né freddo. Tranquillo. Anna di Fanuele ha aspettato ottantaquattro anni.  Tu quanti anni hai? Ancora a voglia. Tranquilla arriverà anche per te il momento in cui potrai rallegrarti, potrai gioire perché vedi Dio. Perché basta un instante in cui vedi Dio e a te non te ne frega più niente. Quello che è stato, quello che sarà, non te ne frega più niente. E’ arrivato il Messia, è arrivata la vita nuova e adesso io sono completamente rapita, completamente rapito da questa intuizione, da questa gioia, da questa comunione così profonda. 

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