martedì 10 settembre 2019

Luca 14, 25-33 - Memori della nostra fragilità e fiduciosi nella potenza di Dio - Commento di don Fabio Rosini


Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo . Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Luca 14, 25-33

- Noi siamo molto limitati. A cosa serve questa limitatezza?
La 23° domenica del tempo ordinario è aperta dalla lettura del capitolo 9 del libro della Sapienza e parla della limitatezza della nostra immaginazione e  della conoscenza. " I ragionamenti dei mortali sono timidi ed incerte le nostre riflessioni perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima". Ecco, noi siamo molto limitati. A cosa ci serve questa consapevolezza? 
Entriamo nella lettura del vangelo di Luca, al capitolo 14°, dove ci sono delle frasi molto, molto importanti, radicali, come sa essere il cristianesimo.

- Cosa vuol dire che chi non ama Gesù più del padre, della madre, della moglie, dei figli, dei fratelli e delle sorelle e più della sua vita non può essere suo discepolo? 
Ed ecco, dobbiamo capire. Qui si parla di venire al Signore e non essere capace di amarlo più del padre, la madre, la moglie, i figli, le sorelle, la propria vita, portare la propria croce, rinunciare ai propri beni. Allora cosa sono queste? Delle esigenze da parte del Signore? Non è esatto. Il testo va ben compreso, al di là anche di una traduzione un pochino edulcorante che abbiamo qui davanti a noi. 

Seguire Gesù senza essere passati per queste tappe non è una cosa che può riuscire. Una folla numerosa andava con Gesù. Questo è l'inizio del Vangelo. C'è tanta gente che andava appresso a lui. E allora Gesù chiarisce: "Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ama suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli e le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo". Questa frase sarà ripetuta, non può essere mio discepolo. Cosa vuol dire? Tornerà proprio come ultima frase del testo che leggiamo. "Così chiunque di voi non rinuncia ai suoi beni non può essere mio discepolo". Vuol dire non lo voglio? Vuol dire non è giusto che lo sia? Non vuol dire cose strane. Vuol dire non potere, non riuscire. Seguire Gesù Cristo e non essere passati per questi snodi, di cui parla questo vangelo, è una azione che non andrà a bersaglio. Non ci riusciremo ad essere discepoli del Signore.

- Ricordare che noi siamo appesantiti dai nostri limiti
Allora ricordiamoci la prima lettura. Una tenda di argilla che portiamo sulle spalle, che è il nostro corpo e la nostra povertà. Siamo appesantiti dalla nostra inconsistenza. E allora noi dobbiamo capire ancora meglio perché Gesù usa queste due analogie. 

- Esistono cose che non sono alla nostra altezza
Chi di voi volendo costruire una torre non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine. Il problema è: ti metti a costruire una torre e non ce la fai a finire. Perché non hai i soldi per farlo. O ancora: quale re partendo in guerra contro un altro re non siede prima di esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila. Ma vai alla guerra con la metà dell'esercito dell'altro? Ma non sarà meglio che gli mandi i messaggeri per chiedergli pace? E cioè ci sono cose che non sono alla nostra altezza. 

- Le analogie precedenti rimandano a chi vuole seguire il Signore non deludendo i suoi ruoli infantili, familiari, la propria psicologia pregressa
Chi è quello che non ha i mezzi per portare a compimento la torre? Non riesce a affrontare il suo avversario in maniera adeguata? E' quello che pretende di andare appresso al Signore Gesù e non pensare che questo vorrà dire deludere i suoi ruoli infantili, deludere i suoi ruoli familiari. C'è una chiamata che è quella di uscire dall'infanzia. Uscire dalle logiche dei propri ruoli pregressi, e anche la propria vita. Non riuscirò a seguire il Signore Gesù se io sono soddisfatto della mia vita, mi basta quello che ho. Non posso mettere il Signore Gesù come una ciliegina sulla torta della mia mediocrità. Della mia inconsistenza. Si tratta di rinunciare a questa costruzione, rinunciare al proprio schema psicologico, rinunciare a tutto quello che è la logica parentale per cui io vengo da un mondo di cose che mi hanno disegnato in una certa maniera. Non ce la farò finché io non rinuncio a queste cose. 

- Considerare il Signore più importante di tutto quello che possiedo, dei legami affettivi, della mia vita, del mio sistema psicologico, del mio modo di vedere, della mia mentalità. Altrimenti io non ce la faccio a seguirlo
Così se i beni, gli averi, sono imprescindibili, ma non ce la faccio a seguire il Signore Gesù. Qui non si tratta di essere buoni o cattivi o generosi o altro. Qui si tratta che o il Signore Gesù è più importante di tutto quello che possiedo, è più importante di tutti i legami affettivi che io posso aver stabilito, è più importante della mia vita, del mio sistema, della mia psiche, del mio modo di vedere, della mia mentalità, o io non ce la faccio a seguirlo. Non potrò mettere insieme il Signore Gesù e la mia mentalità. Alla volontà bisogna rinunciare. Noi diciamo: " Sia fatta la tua volontà". E' inutile che cerchiamo di addomesticare dentro le nostre incompiutezze, quel che è per il sublime. 

- A ben vedere non vale la pena difendere il nostro modo di pensare, di vedere. Siamo fragili, poveri. Approfittare delle occasioni che la Provvidenza ci dà per essere liberi da questi legami
E' molto importante leggere appunto la prima lettura e dire: " Siamo poveri! Siamo fragili!" Non vale la pena di difendere il nostro sistema, è importantissimo, momento per momento, approfittare delle occasioni che la Provvidenza ci dà per essere liberi dai legami affettivi, essere liberi dalle proprie proiezioni sulla propria esistenza così come la pensiamo. 

- Essere liberi dai nostri beni per non costruire una torre ridicola, come il cristianesimo di molti che dicono di essere discepoli di Gesù, ma di fatto non lo sono
Essere liberi dai nostri averi, altrimenti costruiremmo una torre ridicola. E' il cristianesimo di molti, una torre ridicola, un cristianesimo inguardabile perché mentre si proclama con la bocca di essere discepoli di Cristo, con la vita ci si dimostra infantili o avari o ossessionati dai propri progetti assolutizzando le proprie aspettative. 

- Se non mettiamo al primo posto Gesù nel nostro cuore, non possiamo portare Gesù al cuore degli altri
E così mentre noi abbiamo la sfida, il combattimento bello e santo di arrivare al cuore delle persone, non arriviamo al cuore delle persone e falliamo nell'evangelizzazione mille volte perché non siamo arrivati manco al nostro di cuore. Perché non abbiamo dato il nostro cuore al Signore. Perché abbiamo cose a cuore, affetti, beni, progetti, che non abbiamo saputo mettere secondi a quel che il Signore ci chiama a vivere, a provare, a fare.

- Non si tratta di essere bravi, ma di abbandonare il governo della propria vita, di amare quello che il Signore ama e allora l'amore del Signore entra in noi. Memori della nostra fragilità e fiduciosi nella potenza di Dio
Qui non si tratta di essere bravi, qui si tratta di mollare, lasciare, sganciarsi dal governo della nostra vita. Non vivere secondo quello che noi amiamo, ma secondo quello che ama il Signore e allora l'amore del Signore entra in noi. Non vivere secondo quello a cui noi teniamo, ma vivere secondo quel che è importante agli occhi del Signore e allora quel che è veramente importante entrerà nel nostro cuore. Qui si tratta, più che di esser forti, di essere deboli, di essere memori della nostra fragilità e quindi fiduciosi nella potenza di Dio.


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