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Ieri, per la seconda volta, sono tornato per accompagnare un pò di amici a vedere lo spettacolo del caro amico Giovanni Scifoni su Francesco. E così ho potuto apprezzare, sempre meglio, il fatto che Giovanni abbia messo le sue qualità artistiche al servizio del racconto di questo santo. La sua simpatia e la capacità di raccontare permettono per due ore di vivere, conoscere o ri-conoscere Francesco, che in fondo è stato un semplice uomo che ha vissuto una vita fuori dal comune, tanto attraente da attirare tantissimi suoi contemporanei, già quando era in vita, e da continuare a conquistare il cuore di tanti altri nei successivi 800 anni fino ai nostri giorni.
Questo spettacolo, con il suo racconto difficilmente etichettabile, come difficilmente etichettabile è Francesco, può accendere o ri-accendere qualcosa in ognuno degli spettatori.
Riporto qualche riga di un libro di Carlo Carretto di cui ho letto abbastanza negli anni passati. Lui, nei periodi di crisi della sua vita, ha certato la solitudine e il deserto, un pò come Francesco quando cercava il silenzio delle Carceri sul Subasio o l'asprezza di Sasso Spicco alla Verna. Scrive dallo Speco di Narni dove si era trasferito a trascorrere qualche mese di solitudine.
"Come ripartire?
Come trovare in noi la forza di credere alla possibilità di rinnovare il mondo, di ritrovare la pace e gioia perduta, di risentire la speranza di costruire sulla roccia?...
Ho cercato questo eremo perché è uno dei luoghi privilegiati del mondo francescano, dove il santo soggiornava a diverse riprese e dove il tutto è fuso in una unità perfetta. Bosco, pietra nuda, architettura, povertà, umiltà, semplicità, bellezza, formano uno dei capolavori con cui si esprime il francescanesimo dando ai secoli un esempio di pace, preghiera, silenzio, rispetto ecologico, bellezza, vittoria dell'uomo sulle contraddizioni del tempo.
A guardare questi eremi dimora di uomini pacificati dalla preghiera e dall'accettazione gioiosa della povertà, si ha la risposta agli angosciosi dissidi che travagliano la nostra civiltà. Vedete, si dicono queste pietre: vedete che è possibile la pace. Non cercate il lusso nel fare le vostre case, ma l'essenzialità. Allora la povertà diventerà bellezza e armonia liberante come potete vedere in questo eremo. Non distruggete i boschi per fare stabilimenti che aumenteranno da disoccupazione e i disagi, ma aiutate gli uomini a reinserirsi nelle campagne, a godere del lavoro artigianale ben fatto, risentire la gioia del silenzio e del contatto con la terra e con il cielo. Non ammucchiate denaro che la svalutazione e i rapinatori vi insidieranno, ma tenete aperta la porta del cuore al dialogo con fratello e il servizio al più povero.
Non prostituite il vostro lavoro costruendo oggetti che dureranno mezza stagione consumando le poche materie prime che ancora avete, ma fate secchi come questo secchio che vedete qui su questo pozzo e che tira su acqua da secoli ed è ancora in servizio". (Carlo Carretto, Io Francesco, Cittadella editrice, Assisi, 14).
#Giovanniscifoni
#FRA
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1 commento:
Anche io ero lì quella sera ed ho apprezzato tanto la bravura di Giovanni Scifoni. Davvero un talento, a tratti mi ha ricordato le interpretazioni di Dario Fo, nell'uso del corpo, nella mimica e in quella specie di grammelot che usava per imitare le parlate dei frati e degli altri protagonisti in scena...
Ho deciso che lo rivedrò comunque anche ad Assisi per concentrarmi meglio sul messaggio evangelico e passare dalla forma alla sostanza.
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