domenica 12 settembre 2010

Luca 15, 1-31 - Parabole della misericordia - Commento al vangelo di don Fabio Rosini

24° domenica del Tempo ordinario C- 12 settembre 2010

Radio vaticana – Orizzonti cristiani

Commento al Vangelo di Don Fabio Rosini

Luca 15, 1-31 Parabole della misericordia
Le tre parabole della misericordia
1 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». 3Allora egli disse loro questa parabola:
La pecora perduta
4«Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? 5Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. 7Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
La dramma perduta
8O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. 10Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Il figlio perduto e il figlio fedele: "il figlio prodigo"
11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. 13Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. 17Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; 19non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. 20Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. 22Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. 23Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. 27Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. 28Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. 29Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. 31Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
La forma lunga del vangelo, ci propone anche la parabola del figlio prodigo. Abbiamo avuto altre occasioni per vedere quella parabola per cui ci concentriamo su queste prime due parabole che sono la forma breve di questa proclamazione domenicale. Tutto parte dal perché Gesù racconti questa parabola. Lui ha accolto i peccatori, lui ha accolto i pubblicani e i farisei, gli scribi mormorano dicendo: costui accoglie i peccatori e mangia con loro. Cioè non è giusto che lui accolga loro, questa loro realtà di peccato. Lui sta accogliendo questi che sono in realtà tuttoggi sono peccatori, pubblicani.
Ecco, allora Gesù racconta queste tre parabole. Le prime due appunto sono quelle della dramma e della pecora perduta. Noi dobbiamo accogliere una cifra che presente in queste prime due parabole, poi più approfonditamente, la terza parabola, quella del figlio prodigo, sarà una catechesi sulla realtà del peccato, dirà agli scribi e ai farisei cosa credete che sia il peccato? Il peccato è morire. Infatti comparirà l’altro personaggio, il figlio maggiore, che sarà quello che non riesce a capire il fatto di un ritorno, il fatto di un recupero. In queste prime due parabole l’accento è su chi è perduto. Sulla pecora perduta. Sulla dracma perduta.
Quale è l’attitudine che caratterizza questo pastore? Questo pastore lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta finchè non la trova. Perché Dio ci cerca? Per lo stesso motivo per cui questo pastore cerca la pecora. Perché sa che c’è. Perché non dice: non mi ricordo più se erano cento o novantanove. Perché c’è questa pecora. Perché quella donna spazza accuratamente finchè non ritrova la moneta persa? La moneta che non trova. Perché si ricorda che erano dieci e non si confonde su questo punto. Per cui la moneta c’è. Perché Dio ci cerca? Perché in noi c’è un suo figlio. Perché Dio è insistente con noi, perché Dio è misericordioso? Perché vede cosa è latente in noi, cosa in noi è perduto, cosa ci siamo persi di noi stessi. Quante volte uno guarda una persona e la disprezza e non ci vede niente di buono. Dio la guarda in un altro modo perché vede delle altre potenzialità. Dio può trarre da un peccatore un santo, Dio può trarre da un violento una persona piena di misericordia, Dio può trarre da una persona che ha fatto un errore madornale, orribile, indicibile, una persona piena di mitezza, piena di tenerezza, sapiente, che forse saprà aiutare qualcun altro. Cosa cerca Dio in me? Quello che io non sapevo che era presente. Io l’avevo scartato. Dio ha cercato in me, Dio cerca in ognuno di noi il suo figlio, la pecora perduta. E’ in tutti noi. C’è in noi una moneta, un valore nascosto che Dio va cercando.
Ecco perché Gesù accoglie pubblicani e peccatori, perché sa che dentro di loro c’è una potenzialità. Che una persona che ha sbagliato è una persona che ha sbagliato, non è una persona sbagliata. Che una persona che ha anche fatto le cose più indicibili di questo mondo, forse proprio per questo può prendere lo slancio, avendo toccato il fondo, per fare un salto su, nella sublimità.
Dio ci conosce e ci guarda con gli occhi che noi non abbiamo. Noi non abbiamo questi occhi. Noi non guardiamo il prossimo con gli occhi di Dio. Se uno perdesse il figlio. Questo figlio fosse abbrutito dalla vita. Diventasse un mostro, incontrandolo comunque vedrebbe suo figlio. Comunque vedrebbe il figlio perso. Cosa vede in noi Dio? Cosa vede in ogni uomo Dio? La sua immagine, stampata, sepolta sotto stupidaggini, smarrita nelle più scoscese parti, non sò che regioni. Quello che conta è chi sei. Chi sei per Dio. Non bastano novantanove per Dio. Per Dio ce ne vogliono cento. Per questa donna non bastano nove momente. Ci vogliono tutte e dieci. È questo lo zelo di Dio. È questo lo zelo dello spirito di Dio. Che non perde qualcuno così “ Vabbè, ma quello lo possiamo perdere, senza quello possiamo fare!”. Non è mai vero. Non si può trattare così nessuno. Nessuno può essere dichiarato mai perso definitivamente. Perché cerca questa donna. Cerca perché sa che c’è. Perché Dio ci ha amato? Perché il Signore Gesù Cristo è morto in croce per noi? Perché sapeva che in noi c’era qualcosa che gli corrispondeva e anche nel momento più drammatico ha emesso misericordia nei nostri confronti perché legge le nostre potenzialità secondo la sua sapienza e non secondo la nostra rassegnazione. Noi quante volte ci siamo rassegnati su noi stessi. Ci siamo dati per persi, ci siamo rassegnati a vizi, a bruttezze a bassezza perché abbiamo detto :”Tanto in me non c’è la bellezza. Non ne vedo di bellezza”. È nascosta, ma c’è. Ogni uomo si può sempre convertire, ogni persona può essere ritrovata. E c’è gioia per un solo peccatore che si converte. C’è gioia in cielo per un figlio di Dio. Se uno avesse quindici figli e uno muore dice :” Vabbè tanto ce ne ho quattordici!”. No. Quello significa che tutta la sua vita si ferma lì in questo lutto drammatico. Dio ha rapporti totali. Per lui noi siamo sempre imprescindibili. Siamo la pecora che sta cercando. Ci viene a cercare anche con questa parola, anche con la liturgia di questa domenica. Facciamoci trovare da Dio. Certo se una pecora bela, il pastore la trova prima. Mettiamoci a belare. Mettiamoci a chiedere aiuto. Mettiamoci a credere che il pastore ci sta cercando.

NB. Il testo non è stato rivisto e corretto dall'autore e risulta semplicemente dalla trascrizione della trasmissione radiofonica.

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