martedì 14 aprile 2020

Vittorio Lingiardi - Il trauma di chi guarda l'inguardabile e deve intervenire

Il Prof. Vittorio Lingiardi, parla di trauma secondario nelle professioni di aiuto. E' importante prendere coscienza che le risorse psicologiche a disposizione della persona che svolge una professione di aiuto non sono illimitate. Chi cura va preservato dall'esaurimento psico-fisico e qualora ce ne fosse bisogno aiutato ad uscirne. Ho trovato tanti spunti che condivido in queste parole. Vi è una negligente carenza di attenzione a questi aspetti sia da parte degli stessi operatori coinvolti, che prendono coscienza di questi aspetti quando costretti purtroppo a chiedere aiuto solamente in una fase post traumatica ovvero quando il danno è avvenuto. Spesso purtroppo vi è una colpevole carenza di attenzione da parte di alcune istituzioni sanitarie, di chi il lavoro lo organizza, di chi ha gestito in questi ultimi trenta anni le politiche sanitarie. Le scelte di far quadrare i bilanci riducendo le assunzioni o risparmiando su formazione del personale, non progettando strutture adeguate, non fornendo presidi indispensabili, si sono tradotte in un peggioramento della qualità della vita dei cittadini, ma anche degli operatori sanitari. I farmacisti, gli infermieri, il personale sanitario, i medici, non sono eroi, sono persone. Chi fa questi lavori, e li svolge per anni, ha necessità di equipaggiarsi di strumenti di conoscenza di sé, di sostegno psicologico e psicoterapeutico, di strumenti per affrontare la relazione nel gruppo di lavoro e con i pazienti per non rischiare di cadere nel burn-out o alternativamente nel cinismo. Bisogna ripensare alcuni aspetti della formazione delle figure sanitarie sia nelle fasi iniziali sia poi nel corso dello svolgimento della professione. Spero che il sacrificio di tante persone lasci questa sensibilità nei cittadini, nei sanitari, nelle persone che dovranno governare la sanità pubblica nei prossimi anni. E' una sfida difficile perché quello a cui faccio riferimento è una formazione integrale che affianca alla formazione tecnica, una formazione umana, relazionale, emotiva. Spesso il reperimento di tale equipaggiamento è lasciato all'intraprendenza della singola persona che da sola deve cercare la propria via per ottenerlo. Spesso è il genio, l'illuminazione di alcune persone concrete a trasformare queste conoscenze in vita concreta, in modi di lavorare, nella capacità di dare vita a squadre di lavoro che funzionano e producono eccellenza senza schiacciare la persona nella sua unicità, senza calpestare il singolo componente del gruppo, rispettandone i bisogni, valorizzandone il talento, le inclinazioni naturali, le predisposizioni, favorendo anche un progressivo apprendimento di modi più evoluti di progettare il lavoro, di relazionarsi fra collaboratori, di offrire servizi ai cittadini e nel caso specifico, di curare le persone senza fare ammalare gli operatori che forniscono queste cure. Tutto questo è un sogno?

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