domenica 7 luglio 2019

Luca 10,1-12.17-20 - Come si porta e come arriva la vita nuova - Commento di don Fabio Rosini

Il testo risulta dalla trascrizione della trasmissione radiofonica  di Radiovaticana. Il testo scritto non è stato rivisto dall'autore. Si resta a disposizione degli aventi diritto per la rimozione del testo qualora richiesto


Omelia di Don Fabio Rosini tratto dalla registrazione di Radio Vaticana
14 domenica del Tempo ordinario 
Lc 10,1-12.17-20


Nella 14 domenica del tempo ordinario noi iniziamo un viaggio iniziato già domenica scorsa nella sequela di Cristo. Il rapporto con lui è quello di un discepolo che si lascia guidare ad una vita che lui non ha, una vita nuova. Questa vita ha delle coordinate.

Nella prima lettura noi parliamo di una abbondanza, di una consolazione, di una gioia che è una realtà nuova per la città di Gerusalemme. Ci sarà un fiume di pace, come un torrente in piena. E tanta gente che arriverà e che conoscerà la bellezza del Signore. Sarà gioia per il cuore. Ma come arriva questa gioia?
Ecco c’è un doppio aspetto nel vangelo di questa domenica.
Da una parte il fatto che c’è qualcuno che deve portare questa vita nuova. Vita che arriva con il Messia, vita che arriva con il Signore Gesù Cristo.
E dall’altra parte c’è qualcuno che la deve accogliere questa vita.
Possiamo leggere il Vangelo che consiste nella istruzione data con tutte le regole e con tutte le indicazioni date da Gesù, perché settantadue suoi discepoli vadano ad annunziare il regno,  vadano ad annunziare il suo arrivo e vadano in certe condizioni. E questa è la sequela di coloro che annunziano il vangelo. Di coloro che vivono la vita evangelica.
Ma sono anche le note di chi deve ricevere questa vita nuova, che arriva per mezzo di un annunzio. Gli operai che vengono chiamati in questa messe sono mandati come agnelli in mezzo ai lupi, non dovranno portare borsa né sacca, né sandali, e non si dovranno  fermare a salutare lungo la strada. Quando arriveranno diranno: “ Pace a questa casa”, perché la pace sia offerta e non imposta. Quando saranno accolti, condivideranno la vita di chi li accoglie. E quel che faranno sarà occuparsi del dolore degli uomini. Annunziando il regno di Dio, guariranno i malati.
Quando saranno rifiutati dovranno oggettivizzare questo rifiuto in atti che rendano manifesta la situazione che si è creata: vi abbiamo annunziato la pace, voi non l’avete voluta.
E si racconta in questo vangelo che i settanue partono, vivono questa stranissima esperienza con queste coordinate così peculiari e tornano così felici, così pieni di gioia perché hanno visto l’efficacia della parola. Eppure, dice il Signore Gesù, non è questo il punto. Anche se lo stesso demonio si è dovuto sottomettere alla vostra parola, il punto è che voi siete del cielo, siete per il cielo, questa è la cosa più importante. Non il fatto che abbiate vinto una battaglia, ma che c’è un destino, il vostro nome è scritto nei cieli.
Allora tutte queste cose qui sono il discrimine fra ciò che è assoluto e ciò che è secondario nella vita di chi annunzia.
Però proviamo a leggere tutto questo testo dalla parte di chi debba accogliere questo annunzio. Chi mi arriva con la parola,  chi mi annunzia la parola non è un lupo più forte. E’ un agnello. E’ fragile, non è un vincente. Non è uno che usa le tecniche di questo mondo e batte otto a zero le tecniche degli altri perché è il più bravo a parlare. Se andiamo a vedere il libro dell’Apocalisse, troveremo che quando abbiamo un comunicatore che si impone, stiamo parlando dell’emissario del serpente antico, del  drago, della bestia che seduce gli abitanti della terra per cui non è questo il nostro stile. 
Noi molto spesso abbiamo provato l’influsso del fascino dei mezzi terreni. Non è questo quel che serve. Quel che serve è essere persone che non manifestano i tratti, le caratteristiche della vittoria di questo mondo. Ma qualcosa di molto più serio. Sono agnelli, non sono lupi, non sono persone che si impongono. Non sono persone vincenti. Sono persone rifiutabili. Ed è interessante che non portano borsa, né sacca, né sandali. Che vuol dire? La borsa è per il denaro, la sacca è per il pane. E i sandali vuol dire che sono i sandali di riserva. Portare degli altri sandali. Hanno una strada sola, non hanno cammini di riserva. Sono semplici. Lineari. Hanno una cosa da fare. Camminano in quella strada e la loro forza non è né il denaro, né le risorse materiali. Sono persone che rinunciano ai beni, sono persone che rinunciano alle compensazioni, sono persone che rinunciano ai proprii progetti.
Allora chi viene a me non mi porta denaro, non mi porta pane, non ce l’ha nemmeno per se. Non mi porta progetti alternativi. Mi porta il suo cammino.
La vita nuova non è questione di cibo o di bevanda, dice San Paolo.  Non è questione di compensazioni. Non mi verrà a portare qualcosa che mi fa tornare meglio i conti su questa terra. Molto spesso noi dobbiamo prendere atto che abbiamo pensato che fosse questa la priorità.
Ora, l’amore da solo ci impone di aiutare i poveri. E di sfamare gli affamati. Non c’è bisogno di essere uomini di Cristo per sapere che chi è povero va aiutato e chi è affamato va sfamato. Questo non è lo specifico dei cristiani, ma degli uomini.
Infatto quando nel vangelo di Matteo al capitolo 25 compaiono questi uomiche che “ avevo sete  e mi avete dato da bere, avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero nudo e mi avete vestito” questi uomini non sapranno: “ Ma quando te lo abbiamo fatto?”. Erano quelli che non conoscevano Cristo.
Allora noi sappiamo a priori comunque di doverci occupare dei problemi materiali e dei bisogni delle persone, per non c’è bisogno di conoscere il vangelo per farlo. Quando porto il vangelo non sto portando questo che pure devo portare come uomo, se posso, come posso, meglio che posso. Il problema è che questo non basta. Che l’uomo ha bisogno di qualcosa che è oltre il pane, oltre il denaro, oltre i progetti  umani, qualcosa che è tanto prioritario che dica questa strana frase Gesù: “ Non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada” e perché mai bisgna essere così maleducati. Perché in oriente i saluti sono un rituale complicato e perché nella vita molto spesso ci disperdiamo a salutare mille cose lungo la strada. Come certe volte che si parte per fare una cosa e nella strada per arrivare a fare questa cosa se ne fanno mille altre e non si arriva a quella cosa. E nella vita bisogna essere semplici, unificati, buttare le zavorre, eliminare le perdite di tempo. Allora chi mi porta il vangelo non viene per futilità, non viene a perdere tempo, a fare chiacchiericcio a parlare di secondarietà con me. Mi sta portando una cosa semplice. Il suo saluto non sarà un convenevole, ma sarà la pace, come dice il vangelo, proseguendo la pace. Sembra qualcosa di importante, ma non è vero che noi uomini cerchiamo a priori la pace. Molto spesso cerchiamo la guerra. A noi ci interessa chi ci aiuta a combattere meglio, ad aggredire meglio, ad affermarci di più, ad essere ancora più dotati di supremazia, di affermazione. La pace spesso non ci interessa. Molto spesso ci interessa molto più affermare le nostre ragioni piuttosto che trovare la pace con l’altro. Trovare la riconciliazione. 
Il vangelo non mi porta denaro, pane, progetti alternativi. Mi porta pace e non si perde su secondarietà. E io debbo sempre decidermi di centrarmi sulla pace. Perché è la cosa più importante di tutto. Dicono, chissà se è vero, che nella sua predicazione Francesco fosse molto semplice. Che fosse anche capace Francesco di Assisi, di ripetere la stessa frase più volte. La pace è tutto. Ecco se io fatto questo esperimento, guarda che la pace è tutto. Ricordati: la pace è tutto. La pace deve entrare in questa casa. La pace è il problema. Ecco io piano piano con questa ripetizione martellante, un po’ ossessiva, mi libero di cose seconde. Ecco.

Che bello questo vangelo di questa domenica che ci permette un pochino di semplificarci su ciò che conta e ci pone di fronte a questa realtà.
Molta parte del vangelo sarà occupata da questa tragedia: il rifiuto della pace. In molti cuori anche tanti cuori di credenti la pace non è una priorità. Ci sono altre priorità, ma il Signore quando ci manda la sua parola viene per la pace, non viene per altro. 

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