Un
articolo interessante per capire il senso che Papa Francesco ha dato al suo
viaggio in Turchia ( 28-30 novembre 2014) tratto da Avvenire1 dicembre 2014. Vi si analizzano le risposte che il Papa ha
dato nella consueta conferenza stampa durante il viaggio di rientro a Roma.
I
neretti sono stati aggiunti con lo scopo di facilitarne la lettura.
Il Papa: «L'islam condanni il
terrorismo»
La comunione. Solo la comunione con le Chiese ortodosse. Questa
è “l'unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come Vescovo
di Roma”. Al culmine della sua visita in Turchia, nel giorno di sant'Andrea,
fondatore del patriarcato di Costantinopoli, dopo aver già compiuto sabato sera
il gesto dell'inchino davanti a Bartolomeo (che a sua volta ha ricambiato con
un bacio sul capo), Francesco pronuncia queste parole che appaiono come il
suggello di tutto il viaggio.
L'ecumenismo, aveva detto, poco prima il Patriarca è
anche guardare avanti “al futuro”. E il Papa "vede" in questo futuro
anche e soprattutto la piena unità, alla quale bisogna tendere con tutte le
forze. Ma nel contempo Francesco rassicura: “Piena comunione non significa né sottomissione l'uno dell'altro, né
assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a
ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza”.
E poi aggiunge: “Voglio assicurare che
pur di giungere alla meta sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcune
esigenza se non quella della professione della fede comune”. Spieghierà
poco dopo in aereo, nella consueta conferenza stampa sul volo di ritorno a
Roma, che con questa frase egli ha voluto rilanciare la proposta di Giovanni
Paolo II di discutere sulle forme di esercizio del primato: “Dobbiamo andare un po’ al primo millennio
per ispirarci. Non dico che la Chiesa ha sbagliato: no, no. Ha fatto la sua
strada storica. Ma adesso la strada storica della Chiesa è quella che ha
chiesto San Giovanni Paolo II: ‘Aiutatemi a trovare un punto d’accordo alla
luce del primo millennio”.
La conversazione con i giornalisti, durata quasi 40 minuti, è
servita anche per chiarire altri aspetti del viaggio. Ad esempio la cosiddetta
islamofobia. Francesco è stato chiaro al riguardo. “Il Corano è un libro di pace”, dunque non si può equiparare islam e
terrorismo. Tuttavia “sarebbe bello che tutti i leader islamici – siano essi
leader politici, leader religiosi o leader accademici – dicano chiaramente e
condannino il terrorismo, perché questo aiuterà la maggioranza del popolo islamico
a dire ‘No!’, ma davvero, dalla bocca dei suoi leader”. E quanto alla
cristianofobia, il Papa conferma: “Ci stanno cacciando dal Medio Oriente”. Una
ragione di più per ricercare l'unità. “Un ecumenismo del sangue”, lo definisce
il Pontefice.
Quanto
a un suo possibile viaggio in Iraq, Francesco conferma il desiderio di
andarci, ma sottolinea che adesso non si può per una serie di ragioni, anche di
sicurezza.
Infine rispondendo a una domanda sulla visita alla Moschea Blu,
usa esplicitamente la parola preghiera. “Qui
– afferma – ho sentito il bisogno di pregare soprattutto per la pace”. E
sul dialogo interreligioso spiega che è
ora di fare un salto di qualità perché sia non un dialogo teologico ma
esperienziale “tra persone religiose di diverse appartenenze”. Infine,
a una domanda sulle discussioni sull’omosessualità in occasione dei
recenti lavori sinodali, ha ricordato che “il
Sinodo è un percorso, è un cammino”: non si può considerare in modo isolato
l’opinione di una persona o di una bozza di documento. “Il Sinodo – ha concluso
- non è un parlamento” ma “uno spazio protetto dove possa parlare lo Spirito
Santo”.
Il Papa si sofferma anche sul rapporto con il patriarcato di
Mosca, ricordando di aver mandato messaggi a Kirill per un possibile incontro: “Tu mi dici dove e io vengo”. E sul
dialogo teologico sottolinea che deve andare avanti per conto suo, senza che
però questo blocchi i rapporti ecumenici (“Mettiamo tutti i teologi su
un'isola”, dice riprendendo una vecchia battuta di Atenagora). In sostanza,
anche nella conferenza stampa, pur apparendo visibilmente stanco per
l'intensità degli impegni concentrati in tre giorni, il Papa conferma che il
viaggio in Turchia è pienamente riuscito.
Bellissimo,
domenica mattina, il momento della Divina Liturgia e lo scambio dei discorsi
con Bartolomeo, che ribadisce anch'gli il desiderio di camminare verso la piena
unità. Quindi la benedizione comune dal
balcone del patriarcato, l'abbraccio davanti al popolo e la firma di una
dichiarazione comune che contiene tra le altre cose “l'impegno a intensificare
gli sforzi” per la comunione. Prima della partenza Francesco si intrattiene per mezzora con un centinaio di ragazzi
siriani, iracheni e africani, rifugiati e assistiti dai salesiani.
L'incontro si svolge nella Cattedrale del Santo Spirito, e non nel giardino
delle delegazione apostolica, a motivo della pioggia. Dopo il saluto di padre
Andres, direttore del centro salesiano, il Papa ascolta la testimonianza di una
ragazza sui cristiani cacciati dall'Iraq e raccomanda: “Non scoraggiatevi. La Chiesa cattolica vi è vicina”. Infine, prima di imbarcarsi sull'aereo,
visita in ospedale, il patriarca armeno Mesrob, da tempo ammalato. Anche questo
è ecumenismo.
Si
resta a disposizione per l’eventuale rimozione del testo qualora richiesto
dagli aventi diritto.