lunedì 27 maggio 2019

La bellezza va difesa - Omelia di don Fabio Pieroni

Le aspirazioni e le inclinazioni non sono i capricci. Sono i desideri più grandi.
Non è facile distinguere un capriccio dai desideri più grandi.
I desideri più grandi li suggerisce lo Spirito Santo.
Sono le cose alte, le cose grandi.
Che spesso noi scambiamo per delle cose inutili.
Invece, siccome non facciamo discernimento, ma siamo sbrigativi,
oppure deleghiamo i nostri criteri di discernimento alla televisione all'opinion leader del momento che ci sembra così interessante, dopo due anni non è più nessuno, però all'epoca noi gli affidammo il nostro criterio per decidere perché all'epoca quel determinato calciatore fece questa affermazione, magari di assolutizzare l'importanza del mister. Ora noi dobbiamo capire che questi figli, non sono solo i figli di una famiglia, ma di una comunità cristiana, che vuole dare il meglio a questi figli.
Li avete visti quando sono entrati? Gesù ad un certo punto dice: " Io voglio che questi miei amici che sono gli apostoli, vengano consacrati nella verità", perché ogni bambino, ogni uomo, è come un tempio, che viene dedicato, consacrato alle cose più grandi. E quando c'è una cosa grande, c'è una cosa bella che ti commuove. Avete visto no? L'innocenza, la spontaneità, la bellezza questa dobbiamo difenderla, dobbiamo coltivarla, dobbiamo farla crescere e per questo abbiamo dei catechisti, abbiamo dei sacerdoti.

Don Fabio Pieroni - Parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle
Omelia del 26 maggio 2019

L'arte di ricominciare - Esercizio 6: Ogni sera analizzare cosa abbiamo ricevuto quel giorno

Fermarsi ogni sera a vedere cosa abbiamo ricevuto in quel giorno.

A vari ragazzi questo può bastare come esame della giornata, senza altre analisi:
dimmi almeno tre cose belle di questa giornata.

E se inizi a riflettere vedrai che ce ne stavano tante altre.
Anche nella giornata più terribile.
Che poi si diventa piano piano capaci di vedere il bene nascosto pure nelle cose che sembrano più tragiche.

Talvolta ho dovuto dare anche a dei preti questo esercizio primario, perché li ho trovati incartati di tristezza e di ingratitudine. Circondati di grazia ma inzuppati di abitudine alla mormorazione... e la mormorazione è la preghiera del demonio.

Citazione da: L'arte di ricominciare
Edizioni San Paolo
don Fabio Rosini
Pagina 211

Giovanni 15

Io sono la vera vite
e il Padre mio è il vignaiolo.

Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie
e ogni tralcio che porta frutto, lo pota
perché porti più frutto.

Voi siete già mondi,
per la parola che vi ho annunziato.

Rimanete in me
e io in voi.

Come il tralcio non può far frutto da se se non rimane nella vite,
così anche voi se non rimanete in me.

Io sono la vite,
voi i tralci.

Chi rimane in me ed io in lui,
fa molto frutto,

perché senza di me non potete far nulla.

Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca,
e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi,
chiedete quel che volete e vi sarà dato.

In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Come il Padre ha amato me,
così anche io ho amato voi.

Rimanete nel mio amore,

come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.

Voi sarete miei amici se farete ciò che io vi comando.

Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone;
ma vi ho chiamato amici,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.

Non voi avete scelto me,
ma io ho scelto voi
e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga;

perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome,
ve lo conceda.

Questo vi comando:
amatevi gli uni gli altri.

L'arte di ricominciare - Il tempo passato a non amare è notte

Il problema del peccato non è il peccato ma ciò di cui è alternativa: l'amore. Quindi tutto il tempo passato a non amare è notte, è tenebra. Può essere insulso, come negli esami precedenti, o grave, ma l'effetto è lo stesso: non entrare nella luce.
Qualcuno ha detto che non conta se un uccellino è legato ad un filo di lana o ad una catena: comunque non vola.


Citato da: L'arte di ricominciare - Edizioni San Paolo - Don Fabio Rosini - Pagina 59

Papa Francesco - Agli operatori sanitari cattolici

sottotitoli in grigio sono stati aggiunti per facilitare la lettura. Si rimane a disposizione per la rimozione del testo qualora venga richiesta dagli aventi diritto. 


Cari fratelli e sorelle!

Saluto tutti voi, membri dell’Associazione Cattolica Operatori Sanitari, in particolare il vostro Presidente, che ringrazio per le sue parole – ha detto che mi vuole bene, che voi mi volete bene: questo mi fa bene! E saluto anche il Consulente ecclesiastico. Sono lieto di incontrarvi e di condividere con voi l’intento di difendere e promuovere la vita, a partire da coloro che sono più indifesi o bisognosi di assistenza perché malati, o anziani, o emarginati, o perché si affacciano all’esistenza e chiedono di essere accolti e accuditi. A tutti costoro, in diversi modi, voi prestate un servizio insostituibile ogni volta che, come operatori sanitari, offrite loro le cure di cui hanno bisogno o la vicinanza che li sostiene nella loro fragilità.
Il ricordo del 40° anniversario di fondazione dell’ACOS ci spinge a ringraziare il Signore per ciò che avete ricevuto dall’Associazione e per quanto vi ha concesso di operare in questo tempo per il miglioramento del sistema sanitario e delle condizioni di lavoro di tutti gli operatori sanitari, oltre che per la condizione dei malati e dei loro familiari, i quali sono i primi destinatari del vostro impegno.


Cambiamenti del sistema sanitario
Negli ultimi decenni, il sistema di assistenza e di cura si è trasformato radicalmente, e con esso sono mutati anche il modo di intendere la medicina e il rapporto stesso con il malato. La tecnologia ha raggiunto traguardi sensazionali e insperati e ha aperto la strada a nuove tecniche di diagnosi e di cura, ponendo però in modo sempre più forte problemi di carattere etico. Infatti, molti ritengono che qualunque possibilità offerta dalla tecnica sia di per sé moralmente attuabile, ma, in realtà, di ogni pratica medica o intervento sull’essere umano si deve prima valutare con attenzione se rispetti effettivamente la vita e la dignità umana. La pratica dell’obiezione di coscienza – oggi la si mette in discussione –, nei casi estremi in cui sia messa in pericolo l’integrità della vita umana, si basa quindi sulla personale esigenza di non agire in modo difforme dal proprio convincimento etico, ma rappresenta anche un segno per l’ambiente sanitario nel quale ci si trova, oltre che nei confronti dei pazienti stessi e delle loro famiglie.

Obiezione di coscienza e modo di portarla avanti
La scelta dell’obiezione, tuttavia, quando necessaria, va compiuta con rispetto, perché non diventi motivo di disprezzo o di orgoglio ciò che deve essere fatto con umiltà, per non generare in chi vi osserva un uguale disprezzo, che impedirebbe di comprendere le vere motivazioni che ci spingono. È bene invece cercare sempre il dialogo, soprattutto con coloro che hanno posizioni diverse, mettendosi in ascolto del loro punto di vista e cercando di trasmettere il vostro, non come chi sale in cattedra, ma come chi cerca il vero bene delle persone. Farsi compagni di viaggio di chi ci sta accanto, in particolare degli ultimi, dei più dimenticati, degli esclusi: questo è il miglior modo per comprendere a fondo e con verità le diverse situazioni e il bene morale che vi è implicato. 
Questa è anche la via per rendere la migliore testimonianza al Vangelo, che getta sulla persona la luce potente che dal Signore Gesù continua a proiettarsi su ogni essere umano. Proprio l’umanità di Cristo è il tesoro inesauribile e la scuola più grande, dalla quale continuamente imparare. Con i suoi gesti e le sue parole, Egli ci ha fatto sentire il tocco e la voce di Dio e ci ha insegnato che ogni individuo, anzitutto chi è ultimo, non è un numero, ma una persona, unica e irripetibile.
Proprio lo sforzo di trattare i malati come persone, e non come numeri, deve essere compiuto nel nostro tempo e tenendo conto della forma che il sistema sanitario ha progressivamente assunto. La sua aziendalizzazione, che ha posto in primo piano le esigenze di riduzione dei costi e razionalizzazione dei servizi, ha mutato a fondo l’approccio alla malattia e al malato stesso, con una preferenza per l’efficienza che non di rado ha posto in secondo piano l’attenzione alla persona, la quale ha l’esigenza di essere capita, ascoltata e accompagnata, tanto quanto ha bisogno di una corretta diagnosi e di una cura efficace.

La guarigione non è il risultato di una catena di montaggio
La guarigione, tra l’altro, passa non solo dal corpo ma anche dallo spirito, dalla capacità di ritrovare fiducia e di reagire; per cui il malato non può essere trattato come una macchina, né il sistema sanitario, pubblico o privato, può concepirsi come una catena di montaggio. Le persone non sono mai uguali fra loro, vanno capite e curate una per una, come fa Dio: Dio fa così. Questo esige ovviamente da parte degli operatori sanitari un notevole impegno, che spesso non è compreso e apprezzato a sufficienza. 

L'attenzione alla salute fisica, mentale e spirituale degli operatori sanitari
La cura che prestate ai malati, così impegnativa e coinvolgente, esige che ci si prenda cura anche di voi. Infatti, in un ambiente dove il malato diventa un numero, anche voi rischiate di diventarlo e di essere “bruciati” da turni di lavoro troppo duri, dallo stress delle urgenze o dall’impatto emotivo. È quindi importante che gli operatori sanitari abbiano tutele adeguate nel loro lavoro, ricevano il giusto riconoscimento per i compiti che svolgono e possano fruire degli strumenti adatti per essere sempre motivati e formati.

Formazione: studio, aggiornamento ma soprattutto cura della spiritualità
Proprio quello della formazione è un obiettivo che la vostra Associazione da sempre persegue, e vi invito a portarlo avanti con determinazione, in un momento nel quale spesso si perdono di vista i valori più basilari del rispetto e della tutela della vita di tutti. La formazione che proponete sia non solo confronto, studio e aggiornamento, ma ponga una particolare cura alla spiritualità, in modo che sia riscoperta e apprezzata questa dimensione fondamentale della persona, spesso trascurata nel nostro tempo ma così importante, soprattutto per chi vive la malattia o è vicino a chi soffre.
Vi incoraggio, fratelli e sorelle, anche a valorizzare sempre l’esperienza associativa, affrontando con nuovo slancio le sfide che vi attendono negli ambiti che insieme abbiamo considerato. Una buona sinergia tra le sedi regionali farà in modo che le forze dei singoli e dei vari gruppi locali non restino isolate ma siano coordinate e si moltiplichino.


Nutrirsi della Parola di Dio
Per mantenere sempre vivo il vostro spirito, vi esorto ad essere fedeli alla preghiera e a nutrirvi della Parola di Dio: sempre con il Vangelo in tasca, sempre a portata di mano: cinque minuti, si legge, così che entri in noi la Parola di Dio. Vi ispiri l’esempio di costanza e dedizione dei santi: tanti, tra loro, hanno servito con amore e disinteresse proprio i malati, specialmente i più abbandonati. Riguardo al Vangelo in tasca, ho letto il racconto di un missionario – forse lo conoscete, è vero –, di una persona credo dell’Amazzonia, indigena, che portava sempre il Vangelo in tasca. Era analfabeta, non sapeva leggere, ma portava il Vangelo in tasca, tutto rovinato dai tanti anni in cui lo portava. E una volta il missionario gli ha chiesto: “Come mai porti il Vangelo se non sai leggere?” - “È vero, io non so leggere, ma Dio sa parlare!”. Quella consapevolezza che in quel Libro c’è la Parola di Dio, che ci parla, sempre. Sempre con il Vangelo in tasca. 
Cari amici, vi accompagno con la mia preghiera in questo prezioso compito di testimonianza. Vi affido al Cuore Immacolato di Maria, al quale la vostra Associazione è consacrata. Esso, che in modo limpido ha praticato l’accoglienza e la carità, resti sempre per noi rifugio nella fatica e modello di servizio ai fratelli. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me, e andate avanti. Grazie!



Papa FRANCESCO
ALL'ASSOCIAZIONE CATTOLICA OPERATORI SANITARI (ACOS)
Sala Clementina

Venerdì, 17 maggio 2019

Papa Francesco - Sempre il Vangelo in tasca

... Per mantenere sempre vivo il vostro spirito, vi esorto ad essere fedeli alla preghiera e a nutrirvi della Parola di Dio: sempre con il Vangelo in tasca, sempre a portata di mano: cinque minuti, si legge, così che entri in noi la Parola di Dio. Vi ispiri l’esempio di costanza e dedizione dei santi: tanti, tra loro, hanno servito con amore e disinteresse proprio i malati, specialmente i più abbandonati. Riguardo al Vangelo in tasca, ho letto il racconto di un missionario – forse lo conoscete, è vero –, di una persona credo dell’Amazzonia, indigena, che portava sempre il Vangelo in tasca. Era analfabeta, non sapeva leggere, ma portava il Vangelo in tasca, tutto rovinato dai tanti anni in cui lo portava. E una volta il missionario gli ha chiesto: “Come mai porti il Vangelo se non sai leggere?” - “È vero, io non so leggere, ma Dio sa parlare!”. Quella consapevolezza che in quel Libro c’è la Parola di Dio, che ci parla, sempre. Sempre con il Vangelo in tasca.




Papa FRANCESCO
ALL'ASSOCIAZIONE CATTOLICA OPERATORI SANITARI (ACOS)


Sala Clementina



Venerdì, 17 maggio 2019

lunedì 20 maggio 2019

Marco Guzzi - L'ultima lezione

Non rifiutare l’afa di questo pomeriggio calabrese.
Non rifiutare la tua paura.
Non rifiutare la tua meschinità e il tuo orgoglio,

Il senso pungente della tua inferiorità e la percezione di una superiorità
Che giudica e pone sotto o sopra le persone
In base a scale di giudizio inflessibili e crudeli.
Tu non giudicare il tuo giudizio, non condannarti.
Non rifiutare quell’ombra che odi dentro di te,
Né quell’altra che la odia, non separarti da niente.
Non rifiutare l’amarezza della prima mattina
Né il tuo peccato più frequente.
Lascia che io ti dilati: tu
Contieni, accogli, accetta, risana.
Guarda con dolcezza la tua avidità di bambino defraudato.
Guarda con amore la tua arroganza, la tua chiusura.
Guarda alle tue piccolezze come guarda una madre
Al figlio che agita i pugnetti per respingerla piangendo.
Così amerai il tuo assassino e pregherai per lui.
Guarderai con dolcezza il persecutore, chi ti esclude crudelmente,
Chi ti umiliò e ti sconfisse, senza nemmeno riconoscerti.
Non rifiutare niente. Non giudicare. Non condannarti.
Resta uno, unanime, un’anima indivisa. Resta coerente.
Non resistere al male. Non raddoppiarlo. Fattene madre.
Fattene intermediario, medico.
Fatene carico.
E cura.
Allora la misericordia lo scioglierà nel tuo cuore,
Perché è sempre un rifiuto che alimenta il fuoco distruttivo.
Mentre l’accettazione scioglie il ghiaccio e unge le ferite.
E non rifiutare nemmeno il tuo rifiuto. Non ti accanire.
Giocaci piuttosto, cantagli una canzone, fanne una storia,
E lo vedrai sfumare quanto meno ti ci contrapponi.
Comprendi questa mia lezione? Ti suona? Vuoi questo mio cuore
Che non nega? Vuoi conoscere il mio divino amore?
Vuoi la perfezione?
E’ tutta qui, in queste braccia
Comunque aperte, anche se mi uccidi.

Simone Cristicchi - Racconta come è diventato un artista

Si resta a disposizione per la rimozione del testo da questo blog qualora richiesto dagli aventi diritto. Il testo risulta dalla trascrizione dell'intervento.  I titoli sono stati aggiunti per una paragrafatura del testo. 

"A proposito del tema di questo convegno non posso non raccontare come io sia diventato un creativo, un artista, uno scrittore, un cantautore eccetera.

Il lutto
Tutto risale a quando ero bambino, avevo 12 anni, a proposito di debolezza e forza,  e proprio in quel momento della mia vita, quando si è più fragili, più indifesi, avvenne un qualcosa di molto brutto, ovvero rimasi orfano, morì mio padre a quaranta anni.
E questo dolore fortissimo che ho sentito mi faceva sentire emarginato, diverso da tutti gli altri bambini della mia età.

Le due strade
Ed è proprio in quel momento, come diceva don Gigi, ti si pongono davanti due strade, un bivio. Da una parte cedere al dolore e diventare qualcos’altro, abbattersi. Dall’altra parte la voglia di trasformarlo quel dolore, di farlo fiorire, di farlo diventare qualcosa di buono, di bello.

Ed è nel disegno del fumetto che ho trovato il mio mondo, il mondo bello, dove poter stare, dove poter vivere. E ho cominciato a disegnare, sette, otto, nove, ore al giorno davanti ad una lampada.
Il mio nuovo mondo, il mondo dove potevo stare bene era quello, il mondo della mia fantasia, della creatività.

Un nuovo significato
E mi viene da pensare che probabilmente se mio padre non fosse morto, io non sarei qui stasera a cantarvi le mie canzoni.
Probabilmente anche il suo dolore, anche la sua morte ha significato qualcosa, ha significato un seme che poi ha germogliato ed è diventato qualcosa di bello.

La vicinanza ai matti del quartiere con i quali si sentiva ugualmente diverso dagli altri
Dunque  a proposito di persone diverse che in qualche modo hanno avuto sempre un grande fascino per me c’erano dei personaggi nel mio quartiere. Dei personaggi che parlavano una lingua strana. E io probabilmente ero l’unico che andava a cercare un dialogo con loro. Erano i matti del quartiere mio semplicemente.
Cercavo di entrare nella loro dimensione così come io mi sentivo diverso da tutti gli altri e quindi ho stabilito una sorta di tacito accordo insieme a loro e dopo tanti anni ho voluto dedicare loro una canzone, a quelli che poi ho voluto chiamare “ i matti de Roma”". 

Simone Cristicchi.
Fraternità di Romena.
Introduzione alla canzone “I matti de Roma”.




I MATTI
I matti de Roma sai so tanti
certi so tristi cert' artri divertenti
so' mbriagoni so' reggine so' cantanti 
caratteristici come li monumenti
Pe ditte a zona mia c'era Agostino
che spaventava tutti quanti i regazzini
gridava d'esse niente meno ch'el demonio
le corna in testa erano du peperoncini
Sulla Toiatti a volte trovi er Roscio
sale col flauto sul 4 e 51
fa tre notaccie spiaccicando le parole
chiede du spicci ma non glieli da nessuno
I matti de Roma so la smorfia
un pò sdentata de le strade de città
pe ricordà a chi se pia troppo sul serio
che male strano ch'è la normalità
che brutto male ch'è la normalità
Ce sta Berardo er puggile sonato
che s'è ammattito pei cazzotti presi in testa
mo è vecchio e gira sempre solo
na sigaretta è tutto quello che je resta
Oggi alla metro na signora smadonnava
e stava li a litigà immezzo al via vai
co qualcuno che nun c'era o nun c'è più
forse qualcuno che nun c'è stato mai
C'hanno provato n sacco de dottori
a decifrà quel gran mistero del cervello
se tu me chiedi chi so i veri malati
dipende da che parte chiudi quer cancello
dipende da che parte chiudi quer cancello
I matti me sa che temo noi
che nun ridemo e semo sempre così seri
e stamo chiusi tutto il giorno in un ufficio
mentre la vita ce sorride da de fori
mentre la vita ce cojona da de fori

martedì 14 maggio 2019

Enciclica Laudato si' - Piccola via dell'amore

L'esempio di santa Teresa di Lisieux ci invita alla pratica della piccola via dell'amore, a non perdere l'opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Un'ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell'egoismo. Viceversa, il mondo del consumo esasperato è al tempo stesso il mondo del maltrattamento della vita in ogni sua forma.


Laudato si'- Enciclica sulla cura della casa comune
Papa Francesco
Libreria Editrice Vaticana, 2015. Numero 230

venerdì 10 maggio 2019

Francesco Rossi De Gasperi - "Cristo" è un nome comune che indica il messia, "Gesù" è il nome del nostro messia

E' importante imparare a chiamare di nuovo il Signore con il nome di " Gesù". Anche Giovanni Paolo II, in un'omelia della notte di Natale, sottolineava che "Cristo" sia, di per sé, un nome comune che indica il messia ( chiunque potrebbe pretendere di esserlo, bisogna poi vedere che cosa farà), mentre il nome del nostro vero Messia è "Gesù". Cominciamo da Gesù per arrivare al Messia e al Signore. Tutto ciò ci porta necessariamente a Gerusalemme, ai quattro vangeli canonici, al Gesù evangelico, alla seconda e terza settimana ignaziana.
Soltanto così la fede cristiana sfugge all'ideologia, allagassi, alternativo di farne una dottrina più o meno filosofica. Essa è una storia del tutto contingente. Il Gesù che andiamo Afar conoscere in tutte le parti del mondo e in tutte le culture non è qualcuno che si presenti in tutte le culture; deve essere il Gesù di Nazareth, da accogliere come un uomo designato da Dio come il Messia d'Israele e di tutta la faccia della terra, e confermato con la sua resurrezione dai morti ( Atti 17, 30-31).
L'inculturazione della fede non procede da astratte tesi dottrinali che si calino nella storia concreta, ma procede da storia a storia. Il cristianesimo non è un enunciato di principi generali e necessari, che poi si deve vestire delle varie cultura particola, bensì è un concretissimo vento contingente, che Dio ha provocato in una cultura particolare, e che può e deve essere annunciato agli uomini e alle donne di tutte le altre cultura.

Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i cederesti con la stoltezza della predicazione (...). Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. ( 1 Corinzi, 21. 25)

Andare a Gerusalemme era dunque per Ignazio comunicare dalla stori e dalla geografia di Dio. Gerusalemme! Anche dopo che i francescani gli impediranno di rimanervi, non scompare in lui questa convinzione, e riesce a trascinare i suoi primi compagni a cominciare da lì la loro missione

Da Un pellegrino che comincia da Gerusalemme
Francesco Rossi De Gasperis
Figlie di San Paolo, 2015
Pagina 176

Gerusalemme è il punto di incontro

Solamente Gerusalemme, vissuta con la fede dei Dodici, di Maria e della Chiesa Madre ( Atti 2,42-47; 4, 32-35) è il punto di incontro, dove tutti si  trovano legittimamente alla pari nella casa paterna e materna. L'unico centro ecumenico per l'unione di tutte le Chiese è Gerusalemme, la fede degli apostoli, trasmessaci da tutto il Nuovo Testamento, allineata con quella di Abramo, di Mosè, di Davide, di Geremia e di Gesù.

da Un pellegrino che comincia da Gerusalemme
Francesco Rossi De Gasperis
Figlie di San Paolo, 2915
Pagina 174

lunedì 6 maggio 2019

Simone Cristicchi - Intervista di Monica Mondo

Interessante capire come Simone Cristicchi, che non conosco bene, lungo tutto il suo percorso, sicuramente onesto, è arrivato a comporre testi che improvvisamente si aprono ad orizzonti inattesi, che parlano di Dio, della mitezza. In questa intervista si comprende qualcosa di più del suo itinerario.


venerdì 3 maggio 2019

Luigi Verdi - Torniamo umani - Incontro nella parrocchia di San Frumenzio

Il testo della trascrizione dell'incontro non è stato rivisto dall'autore. Si resta a disposizione per la rimozione del testo dal blog su richiesta degli aventi diritto.






Bene partiamo da questa immagine che conoscete bene de " La vita è bella" per affrontare una tema così difficile che è "Tornare umani". Io vi assicuro che da quando è arrivata la modernità sto male e la gran parte delle persone che conosco non stanno un granché bene. Perché per un pò di aggeggi tecnologici, una poltroncina un pò più comoda a casa, una televisione un pò più grande, abbiamo distrutto i fondamenti, le poche cose che servivano per vivere. Io mi sono messo a rileggere Nietzche da un pò di tempo. Visto che la chiesa parlava male di Nietszche ho detto: " Visto che la chiesa parlava male di qualcosa, qualcosa di buono lo trovo di sicuro". Andiamo a vedere il che dice davvero. E voi sapete che muore pazzo, come tutti quelli che ragionano troppo. Quindi attenti alla mente perché la mente è morte. La mente di deve servire per avere un'idea e muovermi e fare qualcosa. Ma quando frulla ti distrugge. Ma lui prima di morire scrive una pagina geniale sulle conseguenze del nichilismo. Dice: " Dove si andrà a finire?". E vi assicuro che da quando è arrivata la modernità queste quattro cose si sono avverate tutte una per una. 

Stanchezza
La prima parla di stanchezza. Guardiamoci fra di noi, io non vedo persone più cattive di venti anni fa, vedo persone stanche, pressate, sfinite, pigiate. Questo ci ha prodotto questo tempo. Siamo tutti stanchi. E se uno si chiede: " Ma perché sei stanco?" Uno dice: " Perché ho camminato troppo". No, non siamo stanchi perché si è camminato troppo, ma perché si è smesso di camminare.
Avete notato che quando avete una bella meta davanti la fatica non la senti e quando non sai cosa fare e frulli tutto il giorno, arrivi a sera e sei sfinito. Siamo tutti più stanchi.

Solitudine
Secondo la solitudine. L'80% dei giovani ha paura della solitudine. Si sta scappando tutti dalla vita perché si ha paura di ascoltarci. Guardate il regalo più bello che io provo a donare la gente ormai da anni è aiutare le persone ad ascoltarsi, ad alzarsi e a guardare meglio. La cosa più elementare del mondo che però non si fa più.

Sentirsi a casa
Terza cosa geniale dirà Nietzsche, faremo fatica a trovare un luogo dove mi sento a casa. Mio padre diceva: " Ma cosa vuoi? Hai quattro mura, un pezzo di pane, due soldi!".
I nostri vecchi pensavano che bastavano quattro mura, un pezzo di pane, due soldi e si era a casa. No. Essere a casa significa un altra cosa. Essere in un luogo dove uno mi guarda e mi guarda davvero. Dove uno mi ascolta e mi ascolta davvero. Se sbaglio mi perdona davvero e non me lo fa pagare con il muso due mesi. Un posto dove posso avere una faccia sola. Dove si: trova oggi un posto così? Dove ti guardano profondamente, ti ascoltano profondamente. Ti perdonano davvero senza fartela pagare con i musi, i silenzi, i ricatti. Un posto dove hai una faccia. E' dura trovarla. 

Il veleno dell'antico serpente: le parole diventano veleno, è un passo l'amore, è un passo l'odio.
E l'ultima cosa che dirà Nietzsche: " Saremo avvelenati dal veleno dell'antico serpente!". E questa è una cosa che si sta verificando negli ultimi anni. Io le buscavo sempre dal mio babbo. Lui mi picchiava. E una volta mi dette uno schiaffo che mi ha buttato in terra, perché gli ho detto un giorno: " Me ne frego!". E lui si ricordava quando i fascisti si infilarono in casa. Lui abbracciava la sorellina e loro gliela presero, gliela sbarbarono di mano e la buttarono da un'altra parte e lui piangeva: " Non gli fate niente!" e loro gli dissero: " Chi se ne frega!". E quella parola non la sopportava più da nessuno. E io l'ho sentita nelle nostre famiglie negli ultimi anni. "Chi se ne frega!", " Me ne frego!". Attenti alle parole, perché le parole diventano veleno. Ti si infilano dentro. Attenti perché basta poco per tornare a zero. Si pensava le guerre mai più. La stupidità umana mai più. Ragazzi basta poco. 
Quanto di misero quegli imbecilli a prestarsi davanti al vitello d'oro vi ricordate? Un attimo. Mosè disse: " Vado sul monte prendo le tavole della legge, arrivo subito" ed erano già prostrati in terra. O quando Gesù dice: "Ragazzi tre giorni solo e poi risorgo". Erano già scappati tutti. 
E' ad un passo l'amore, è ad un passo l'odio. Ho conosciuto tante coppiettine: " Tesoro! Coccolino amoroso!". E' bastato pochissimo per odiarsi. E' ad un passo l'amore ed è ad un passo l'odio ed è un passo breve tornare a zero.
Vedete questo veleno io lo sento da tutte le parti. Lo vedo ad un passo da me, lo sento dentro me. Dentro la mia comunità. Non si salva più nessuno. 

La sfida di don Luigi prima di morire: tanta gente, ma rimanere semplice
La mia sfida prima di morire è che tutte le comunità crollano per due motivi. O perché il fondatore vuol fare il ganzo, pensa di essere Dio e fa crollare ogni cosa. O perché le comunità nostre diventano sempre più grandi, sempre più gente, sempre più volume e a quel punto non sanno più gestirle. La mia sfida prima di morire è che quel luogo che ho conosciuto ventotto anni fa è che rimanga una pieve romanica e non diventi un'abbazia. Perché l'abbazia ci vuole l'abate. L'abbazia bisogna chiudere le porte la sera. L'abbazia ci vuole regole. Vorrei provare a mostrare che si può avere tanta gente, si può avere tanto volume, ma rimanere semplici. Allora per me il nichilismo è stato il purgatorio della fede degli ultimi anni. Ma forse è la svolta. E' l'ultimo punto che di Nietzsche. Il punto su cui si può cambiare qualcosa. 

Da sottomessi a innamorati
Vedete i giovani non gliene frega nulla, non gliene importa nulla di essere sottomessi a Dio come siamo stati noi. Vogliono essere innamorati di Dio. Io spero succeda a tutti noi, di smettere di essere sottomessi e di cominciare ad essere innamorati.





Allora mi sono chiesto: " Come si fa a tornare umani se non lo sei più?". E vi assicuro che è un bel problema tornare umano quando non lo sei più. E' come quando la tua donna ti tradisce. Puoi dire anche: " Ti perdono". Ma è dura rifidarsi. Ne ho conosciuti tanti a dire: " Ti perdono". Poi l'hanno sempre fatta pagare, con i graffi, con i musi, con i silenzi, con i ricatti. E' dura rifidarsi. Mi ricordo che la mia nonna mi dava due bottiglie d'acqua e mi diceva: " Vai nel campo e porta l'acqua agli uomini". E gli uomini erano il mio nonno, il mio babbo piccolo, gli altri contadini intorno, chi credeva, chi non credeva, della tua famiglia o di un altra famiglia, ma erano tutti uomini. Erano tutte persone.

Come si fa a perdere l'umanità. Anna Arendt, ebrea, dice: " Come è stato possibile che i nazisti abbiano ammazzato sei milioni di persone senza nessuna apparente compassione?" e lei da una risposta sconvolgente: " Pensavano che non fossero esseri umani". Questa è l'unica possibilità. Pensare che l'altro è un nemico. Che è diverso da te. Che non è un essere umano.
Ci sono ultimamente degli imbecilli che continuano a dire che bisogna mettere i muri. Io gli dico: " Metteteli i muri. Fate il che vi pare. Mettete più muri possibile. Ma attenti, se metti un muro è vero che gli altri non entrano, ma te non esci!" E avete visto quanti si ammazzano in casa. Ormai si ammazzano tutti dentro casa. perchépiù ti chiudi e più ti distruggi. Io speravo che almeno rimanesse un pò di compassione. Almeno un pò di compassione.
Vedete io faccio il prete. Ma non mi interessa più se io faccio un incontro e uno alza il dito e dice: " Io credo in Dio", e l'altro imbecille alza il dito e dice: "Io non ci credo". Non mi importa più niente perché ormai sono tutte parole buttate là. Vuoi sapere se qualcuno veramente vale qualcosa. Quello che mi interessa è che se vedi uno mezzo morto per la strada e ti fermi o vai via. Se uno cammina o smette di camminare. Cosa me ne faccio di uno con tutte le sue verità in mano, in chiesa che ha smesso di camminare. Penso che ha ragione il Papa: " Meglio un ateo di un cristiano ipocrita". Allora speravo che la compassione rimanesse. Vedete Gesù quando ama fa gesti molto umani. Gesù piange, lava i piedi agli amici. Ma il gesto che mi garba di più è quando incontra una vedova e lui passa e tocca la bara del bambino morto. Quel gesto per me è di una grande umanità. Dio quando ama fa gesti umani e noi le poche volte che si ama riusciamo a fare gesti molto divini. Io ho conosciuto una mamma che gli è morto il bambino di dieci anni di leucemia e mi ricordo gli ultimi momenti, quando gli toccava le mani all'ospedale. Erano le ultime ore. Piangeva. Gli uscivano le lacrime. E lei muoveva la bocca qua e là a raccogliere tutte le lacrime. Beveva tutte quelle lacrime. Aveva paura che cadessero, toccassero la mano del bambino e se ne accorgesse. Vedete questa roba qui non è umana. E' divina. E' molto più che umana. Allora io credo che abbiamo questa grande possibilità.

La vicinanza
E' morto da poco tempo Ermanno Olmi, grande regista. Lui diceva: " Non si può amare un bosco pensandolo solo come una fabbrica di ossigeno. Vuoi amare un bosco? Inginocchiati e guardalo da vicino". Vuoi amare tuo figlio? Inginocchiati e guardalo da vicino. Vuoi amare il tuo uomo, la tua donna, una persona? Inginocchiati e guardala da vicino. E' la vicinanza che ci rende umani. E allora io spero che ci sia qualcuno che crei una nuova alleanza fra noi e la natura, che l'abbiamo distrutta tutta, fra noi e i nostri fratelli, fra noi e i nostri nemici.
Attenti perché i nemici non sono una necessità, sono una scelta. Lo scegli te che lui sia il tuo nemico. Ed è vero che noi veniamo da Caino. Ma chi ci impedisce di tornare Abele. Chi ci impedisce di tornare Abele se non solo noi.


Simone Weil, Dietrich Bonhoeffer, Gandi
Martin Luther King.

Ho messo alcune figure che mi piacciono molto. Alcune le conoscete altre meno, ma figure che ci hanno rimesso la vita, che ce l'hanno messa tutta, che hanno lasciato in bocca alle persone un pò di sapore di pane.
Vedete. L'unica giustizia per me è che si muore tutti. Ricchi poveri, chi crede in Dio, chi non ci crede. Tranquilli basta aspettare si muore tutti, si torna tutti terra. Ma secondo me è molto diverso che tipo di terra si torna. Se terra disperata o terra innamorata. Se prima di morire hai ancora voglia di sognare, di lottare, di amare o se ti sei accomodato, perché la cosa peggio della vita è accomodarsi.


Ho messo queste immagini, con questa canzone a bischero di Vasco Rossi " Il mondo che vorrei", avete sentito, belline le parole, ma fa schifo il titolo. Perché il mondo che vorrei non vuol dire nulla. E' un utopia. Meglio sarebbe dire il mondo che voglio. O meglio ancora il mondo che faccio. Come campo. Quello sarebbe interessante.
E vedete. Il gioco oggi è tutto qui. Ci hanno fregato il desiderio. La volontà. Ci sta una volontà debolissima. Oggi quasi tutti dicono: " Tanto non cambia nulla". Attenti a dire questa parola idiota perché se dite: " Tanto non cambia nulla", non cambierà nulla. Parti perdente. Hai già perso.
E stasera vi permetterei se il vostro uomo vi dice: " Sono fatto così", prendetelo e appiccicatelo al muro. Così fate con la vostra donna, con i vostri figlioli, che sono dei vigliacchi perché vuol dire che gli fa comodo così, che non hanno voglia di cambiare niente. E non è vero che sei fatto così. Sei molto di più, sei molto meglio. 


E ormai ci rifugiamo tutti dietro queste parole: "Tanto non cambia nulla, sono fatto così". Vedete il potere sul desiderio ha investito tutto. Finché sognate vi lasciano in pace. Andate in questi tabacchini a bischero a grattare. Grattate quanto vi pare, non vincete nulla. Finché sognate ti lasciano in pace. Il problema è quando un piccolo sogno lo vivi.
Io mi ricordo il vescovo finché sognavo Romena: " Vai tranquillo", ma quando si comincia a vedere i muri, la gente, e un modo un pò diverso di fare chiesa cominciano i problemi. 

Lo diceva Pasolini: " L'astrazione è il male di questa epoca". Una generazione più astratta della nostra non c'è mai stata. Prima i contadini facevano, si muovevano e poi se si poteva si dicevano due parole a veglia. Ma non era come noi tutta una chiacchiera. Senza fare. Astratti da morire. 

Io vi direi: " Se oggi la tua donna ti dice ti amo. Non vi fidate più! Se il vostro uomo ti dice ti amo, non vi fidate più", ormai le parole sono tutte ingannevoli, sono troppe. Vuoi sapere se uno ti ama. Ci vogliono altre due cosine. I gesti e la sincerità. Che te ne fai di uno che ti vuol solo possedere. E lo senti che ti vuole solo possedere. E non ti da mai una carezza. O uno che trama bugie.

Va di moda ultimamente due cose: gli attacchi di panico e la noia.
Non era mai successo un manicomio così: gli attacchi di panico e noia. Che cosa sono gli attacchi di panico? L'attacco di panico vuol dire che ti manca l'aria. Ti fanno soffiare un sacchettino, ti sembra di morire, ti manca l'aria.
E cosa è la noia? Dei ragazzi hanno ammazzato un barbone. Gli hanno chiesto: " Perché?" Per noia. Hanno distrutto una scuola perché? Per noia. Cosa è la noia. Vuol dire che il tempo si ferma, non vedi più futuro e ti annoi. Questo vuol dire che è una generazione malata.
La parola malato in ebraico è MALA che vuol dire girare intorno. Ormai siamo tutti chiusi qui, ci manca l'aria, siamo ingabbiati qui dentro. Attenti perché buona parte delle malattie mentali e fisiche avvengono se freni la vita. Se voi odiate una persona per un anno vi ammalate. Se stai in una famiglia e ti manca l'aria, ti ammali. Se stai in una storia d'amore che non si rinnova, ti ammali. La vita deve scorrere. E allora io credo che ci hanno rimbambito quanto hanno voluto, ma io spero tanto e so bene che c'è un desiderio dentro di noi che non lo può fermare nessuno. E verranno fuori dei giovani che prenderanno un pezzo di terra in un bosco e pianteranno qualcosa di buono. Verrà fuori qualcuno che si rimetterà insieme e creerà qualcosa di buono. Verrà finalmente la crisi della scuola. Perché non si può tenere cinque ore dei ragazzi fermi. Vanno fuori e spaccano ogni cosa. Non si può più continuare a dare nozioni perché ne sanno più di te. Quello che manca è che non c'è più adulti che rischiano con i ragazzi. I ragazzi in una patria, gli adulti in un'altra. Adulti che faticano con loro, che sognano con loro, che camminano con loro, ma soprattutto adulti che aiutano questi ragazzi a scoprire i loro talenti.

C'era un imbecille di babbo che faceva il geometra che gli fa al figliolo: " Senti fai il geometra anche te, tutto tranquillo, ho trovato il lavoro, tutto per te". E' venuto fuori un ragazzo rimbambito triste depresso perché non si può seguire il sogno di un altro. Io non posso seguire il sogno di mio padre, di mia madre, se non scopro per cosa sono fatto. Impazzisco.
E attenti perché per i ragazzi non conta quello che dite, non conta quello che fate, conta come li fate sentire. Come lo fai sentire tuo figlio? A casa o fuori casa. Unico o un numero.
Mio babbo mi diceva: " Ciò che ti rimane negli occhi e nel cuore ti aiuterà a crescere!". Chiedetevelo: cosa gli rimarrà negli occhi e nel cuore a tuo figlio di te? Perché attenti che i ragazzi ascoltano con gli occhi non con gli orecchi.





E' un passo bellissimo de " I cento passi" che mi piace tanto in cui Peppino Impastato recita L'infinito di Leopardi
davanti allo zio mafioso. Niente di più geniale leggere L'infinito di Leopardi davanti allo zio mafioso. E avete sentito che cosa dice L'infinito. Interminati spazi, sovrumani silenzi, profondissima quiete. E di fronte a questa roba Leopardi si spaura, prende paura. Io mi ricordo che quando ero bambino e stavo in campagna e non c'era la luce uscivo fuori a guardare le stelle e correvo subito dalla mia mamma e abbracciarla e volevo dormire quella notte con babbo e mamma perché quell'infinito mi faceva paura. Era troppa roba. E quando senti un silenzio troppo profondo ti fa paura. E allora cosa succede a Leopardi? Sente il vento tra le foglie e gli sovvien l'eterno. Sente fremere il vento fra le foglie e pensa all'infinito. E allora vuol dire che l'infinito diventa esperienza. L'infinito lo senti dentro la vita. Io ho un contadino lì vicino alla Pieve. Lui non crede in Dio non gliene frega nulla, dice: " Gigi falla finita con questo paradiso, tanto non c'è nulla, basta!". Ha ottantatré anni, in questi giorni stava male e mi fa: " Gigi non c'è nulla però, però come dopo l'inverno c'è la primavera, qualcosa succederà". Lui non fa tanta teologia. Gli sembra normale che la vita non può finire nel nulla così. Gli sembra normale che come dopo l'inverno c'è la primavera qualcosa succederà e lui sente l'infinito nelle stagioni che cambiano. Io faccio il prete, ma non ci capisco nulla di Dio. Vi assicuro, non ci capisco nulla. Ma una cosa la so. Quando faccio questi incontri io voglio meno luce possibile perché mi interessa guardare i vostri volti, i vostri occhi. Io quando sono davanti ad un focolare, sto bene. Quando sto davanti ad un tramonto o ad un alba sto bene. E se devo dire qualcosa di Dio, per me è una luce calda. Non so niente di più. C'era Mallarmé, uno scrittore francese che dice: " Incontrare Dio non sarà come inginocchiarsi davanti ad un imperatore, ma sarà come il bacio vergine dell'universo". Geniale. Incontrare Dio non sarà come inginocchiarsi davanti ad un capo, un re, un imperatore, ma sarà come il vostro primo bacio. Vi ricordate il vostro primo bacio? Quando chiudevi gli occhi e ti avvicinavi alla bocca di lui o di lei e non ti sembrava di baciare lui o lei. Ti sembrava di baciare il mare, le montagne, l'oceano, fiori... Questo è Dio. E' un orizzonte che si allarga. Qualcosa che ti fa prendere aria. Allora io credo che si senta l'infinito dentro la vita e che oltre l'infinito non ci può essere che la vita.




L'idea dell'albero
Simone Cristicchi a San Remo ha cantato " Abbi cura di me", ma prima aveva cantato questa canzone e scritto questa canzone. Gli alberi e l'allodola. Ed è molto bella l'idea dell'albero. Perché vedete un albero più passano gli alberi, più diventa umile, avete visto si appoggia, il frutto diventa dolce. Volete una verifica sulle vostre storied'amore. Se passano gli anni e l'amore tra te e la tua donna è più acido, più duro, più prepotente non ha funzionato. Se passano gli anni e l'amore tra te e la tua donna è più umile e più dolce come un albero, allora ha funzionato.

E' necessario un cristianesimo autentico: le caratteristiche
Ma per concludere mi sono chiesto. Di fronte a questa disumanità cosa si può fare? E mi vengono in mente le parole di Jean Guitton, un filosofo che dice: " La sfida vera di oggi è fra un umanesimo degradato e un cristianesimo autentico". Ragazzi questo cristianesimo alla buona, alla acqua di rose, tirato via accomodato, borghese, non serve più a nulla. Ci fa accomodare a noi, ma non cambierà il mondo. La sfida vera è un cristianesimo autentico altrimenti si è perso.
Allora vorrei dirvi quello che io penso del Vangelo sia il Cristianesimo vero, autentico.
Ha due tre caratteristiche.

La responsabilità
La prima. Vorrei in cristianesimo più responsabile. Qui siamo tutti dietro alle strutture verticistiche. I capi, poi quelli sotto, poi quelli in fondo. E' come se nessuno di noi sente la responsabilità, tanto ci pensano gli altri. Guarda che noi non siamo così banali.Noi possiamo spostare l'ago della bilancia da una parte e dall'altra. Qualunque parola, qualunque gesto può cambiare qualcosa della vita. Il problema è la responsabilità.
Madre Teresa un giorno era a pulire un lebbroso. Arriva un giornalista e gli fa: " Madre, cosa c'è che non funziona in questo mondo?" Lei poverina si gira e gli fa: " Signore quello che non funziona sono io e lei!". Capite? Non esiste la società. Non vuol dire niente la società. Io e te. Se una famiglia non va siamo noi tre o quattro. Se una storia d'amore non funziona siamo io e te. Responsabile vuol dire rispondere. Vedete io quando morirò dovrò rendere conto a Dio come tutti voi. E quello che mi giustificherà non saranno i dieci libri ho scritto. Non saranno i quattromila metri che ho costruito ma sarà una domanda: " Ci sarà più vita o più morte dopo che sono passato io?" E' più quello che ho sciupato, distrutto, pestato? O qualcosa di buono che ho portato avanti. E allora io vorrei un cristianesimo più responsabile e meno vigliacco.

La seconda cosa. Ve lo dico attraverso queste immagini.




Bene ve le spiego. L'anno scorso ho compiuto sessanta anni e siccome sono sempre in giro a chiacchierare ho detto almeno quel giorno me lo regalo per me e sono stato al museo degli Uffizi a Firenze, mi sono infilato nella sala del Botticelli e vi assicuro da svenire dalla bellezza. Ti avvicini lì a mezzo metro e vedi quei tessuti e quelle sfumature da impazzire. Hanno riconosciuto in quel quadro 142 specie di fiori di campo diversi, per farvi capire la complessità, quella leggerezza, quella danza bellissima, poi la Venere, poi mi infilo nella seconda sala del Botticelli che erano le ultime opere prima di morire, vi assicuro, brutte da morire. Opere tristi, colori smorti.



( Purtroppo qui si è bloccato il mio registratore. Se qualcuno era presente quella sera e ha registrato, e vuole fornirmi le registrazioni così che possa finire la trascrizione può contattarmi all'indirizzo email del blog o lasciare un commento a questo post in modo tale che possa ricontattarlo ed eventualmente metterci d'accordo. Lo può fare anche tramite il parroco, don Daniele Selera che mi conosce )

IL CAMMINO DELL'UOMO

IL CAMMINO DELL'UOMO
Marcia francescana 25 luglio - 4 agosto 2003