domenica 29 dicembre 2019

Matteo 2, 13-15; 19-23 - Giuseppe custode del bambino e sua madre - Commento al vangelo di don Fabio Rosini


Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo. Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti e i titoli dei paragrafi in grigio sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno». 
Matteo 2, 13-15; 19-23


Nel Vangelo di Matteo l'opera di Giuseppe che custodisce e difende il bambino e la sua mamma -
Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Dopo la gioia del Natale, noi guardiamo a questa realtà della sacra famiglia. Ecco la santa famiglia di Nazareth viene celebrata attraverso il Vangelo di Matteo in cui viene narrata tutta l'opera di difesa, di custodia, da parte di san Giuseppe nei confronti del bambino e della sua mamma. Questo fuggire in Egitto, tornare in Terra di Israele, scegliere la città giusta per far crescere questa creatura.
In che luce possiamo mettere questo bellissimo vangelo che parla di una difficoltà, di una cosa grandiosa da custodire, che è molto importante, questo tesoro che è questo bambino e la sua mamma ed è questo il ruolo di Giuseppe che appare qui splendido in questo testo e che parla di un nemico, che parla di un pericolo. 

Avere coscienza dei propri pericoli e non vivere in maniera ingenua - 
Dobbiamo avere coscienza dei nostri pericoli. Non possiamo vivere così in maniera ingegna. Con una ingenuità che talvolta rasenta la superbia che pensiamo che noi saremo all'altezza di tutte le sfide. No, non siamo all'altezza di tutte le sfide, dobbiamo premunirci, dobbiamo stare all'allerta perché tante cose sono obiettivamente difficili, abbiamo bisogno di un aiuto, dobbiamo portare avanti una strategia saggia che fa i conti con le nostre debolezze e con le difficoltà.

Il nemico di Gesù è Erode che rappresenta la realtà del potere, dell'invidia, della rabbia, della rivalità - 
Qui il nemico che appare è Erode, un re. Erode rappresenta un pò il mondo, tutta la realtà del potere. E' questo re che, venuto a sapere dai magi che c'è un altro re in giro, che è nato un altro tipo di lignaggio regale, capisce che lui è in pericolo. Capisce male perché non è vero che Gesù lo minaccerà però, per lui questa cosa scatta sempre. Tutto il tema della rivalità, dell'invidia, della rabbia, delle lotte di potere interne nei luoghi di lavoro, nelle famiglia, dell'affermazione di sé nei posti, persino nelle Parrocchie, la gente che vuole un briciolo di potere, che vuole per forza avere uno spazio, essere qualcuno e allora bisogna adombrare le qualità altrui e appena appare qualcuno che forse ci può, come dire, mettere appunto in ombra, allora bisogna parlar male, far partire i nostri personali giannizzeri, ognuno ha i propri, per poterci liberare del contendente, dell'avversario. Ecco. C'è questa realtà. C'è l'invidia nel mondo. C'è la rivalità nel mondo, non possiamo pensare che questa cosa sia così, succeda solamente ad alcuni. 

La tua sposa come vite feconda - 
E allora come si fa a sopravvivere a tutto questo? Bisogna capire un pò di cose. E' bello perché questo avviene nel giorno del tema della famiglia, allora ci sia consentito questa volta un pochino guardare al salmo responsoriale della liturgia. E' il salmo familiare. Noi ripeteremo nel versetto: " Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie" e appunto questa è la prima parte del salmo che dice appunto: " Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene, la tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa, i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa". E' molto interessante la lettura che i nostri fratelli ebrei danno di questa parola. Identificano la sposa come fa il salmo come intimità della casa e i figli intorno alla mensa. 

Cosa è un marito? Cosa è un padre? -
Ecco cosa significa? Cosa è il padre? Cosa è il marito? Il marito è colui che ha il ruolo di essere le mura della casa, perché la sposa è il centro. Un uomo è il custode, il baluardo, lo scudo della sua sposa e dei suoi bambini. Questo ruolo maschile così bello di prendersi cura, di difendere, di essere un sostegno valido. Una cosa che una donna non perdona è l'inaffidabilità. Quando le donne si trovano di fronte ad una inaffidabilità maschile questo è imperdonabile. Perché? Perché l'uomo deve essere forte. La sua struttura fisica, la sua prerogativa che è un pò atta, molto più del femminile al combattimento, anche se questi sono stereotipi che possono essere contestati, sia come sia, non c'è niente da fare, mai una donna batterà il record dei cento metri piani e dei duecento metri piani maschile perché l'uomo è un pò più forte. Bene e allora questa forza ci vuole, serve. E una donna ci deve poter fare affidamento. Non deve essere obbligata a stare a contatto con un bambino da consolare, ma con un padre che fa da mura, che custodisce la sua sposa perché la sposa sia feconda, sia l'intimità. E' come se la sposa sia il cuore e l'uomo sia le mani. Ci vogliono tutti e due. Perché cresca un bambino ci vogliono un luogo tenero, caldo, il cuore, ma ci vuole qualcuno anche che ti prende per mano e ti porta e ti custodisce e ti difende. 

Cerchiamo di ri contemplare la bellezza del maschile e del femminile - 
Ecco oggi che siamo in grandissima confusione con la logica della famiglia, cerchiamo di ritrovare la nostra bellezza, cerchiamo di ricontemplare l'importanza del maschile, del femminile e la vita bella che cresce in realtà da questi ruoli rispettati. E dalla reciproca bellezza che si specchia l'una nell'altra del maschile e del femminile.

Giuseppe è un uomo profondo, che ha un dialogo con Dio, una vita interiore e per questo è un buon custode delle cose che ha - 
Noi vediamo Giuseppe che è un uomo profondo, ha sogni, capisce la volontà di Dio, capisce i pericoli, si alza nella notte, prende il bambino e sua madre e affronta la condizione di sfollato. Capisce quale è il tempo. E ad un dato momento ecco ancora in sogno l'angelo gli appare, gli dice cosa deve fare. Lui è un uomo che ha un dialogo con Dio. Lui è un uomo che ha una vita interiore. E' bello che Giuseppe porti lo stesso nome del suo predecessore, il figlio di Giacobbe, che era anche lui un uomo che sapeva comprendere i sogni. E' un'immagine arcaica di una vita profonda. Essere profondi fa diventare buoni custodi delle cose. Non si è buoni custodi delle cose perché si hanno i muscoli, perché si è forti, ma perché si ha una vita interiore. 

Bisogno di difendere, coltivare, amare al famiglia che scorga dal sacramento del matrimonio - 
Ecco noi abbiamo bisogno di difendere, di coltivare, di amare la famiglia  che sgorga dal sacramento del matrimonio. Quella famiglia che è un'opera di Dio, che è una chiamata ad essere una piccola chiesa secondo quella logica di una sposa feconda, dei figli che crescono come virgulti di olivo intorno alla mensa e di un uomo che ama, custodisce, protegge, rasserena, fortifica, sostiene tutta questa realtà. Quante belle cose che abbiamo da fare. Ci perdiamo con secondarietà, ci perdiamo con narcismi, infantilismi, immaturità, mondanità, mentre abbiamo cose così belle da fare. Essere custodi di qualcuno, essere fecondi secondo Dio. 

lunedì 16 dicembre 2019

Angelo Vescovi - Cellule staminali adulte - Intervista di Monica Mondo a Soul




Le vie alternative alle sperimentazioni sulle cellule staminali embrionali sono rappresentate dall'utilizzo delle cellule staminali adulte: il vantaggio è che non devono essere sacrificati embrioni. E Angelo Vescovi spiega da laico perché per lui gli embrioni sono da considerarsi già persone. Perché la vita per lui comincia dal concepimento. Non sono parolacce. Cellule simil embrionali autologhe hanno già un utilizzo clinico.
Ammiro in Angelo Vescovi, che a dispetto del nome, non è cattolico, la ricerca della verità, scientifica prima di tutto.

sabato 7 dicembre 2019

Matteo 3, 1-12 - Che venga il Signore e ci liberi e ci purifichi da ciò che in noi non dà buon frutto - Commento di don Fabio Rosini


Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo. Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti e i titoli dei paragrafi in grigio sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.

In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: "Abbiamo Abramo per padre!". Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».  
Matteo 3,1-12


Giovanni Battista predica in maniera non convenzionale e richiama tante cose della storia di Israele:
Nella seconda domenica di Avvento di questo anno A, noi ascoltiamo la predicazione di Giovanni Battista nei primi 12 versetti del capitolo 3 del Vangelo di Matteo. Giovanni Battista ha una predicazione sorprendente, strana, non convenzionale, eppure quel che lui fa richiama tante cose della storia di Israele. Va nel deserto. Si mette nel deserto a gridare. Nel luogo in cui il profeta Isaia aveva detto tanto tempo prima di preparare la via del Signore. E' nel deserto che si prepara. 

Nel deserto Israele si ritrova per quaranta anni dopo il luogo della schiavitù e della distruzione per imparare che la vita è precarietà e per imparare a vivere
Certo. E' nel deserto che il popolo di Israele ha vissuto il suo training fino alla terra promessa. Ha vissuto che cosa? Nel deserto lì dove Giovanni Battista va e si veste con una veste di peli di cammello e con una cintura ai fianchi e il vestito di un penitente, con il vestito di un pellegrino, con il vestito di un disinstallato. Era lì che Israele viveva la sua fase nomadica, dopo quattrocento anni di installazione in una terra prospera, ma vorace. Prospera, ma tragica. Dove loro erano diventati schiavi, il miraggio del benessere era diventato per Israele il luogo della tortura, della distruzione. Da lì erano usciti e per quarant'anni dovevano camminare imparando che la vita è precarietà, per arrivare a vivere in un altra maniera nella terra promessa. Tutto questo è un tentativo pedagogico costantemente in atto da parte della Provvidenza nei confronti dell'uomo.

Giovanni Battista chiama tutti a cambiare mentalità: andare nel deserto per arrivare al regno dei cieli:
E Giovanni Battista chiama tutti quanti alla conversione, al cambiamento di mentalità, perché il regno dei cieli è vicino. E' una nuova pellegrinazione quella che bisogna fare. Andare di nuovo nel deserto per arrivare non alla terra di Canaan dove già si sta, ma al regno dei cieli, che è a portata di mano, si sta avvicinando, non bisogna farselo scappare. 

Parole durissime per i farisei e per i sadducei
E allora si parla in certi termini. Lui accoglie le persone e avrà delle parole durissime per i farisei e per i sadducei. Accomunando per altro così due partiti religiosi molto differenti fra di loro. In un certo senso la linea progressista farisaica e la linea conservatrice più dedita al potere dei sadducei. E' curioso che li insulterà. 

La metafora della scure. Bisogna tagliare:
Ma userà un'espressione: " Io vi dico che già la scure è posta alla radice degli alberi, perché ogni albero che non dà buon frutto venga tagliato e gettato nel fuoco". Ecco deve arrivare l'annunzio di questa scure, fra le varie altre cose che dice Giovanni Battista. Si appoggia la scure alla radice dell'albero prima di colpirla. E' tradizione che chi colpisce prima avvicina l'attrezzo al colpo per allontanarlo e colpire nel punto preciso. Dove arriva la lama della scure, dove si avvicina, dove viene appoggiata la scure sarà dove bisognerà tagliare. Bisogna tagliare. 

Se viene il Signore bisogna tagliare
Siamo nel tempo di Avvento. Alla lunga guardiamo già anche verso il Natale, siamo in quella parte dell'Avvento in cui si parla della venuta in sé, si medita in sé la venuta del Signore. Ma che cosa è la venuta del Signore se viene nella mia vita, se viene nella nostra esistenza anche viene una scure. Anche viene un fuoco. Perché di fatto dirà proprio questo Giovanni Battista, "egli vi battezzerà in  Spirito Santo e fuoco, arriverà qualcuno che raccoglierà il frumento e brucerà la paglia". C'è una parte da perdere. E' inutile. Nella vita non si va avanti se uno non accetta dei tagli, delle perdite, delle selezioni. 

La matrice della insipienza nelle tradizione cristiana è la avarizia
La matrice della insipienza e della mancanza del discernimento viene collegata dalla tradizione spirituale cristiana alla avarizia. All'incapacità alla rinuncia. Viene collegata al fatto di non voler perdere niente. 

Se il Signore viene smaschera delle cose e devo perdere ciò che che non è buono bello e che è ambiguo per fare spazio a ciò che è buono, bello
Se viene il Signore, se entra la verità nella mia vita, verranno smascherate delle cose, dovrò perdere delle cose. Se entro in qualcosa di buono e di bello come il Signore è, come il regno dei cieli è, dovrò perdere tutto ciò che non è buono e bello. Anche quello che è ambiguo dovrò perdere. Ogni albero che non dà frutto. 

Dobbiamo desiderare che il Signore arrivi e ci liberi da quello che non porta frutto
Dobbiamo veramente desiderare che il Signore arrivi con tutta la chiarezza, con tutta la selettività, anche con la durezza che serve. Perché dobbiamo liberarsi dalle scorie, dalla paglia che non è feconda, che non porta frutto. Dobbiamo liberarci da tutti i rami stupidi e inutili della nostra vita. Questa è una liturgia per ringraziare Dio che con noi vuole fare cose vere, serie, belle, feconde, utili, che portano da qualche parte. Ma su tutto il resto il Signore appoggia la scure alla radice dell'albero per tagliarlo. Lasciamo che lo faccia. Qui si tratta di aprire il cuore veramente a liberarci da tutto ciò che non serve. Mille volte capita di dover affrontare cose tragiche nella vita, e trovarsi carichi di una zavorra inutile stolida, che non porta da nessuna parte. 

Il Signore ci libera, ci purifica e ci spoglia di ciò che è inutile e ci danneggia
Il Signore ci deve costantemente purificare. Il processo della purificazione è importantissimo. Dobbiamo supplicarlo che ci spogli di quel che è inutile, di quel che ci danneggia, di quel che ci appesantisce. Ecco arriva Giovanni Battista, annunzia l'irruzione del salvatore, ma il salvatore è secondo la salvezza. E se viene il regno dei cieli è secondo il cielo e non secondo quel che è piccolo e di passaggio. 

C'è una vita asciutta, bella, libera. E se viene il Signore ci liberi da quello che ci inganna e ci fa perdere tempo, da ciò che non è umano, non è il bene
C'è una vita asciutta e bella e libera. C'è una vita agile. La vita di chi non si perde con le stupidaggini. Non si perde con le minutaglie inconsistenti in cui tante volte ci si impiccia nella vita. Venga veramente lo Spirito Santo e venga come fuoco e bruci le nostre menzogne. E ci liberi dai nostri pesi. E liberi un pò tutti. E liberi la Chiesa dalle perdite di tempo e dalle sue trappole e dagli inganni in cui sa cadere. Liberi i cristiani da tutto ciò che non è cristiano. Liberi gli uomini da tutto ciò che non è umano. Liberi il mondo da tutto ciò che non è il bene. 

Veramente colpisca il Signore. Bisogna chiederglielo. Anche se quando colpisce fa male perché noi ci affezioniamo alle cose piccole, ci affezioniamo alle cose seconde. Viene Giovanni Battista, viene vestito come un pellegrino per portarci tutti nel pellegrinaggio. Per tirarci fuori dalle nostre installazioni, per rimetterci nel deserto che porta alla luce, che porta al regno dei cieli. 

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lunedì 2 dicembre 2019

Matteo 24, 37-44 - Atteggiamento di chi attende nelle cose il Signore e in quelle lo incontra - Commento al vangelo di Don Fabio Rosini


Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo. Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti e i titoli dei paragrafi in grigio sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Matteo 24, 37-44


Siamo invitati a guardare alle ultime cose
Entriamo in un nuovo anno liturgico con la prima domenica di Avvento, dove la tematica, come sempre nella prima parte dell'Avvento, è una tematica escatologica. Escaton in greco vuol dire ultimo, cioè noi siamo invitati a guardare alle ultime cose, come già più volte abbiamo sottolineato, si comincia sempre dalla fine, ovverosia si comincia dal fine delle cose. Per capire ogni passo della nostra vita dobbiamo capire dove ci sta portando la vita. Per capire ogni realtà bisogna capirne lo scopo. 

La realtà ha come meta Gesù
Allora tutto parte da un momento sapienziale per cui se noi dobbiamo iniziare un nuovo anno liturgico, la prima cosa che fissiamo è l'Avvento finale del Signore. Tutta la storia orienta ad un ritorno di Gesù. Gesù che abbiamo celebrato nella domenica precedente come re dell'universo, è veramente ciò verso cui va tutto. L'uni-verso è veramente colui che è la meta della realtà. 

L'atteggiamento da avere a riguardo della storia e il momento di Noé
Allora in questo senso noi ci troviamo di fronte ad un testo che è il capitolo 24 del vangelo di Matteo, che da questo momento in poi mediteremo in questo anno A, che mette in parallelo l'atteggiamento da avere a riguardo della storia e a riguardo di tutto quello che è il fine della storia con il momento di Noé, il momento del diluvio. E guarda, questo testo, a come vivevano le persone che vennero spazzate via dal diluvio. Il diluvio rappresenta la corruzione. Ciò che in questo mondo è destinato a sparire, è destinato ad essere spazzato via dalla storia.

Il diluvio avviene molte volte nella storia e nella vita delle persone
Il diluvio avviene molte volte nella storia, molte volte la storia passa con un tergicristallo e di colpo tutto quanto sembra resettato, messo a capo, e tante cose che sembravano imprescindibili, assolute, importantissime, vengono portate via. La storia volta pagina molte volte ed è una cosa molto seria e molto spesso quando si è attaccati, abbarbicati a qualche cosa che deve essere portato via, si finisce nel nulla, si finisce in una vita senza consistenza. Questo è frequente. 
Allora come furono i giorni di Non così sarà la venuta del figlio dell'uomo. Di quale venuta parliamo? Certamente parliamo dell'esito finale della storia, ma anche attraverso quel che abbiamo detto fino ad adesso, noi ci ricordiamo che il Figlio dell'Uomo, viene più di una volta, visita la storia più di una volta, la resetta, come abbiamo già detto, più di una volta. 

Gli azzeramenti nella vita accadono
Così, avviene nel momento in cui tutto viene azzerato e gli azzeramenti nella vita accadono quando uno meno se li aspetta.
Mentre uno sta, come dice qui, mangiando e bevendo, prendendo moglie e prendendo marito, ma poi Noé entra nell'arca, questo mezzo pazzo che non si capisce perché abbia costruito una nave in montagna, ma cosa sta facendo, questo che vive per cose che non son successe, che assolutizza cose che non hanno nessuna importanza, che è un fissato con la religione, ascolta Dio, ascolta queste cose qua, ascolta delle voci, sarà mezzo pazzo appunto, ma pensiamo a mangiare e bere, prendere moglie e prendere marito. 

Prendere: un atteggiamento in funzione del mio appetito. Vivere per appagarsi.
Qui non si colpevolizza il matrimonio. Qui è molto interessante l'atteggiamento. Prendere moglie. Prendere marito. Cioè l'atteggiamento per cui tutto è in funzione del mio ego. Io non mi sposo, prendo moglie. Il linguaggio è prensile, aggressivo, possessivo. Vivere per appagarsi, vivere per riempire le proprie esigenze, mangiare e darsi compagnia. Il nuovo rito del matrimonio giustamente dice: io accolgo te come mia sposa. Una sposa si accoglie come un dono. Qui siamo di fronte al prendere che è un atteggiamento molto umano ed è vivere un pochino per il proprio appetito affettivo o fisico. 

Noé vive per un'altra cosa, per cose un pò più serie e resta in piedi.
Invece Noé vive per un'altra cosa. E così è della venuta del Figlio dell'Uomo. E ci sarà una selezione. Uno vive in una maniera, uno vive in un'altra. Non dobbiamo semplicemente guardare questo come la chiave della dannazione o della salvezza, no. Dobbiamo guardare nel pratico.
Tante volte c'è questo colpo di tergicristallo che spazza via le cose. Ed è interessante: chi resta in piedi? chi viveva per cose un pò più serie, chi stava orientato su ciò che vale un pò di più.

Come si capisce che cosa vale di più?
E qui dice Gesù: come si capisce che cosa è questo che vale un pò di più? Vegliate perché non sapete. Allora si oppongono due verbi. Vegliare e sapere. Dice: ma se un ladro  viene quando un padrone lo sa, il padrone non si fa scassinare la casa. E allora? Non funziona così. Tenetevi pronti perché nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'Uomo. Dovete vegliare, ma non sapere né immaginare. Non è nella immaginazione umana capire come Dio opererà. Non è nella sapienza umana, capire come Dio resetterà la storia. Bisogna avere gli occhi aperti.  Qui non si tratta di essere particolarmente intelligenti o immaginativi. Non si tratta di fare i conti in tasca a Dio e capirne le strategie, perché nessuno le può veramente inquadrare in uno schema. 

Vegliare: aprire gli occhi quando dovrebbero essere chiusi. 
Qui si tratta di avere gli occhi aperti. Cosa vuol dire vegliare? Chi veglia? Se una persona a mezzogiorno sta con gli occhi aperti non sta facendo una veglia. Si fa una veglia quando dovrebbero stare tutti a dormire, ma tu stai con gli occhi aperti. Hai vegliato. Vegliare si veglia di notte, vegliare non si veglia di giorno. Allora vegliare vuol dire aprire gli occhi quando dovrebbero essere chiusi. Non si tratta di andare secondo giorni e notti umani. Ma di andare secondo un'attesa. Veglia chi attende, veglia chi aspetta qualcosa, veglia chi cerca qualcosa, veglia chi pensa che c'è qualcosa da vedere. C'è qualcosa da vedere. 

Il sonno esistenziale in cui cadiamo tutti
Le persone campano, tirano a campare, mettono insieme il pranzo con la cena, come si dice a Roma, ma non guardano, non cercano, hanno gli occhi interiori chiusi, non si chiedono dove li sta portando la vita, non si chiedono cosa sta facendo Dio. Tutti cadiamo in questo sonno esistenziale, mangiamo, beviamo, prendiamo moglie, prendiamo marito, ci associamo, prendiamo iniziative, costruiamo cose, ma non vegliamo, non guardiamo l'oltre delle cose, non guardiamo chi sta arrivando. 

Nelle cose si sta preparando qualcosa. Avere presente che il Signore viene nelle cose e nelle cose lo incontra
Nelle cose sta arrivando qualcuno. Nelle cose si sta preparando un colpo di spugna, un volta pagina. Le cose finiscono. Bisogna guardare chi non finisce. Comincia l'Avvento. L'Avvento è un atteggiamento della Chiesa, quello per cui sa che il Signore viene nelle cose, non si sorprende del fatto che la storia vada in modo diverso da come noi immaginiamo e sappiamo. E' l'atteggiamento di chi attende nelle cose il Signore e lo incontra nelle cose. 

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IL CAMMINO DELL'UOMO

IL CAMMINO DELL'UOMO
Marcia francescana 25 luglio - 4 agosto 2003