sabato 13 luglio 2019

Walter Bonatti - Raccontato da Scordavelli

Il testo è la trascrizione del video reperibile su YouTube cliccando su questo link (clicca qui).  Si resta a disposizione per l'immediata rimozione della stessa. I titoletti in grigio sono stati messi arbitrariamente in fase di trascrittura per facilitare una sintesi del discorso.


Se voi andate a prendere un grande alpinista, come Bonatti. E' un filosofo Bonatti. Lui dice che andava in montagna. Sapete perché è andato in montagna a fare la scalata del Drus? Una scalata impossibile a quell'epoca. Impossibile. Cinque giorni di scalata da solo. E, tra le cose, le disgrazie e difficoltà che gli son capitate che una pietra ha colpito una sua borraccia e si è trovato quasi senza liquidi per cinque giorni. Cinque giorni, di scalata da solo, in cui doveva salire, mettere i chiodi, scendere, toglierli, risalire su con il sacco. In una via nuova. Lo spigolo sud ovest del Drus. Una via allora ritenuta impossibile.
Sapete perché andò a fare il Drus? Perché aveva perso se stesso. Sapete perché aveva perso se stesso?

Perché Bonatti decide di scalare il Drus - 
Perché lui era un uomo molto aperto, molto affabile. Detto da tutti così. Ma scoprì la perversione umana a ottomila metri. La scopri sulla sua pelle. Lacedelli e Compagnoni, nella tenda più in alto della sua, a ottomilaquattrocento metri aspettavano che lui e il suo sherpa portassero le bombole di ossigeno. Ma era venuto tardi per varie circostanze e loro non avevano la tenda. Quindi chiamarono i compagni di sopra. Non ci fu nulla da fare (era il 30 luglio 1954, ndr). Questi si richiusero nella tenda e non fecero nulla per aiutarli. E poi così conquistarono la vetta del K2 avendo onori ovunque. Ma questi uomini si macchiarono di un peccato terribile: avere una vittoria al prezzo di porre a repentaglio la vita di due compagni.
Bonatti si sentì tradito, perché era stato tradito nella sua fiducia. Ci fu un processo che durò più di venti anni (in realtà la vicenda si concluse nel 2008, quindi più di 54 anni dopo) fino a che finalmente potè essere data giustizia di quello che era successo. 
Ma putroppo Bonatti cambiò carattere. Quando siete a ottomilacento metri, e sapete che la morte è praticamente certa, perché lì la morte è praticamente certa, perché lì la notte non la puoi passare all'aperto, già dentro una tenda è molto dura, senza sacco da bivacco, c'è morte certa, qualcosa ti succede dentro. Si spezza quel legame di fiducia e solidarietà che gli esseri umani hanno sempre avuto quando affrontano difficoltà, quando la natura li pone di fronte all'estremo. Due compagni di fronte all'estremo hanno preferito la gloria, il successo all'aiutare due compagni che sarebbero morti di sicuro.  Questo riesce a fare l'essere umano per l'ambizione.
In Bonatti il cuore si spezzò quella volta. Non aveva più voglia di avere a che fare con i suoi simili e quindi decise di fare qualcosa per ritrovare se stesso. E per ritrovare se stesso si mise nell'impresa più difficile che ci fosse stata fino ad allora. Scalata dello spigolo ovest del Drus. Mille metri di granito verticale. Da solo, senza compagni. Un'impresa praticamente impossibile. Fece questo, non per ambizione, ma lo fece perché dice soltanto così io riesco a rimettermi, a ritrovarmi. Questo era stato il suo modo. 

L'imprevisto incontrato nella scalata del Drus - 
E lui si trovò diciamo a cento metri, centocinquanta metri dalla vetta, in una specie di abside, senza fessure, senza più possibilità di tornare indietro perché aveva fatto dei pendoli e mille metri non si scendono in quel modo, è impossibile. E si trovò di fronte, per la seconda volta alla sua morte. Sul K2 era resistito a causa del suo DNA. Nel senso che Bonatti aveva un fisico del tutto eccezionale e quindi riuscì a reggere a temperature spaventosamente basse, senza morire, senza congelarsi. E' qualcosa di assolutamente impensabile. Lo sherpa aveva la stessa caratteristica.
Sul Dru si ritrovò di nuovo di fronte all'impossibile, ma questa volta non era stato costruito da altri esseri umani, non dipendeva dal tradimento di altri esseri umani, semplicemente si era trovato di fronte al limite che l'uomo incontra quando si pone da solo di fronte alle sfide estreme della natura.
Sapete cosa fece Bonatti? Si mise a piangere. Per un'ora. Vedete questo uomo forte che si sente sconfitto. Sarebbe morto lì. Era giovane. Aveva ventiquattro anni. Un uomo giovane che muore su un pilastro di roccia. Dopo aver superato le più grandi difficoltà. Sapete perché sarebbe morto lì? Perché Bonatti era una persona onesta, nel profondo, e non si era portato dietro sotterfugi e mezzi per superare quello che con i mezzi propri non si può. Non si era portato i chiodi ad espansione che già all'epoca erano diffusi. Lui voleva confrontarsi con la montagna onestamente. Chiodi tradizionali, corde tradizionali e basta. Lì si trovò di fronte all'impossibile e pianse per un'ora. 

La voce che lo invita a tentare l'impensabile -
Poi dentro di sé sentì una voce. "No, vai avanti. Gioca il tutto per tutto. Non sei ancora morto". Così gli venne in mente qualcosa di assolutamente assurdo. Aveva visto che sopra questa abside, c'erano delle scaglie di roccia. E pensò di lanciare una corda lassù per vedere se, per caso, si agganciava. Una probabilità piuttosto scarsa. Lanciò una corda fatta con dei nodi, in modo che si incastrasse. Provò a tirare. Si era incastrata. Provò di nuovo e venne giù. Provò centinaia di volte finché si era incastrata proprio bene. Allora che fece? Non aveva più molto tempo. Decise. Si attaccò alla corda e si lanciò nel vuoto senza nessuna protezione. E cominciò a salire. Per salire una corda da montagna così bisogna essere veramente forti. Provate se volete. Provate. Provate. Così, nel vuoto. Mille metri sotto le gambe. Mille metri. Mentre saliva si rendeva conto che il pericolo cresceva perché le oscillazioni impresse alla corda avrebbero potuto farla staccare. Gli ultimi metri. La corda si muove. Queste scaglie, così del tutto infide, arrivano. All'ultimo, proprio all'ultimo si tiene con una mano. Lancia la mano più sopra, riesce a prendere un appiglio. E' fuori. Si tira via.

Bonatti in quell'episodio ha trovato se stesso - 
Se leggete questo passo di Bonatti, sentite chi è Bonatti. 
Un uomo integro per chi lo ha conosciuto. Uscì da questa scalata cambiato, perché aveva trovato la cosa più importante di tutte. Che è più importante al mondo, più di un amore, più di un successo esteriore qualunque esso sia. Perché senza trovare quella cosa lì di cui vi sto parlando non siamo niente.  Come un'altra volta vi ho detto noi siamo sapete cosa? Una maschera. Ecco. Un burattino tirato su da dei fili: quelli dell'ambizione, quelli della paura, quelli della tristezza. I fili. Lì ha trovato se stesso e da quel momento, naturalmente, la sua vita è di nuovo cambiata. 
E però da lì ha iniziato a sviluppare una visione più grande. E' diventato un filosofo. Direi un sapiente. Colui che assapora come è fatta la realtà. Cioè ha un contatto con la realtà che non è più mediato dai concetti, ma passa direttamente dai nostri recettori animali più profondi.
Se vi leggete gli ultimi libri di Bonatti, in particolare, Un mondo perduto vedete che queste avventure Bonatti, da dopo i trentasei anni, continuò a farle in giro per il mondo. E si trovò di fronte a situazioni estreme veramente. 

Quella volta in Africa con le leonesse - 
Una volta in Africa, da solo, come al solito, gira dietro una collina e si trova davanti due leonesse a cento metri di distanza. Le quali lo scrutano con un certo interesse. Capisce che lui potrebbe scappare, ma sai, quelle lo raggiungerebbero in quattro secondi. Il leone compie cento metri più o meno in tre secondi e mezzo, quattro, quindi fa presto. 
Si fermò. Le leonesse stavano lì ad aspettare. Ad un certo punto sentì una voce interna che disse: "Vai avanti" era la stessa voce che parlava quando stava nell'abside. E probabilmente la stessa voce che lo ha salvato, perché non è solo il fisico che ti salva,  sul K2 e questa dice: "Vai avanti", ma era contro ogni buon senso. 
Lui assecondò questa voce e cominciò a camminare, verso le leonesse. Dove stavano le leonesse. Dietro le leonesse c'era un piccolo bosco.
La voce continua a dire: "Vai avanti!". Le leonesse lo guardano. Perplesse, non capiscono. Siamo in due. Siamo armate. Cosa fa questo qua? Lui continua a camminare perché la voce dice: "Vai avanti. Vai avanti!". Lui continua a camminare. Ad un certo punto sai cosa fanno le leonesse? Si guardano e se ne vanno loro. E la voce dice:"Vai avanti". Entrano nel bosco le leonesse. Poco dopo escono in cinque. Cinque leonesse. La voce gli dice: "Vai avanti!". Lui continua. Questa è fede eh! "Vai avanti". Ad un certo punto le cinque leonesse si guardano e se ne vanno.

Sul ghiacciaio del Freney - 
Una volta Bonatti era sul ghiacciaio del Freney, uno dei più tormentati delle Alpi, con il suo compagno di cordata, la guida alpina Cosimo Zappelli (clicca qui per alcune informazioni su Cosimo Zappelli), sono le quattro del mattino, stanno attraversando una zona crepacciata. Sopra c'erano dei seracchi di ghiaccio che possono cadere. Raramente, ma possono cadere. Di notte no. Di solito no. Cadono quando è giorno quando c'è sole. C'era una specie di Partenone di colonne di ghiaccio. Ad un certo punto Bonatti, si volge al suo compagno e dice: "Vieni via, di corsa, di corsa!" e gli fa fare una corsa di cento metri. L'altro lo segue. Non capisce, ma lo segue. Finita la corsa, si fermano e in quel momento si sente il classico rumore: tutta quella seraccata viene giù, quel Partenone si disfa e dove erano passati loro passano migliaia di tonnellate di ghiaccio.

Tutti possiamo diventare Bonatti distinguendo bene le voci dentro di noi - 
Questo è stato Bonatti. Un uomo che da ragazzi ha patito la fame. Un uomo che ha vissuto pienamente e di cui non so perché questa sera vi parlo. Forse perché tutti possiamo diventare Bonatti, facendo una cosa: distinguendo bene le voci dentro di noi. 

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