Roma - Sveglia alle 5 e partenza alle 06.00 per l'aereoporto. Papà mi accompagna ricordandomi il regalo che desidera. E' la prima volta che insiste così per un regalo. Ha scaricato la foto da internet e l'ha stampata perché non me la dimentichi. Ha un nome strano: " Pettorale di giustizia". Mi immagino che appartenga al genere di cose che chiamo paccottiglia. Spero di accontentarlo perché è troppo entusiasta. Arriviamo all'aeroporto di Fiumicino. Ci facciamo fare una foto insieme. Poi mi accompagna alla fila per il controllo sicurezza. Rimane al di là della cordicella e assiste da lontano a tutto lo spettacolo dell'interminabile interrogatorio della sicurezza israeliana.
Segue 1 ora e 30 minuti di controllo del bagaglio e di domande da parte dell'addetta alla sicurezza dei voli della Israir, studente di medicina. Contemporaneamente, senza che io me ne accorga, gli agenti della sicurezza voli israeliani hanno invitato mio padre in una stanza e gli stanno facendo le stesse domante e controllano che le risposte che diamo coincidano. Finalmente arrivo all'aereo che alle ore 12 inizia a muoversi verso la pista.
Il mio pellegrinaggio inizia con la lettura dell'ora media di martedì della 4° settimana: Isaia 55, 10-11
"Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,perché dia il seme al semnatore e pane da mandiare, così sarà della Parola uscita dalla mia bocca, non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desiderl e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata".
Aereoporto Ben Gurion - Ore 17.00 Fuori dell'aereoporto Ben Gurion di Tel Aviv salgo sullo Sherut ( taxi collettivo israeliano) che mi condurrà per 58 SIN ( 11 Euro) fino a Porta Nuova a Gerusalemme.
Gerusalemme - Accompagnamo i vari ospiti del taxi. Io scenderò per ultimo. La maggior parte sono ebrei, alcuni ortodossi e per portarli a destinazione percorriamo le vie della Gerusalemme nuova, quella dei quartieri nati negli ultimi anni e abitati, almeno questa è l'impressione che ho, prevalentemente da ebrei ortodossi.
Questi quartieri si assomigliano. Sono costituiti da file di case bianche spesso a due piani. Case di pietra bianca. Per le strade si vedono uomini vestiti con gli abiti ebrei tradizionali. Vestiti in nero. A volte con cappello. Con cappelli di fogge diverse. Questo me lo aspettavo. Lo sapevo.
Quello che mi ha colpito subito è stata la grande quantità di bambini che vedevo. Bambini di tutte le età. Molti non indossavano vestiti tradizionali, ma dalle magliette di ciascuno pendevano le frange del tallit.
Tantissime giovani mamme, con uno, due, tre bambini. L'impressione che ti comunicato è che c'è vita. Che c'è movimento. Senso del tempo.
Era il tardo pomeriggio. Si vedevano le famiglie tornare a casa con la spesa. Intuivo anche che era l'ora in cui i genitori o i fratelli maggiori andavano a predere i più piccoli in quelli che in Italia definirei asili.
Vedo quindi questi nuclei famigliari, con bambini di età progressivamente maggiore, che si muovono per tornare verso casa. Intanto penso alle città italiane. Penso allo spettacolo che nelle nostre città non è più dato di vedere, se non in limitatissime eccezionali situazioni.
Ogni tanto in qualche punto, alla fermata dell'autobus o magari davanti una scuola di Torah vedo agglomerati di persone. Chi si saluta, chi ride, chi parla al cellulare, chi guarda l'orologio e corre veloce.
Alle 18.45 Porta nuova. Prima strada a sinistra, una volta entrato nelle mura e arrivo alla Custodia di Terra Santa. Attendo Miriam. Sentivo l'eco dell'invito alla preghiera. Ora che ci penso nei giorni successivi mi ci sono abituato. In quel momento mi ha colpito. Come musica, si diffondeva. Un bel venticello fresco. Il sole che scendeva mandava la sua luce morbida che colorava di caldo la pietra bianca dei palazzi della custodia.
Ore 19.20 Si fa buio e io sono seduto davanti alla porta della custodia. Ad un certo punto la porta si apre. Al volo riconosco Padre Pizzaballa. Mi saluta. Io lo saluto. Ci eravamo visti ad Assisi qualche anno prima. " Sanno che lei è qui?". "Si. Stavo aspettando una persona che aveva una riunione con lei". Mi dice che la riunione per loro è quasi finita e, dopo avermi salutato, si allontana verso il convento.
Ore 19.30 Esce padre Hibraim. Continuo a dire che aspetto delle persone che stanno alla riunione. Arriva Miriam.
Dopo i saluti decidiamo di andare a cena con i suoi colleghi. Lascio le valigie. Camminiamo insieme verso Giaffa Street. E' la prima volta che cammino per la città nuova di Gerusalemme come se fosse una città qualunque.
Dopo la cena prendiamo la valigia lasciata alla Custidia e andiamo in quella che sarà la casa che mi avrebbe ospitato. Miriam mi mostra la casa e la stanza. Sono all'ultimo piano. Miriam mi indica il balcone che dà su Gerusalemme. Alle 11 ci salutiamo. Esco sul balcone. Foto su vista notturna di Gerusalemme.
Ore 11.45. Vado con altri ospiti della casa al Santo Sepolcro perché mi dicxono che per la Festa dell'Esaltazione della Croce il Sepolcro apre alle 24.00 e sarebbe rimasto aperto tutta la notte. Vado. Preghiera. Foto.
Ritorno a casa e praticamente svengo sul letto.
Segue 1 ora e 30 minuti di controllo del bagaglio e di domande da parte dell'addetta alla sicurezza dei voli della Israir, studente di medicina. Contemporaneamente, senza che io me ne accorga, gli agenti della sicurezza voli israeliani hanno invitato mio padre in una stanza e gli stanno facendo le stesse domante e controllano che le risposte che diamo coincidano. Finalmente arrivo all'aereo che alle ore 12 inizia a muoversi verso la pista.
Il mio pellegrinaggio inizia con la lettura dell'ora media di martedì della 4° settimana: Isaia 55, 10-11
"Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,perché dia il seme al semnatore e pane da mandiare, così sarà della Parola uscita dalla mia bocca, non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desiderl e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata".
Aereoporto Ben Gurion - Ore 17.00 Fuori dell'aereoporto Ben Gurion di Tel Aviv salgo sullo Sherut ( taxi collettivo israeliano) che mi condurrà per 58 SIN ( 11 Euro) fino a Porta Nuova a Gerusalemme.
Gerusalemme - Accompagnamo i vari ospiti del taxi. Io scenderò per ultimo. La maggior parte sono ebrei, alcuni ortodossi e per portarli a destinazione percorriamo le vie della Gerusalemme nuova, quella dei quartieri nati negli ultimi anni e abitati, almeno questa è l'impressione che ho, prevalentemente da ebrei ortodossi.
Questi quartieri si assomigliano. Sono costituiti da file di case bianche spesso a due piani. Case di pietra bianca. Per le strade si vedono uomini vestiti con gli abiti ebrei tradizionali. Vestiti in nero. A volte con cappello. Con cappelli di fogge diverse. Questo me lo aspettavo. Lo sapevo.
Quello che mi ha colpito subito è stata la grande quantità di bambini che vedevo. Bambini di tutte le età. Molti non indossavano vestiti tradizionali, ma dalle magliette di ciascuno pendevano le frange del tallit.
Tantissime giovani mamme, con uno, due, tre bambini. L'impressione che ti comunicato è che c'è vita. Che c'è movimento. Senso del tempo.
Era il tardo pomeriggio. Si vedevano le famiglie tornare a casa con la spesa. Intuivo anche che era l'ora in cui i genitori o i fratelli maggiori andavano a predere i più piccoli in quelli che in Italia definirei asili.
Vedo quindi questi nuclei famigliari, con bambini di età progressivamente maggiore, che si muovono per tornare verso casa. Intanto penso alle città italiane. Penso allo spettacolo che nelle nostre città non è più dato di vedere, se non in limitatissime eccezionali situazioni.
Ogni tanto in qualche punto, alla fermata dell'autobus o magari davanti una scuola di Torah vedo agglomerati di persone. Chi si saluta, chi ride, chi parla al cellulare, chi guarda l'orologio e corre veloce.
Alle 18.45 Porta nuova. Prima strada a sinistra, una volta entrato nelle mura e arrivo alla Custodia di Terra Santa. Attendo Miriam. Sentivo l'eco dell'invito alla preghiera. Ora che ci penso nei giorni successivi mi ci sono abituato. In quel momento mi ha colpito. Come musica, si diffondeva. Un bel venticello fresco. Il sole che scendeva mandava la sua luce morbida che colorava di caldo la pietra bianca dei palazzi della custodia.
Ore 19.20 Si fa buio e io sono seduto davanti alla porta della custodia. Ad un certo punto la porta si apre. Al volo riconosco Padre Pizzaballa. Mi saluta. Io lo saluto. Ci eravamo visti ad Assisi qualche anno prima. " Sanno che lei è qui?". "Si. Stavo aspettando una persona che aveva una riunione con lei". Mi dice che la riunione per loro è quasi finita e, dopo avermi salutato, si allontana verso il convento.
Ore 19.30 Esce padre Hibraim. Continuo a dire che aspetto delle persone che stanno alla riunione. Arriva Miriam.
Dopo i saluti decidiamo di andare a cena con i suoi colleghi. Lascio le valigie. Camminiamo insieme verso Giaffa Street. E' la prima volta che cammino per la città nuova di Gerusalemme come se fosse una città qualunque.
Dopo la cena prendiamo la valigia lasciata alla Custidia e andiamo in quella che sarà la casa che mi avrebbe ospitato. Miriam mi mostra la casa e la stanza. Sono all'ultimo piano. Miriam mi indica il balcone che dà su Gerusalemme. Alle 11 ci salutiamo. Esco sul balcone. Foto su vista notturna di Gerusalemme.
Ore 11.45. Vado con altri ospiti della casa al Santo Sepolcro perché mi dicxono che per la Festa dell'Esaltazione della Croce il Sepolcro apre alle 24.00 e sarebbe rimasto aperto tutta la notte. Vado. Preghiera. Foto.
Ritorno a casa e praticamente svengo sul letto.
Nessun commento:
Posta un commento