Il testo risulta dalla trascrizione del file audio di Radiovaticana reperibile al link: audio del commento al Vangelo . Si resta a disposizione degli aventi diritto per l'immediata rimozione del testo. I neretti sono stati aggiunti al testo solamente con lo scopo di paragrafare il testo e non fanno parte del discorso originale.
21° domenica del TO, la liturgia si apre con Isaia che proclama che Dio radunerà le genti di tutte le lingue e vedranno la gloria e addirittura di tra loro il Signore prenderà sacerdoti e leviti. Cioè la cosa più sacra e più santa nella popolazione israelitica erano i leviti e fra i leviti c’erano i sacerdoti. Questi erano proprio i puri, quelli della razza di Mosé, quelli della stirpe santa, quelli che dovevano offrire il sacrificio. Se c’era qualcosa di contrario al sacerdozio e alla tribù di Levi, erano “i pagani”, erano “le genti”, gli incirconcisi verso cui tutto il disprezzo della logica, della fedeltà alla religione del popolo di Israele andava. Ecco che Isaia però, siamo assolutamente in una fase vetero testamentaria, annunzia qualcosa che è in molte parti della scrittura: “Prenderò sacerdoti leviti di tra le genti”. E’ eccezionale.
Gesù parla della salvezza parlando di una porta stretta per la quale molti cercheranno di passare, ma pochi ci riusciranno -
Allora in questa chiave la Chiesa ci dà di leggere il testo molto serio della porta che sarà chiusa. La porta stretta per cui passeranno pochi e non molti. Cioè? Parliamo della salvezza. Un tale chiede a Gesù: “ Sono pochi quelli che si salvano?”. E Gesù parlerà di questa porta stretta e di coloro che cercano di entrare, ma non ci riusciranno.
Un vangelo apparentemente di chiusura, ma a ben guardare anche di grande apertura -
Sulla base della lettura del profeta Isaia che la liturgia appunto ci propone come preludio alla proclamazione del Vangelo, noi capiamo che in realtà c’è una chiusura, ma anche una grande apertura in questo vangelo. Perché se anche dice Gesù: “ sforzatevi di entrare per la porta stretta perché molti io vi dico cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno” bisogna capire a chi sta parlando, perché più avanti dirà: “ Vedrete Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti del Regno e verranno da oriente, da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio”.
Due tipologie di persone e di porsi di fronte a Dio. Una passa attraverso la porta ed entra ed una non passa e resta fuori. Quale è il discrimine? -
Ecco. Allora se ci sono queste folle sterminate che vengono da tutte le parti, che entrano alla mensa insieme ad Abramo, Isacco e Giacobbe, mentre sta parlando a qualcuno a cui dice: “ Voi sarete fuori!”, qui il problema è che tipo di persone sono queste due persone fra cui si fa questo discrimine.
Prima tipologia: gli habitué, quelli di sacrestia, i convinti di essere dalla parte di Dio, i tronfi -
Ci sono coloro che dicono: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”, questi sono gli habitué, sono quelli che sono sempre vicini. Sono i vicini. Quelli di sacrestia, quelli che sono sempre pronti. Sono quelli che non perdono mai il contatto con le cose religiose. Nella fattispecie in quel momento era questo popolo che sotto un certo punto di vista, in maniera un po’ tronfia, credeva di essere comunque sempre certamente più avanti di tutti gli altri e invece gli capita di vedere che altra gente, povera ed esclusa, apparentemente estranea supera assolutamente la loro posizione ed entra lì dove loro non riescono ad entrare. Allora chi è che entra e chi è che non entra. Entra l’estraneo, non entra l’abituale, il consueto.
Per noi: essere attenti a restare dalla parte di coloro che non sono sicuri di entrare, che sanno di avere bisogno di essere salvati, dalla parte degli umili -
Allora noi dobbiamo essere molto attenti a restare sempre gente che arriva da lontano. Gente che riceve da Dio la salvezza che non si merita. Noi non abbiamo la salvezza per assegnazione d’ufficio. Anche la nostra vita sacramentale non garantisce proprio niente. Tutto questo è riservato per quella porta stretta che si chiama umiltà. E non si tratta di essere piccoli sotto il punto di vista fisico, ma nello Spirito. Essere sempre qualcuno che è sorpreso di essere ammesso. E’ sorpreso di poter entrare.
Abramo, Isacco e Giacobbe: detentori di un’elezione contraria alla logica umana. In fondo Abramo, Isacco e Giacobbe erano persone che avevano un’elezione contraria alla logica umana. Abramo era un uomo che non poteva avere figli e sarà il padre. Isacco non è il primo figlio che nasce ad Abramo, perché c’è Ismaele prima di lui, eppure sarà il vero primogenito. Giacobbe è fratello di un primogenito che non sarà capace di difendere la propria primogenitura perché la dà per scontata e lui entrerà nella eredità. Sono tre eletti sorprendenti e così è sempre la nostra vita.
La nostra eventuale elezione non è un diritto, ma un’opera di Dio gratuita e generosa. Chi di noi si merita quello che abbiamo ricevuto? -
La nostra elezione non è un diritto. E’ un’opera di Dio gratuita, generosa, che però richiede da parte nostra questo atteggiamento di sorpresa, di umiltà. E chi di noi si merita di stare dove sta? E chi di noi si merita di essere cristiano? E chi di noi si merita di conoscere la misericordia di Dio senza limiti? E chi di noi ha meritato mai il perdono dei peccati? E chi di noi merita di essere all’altezza del corpo del Signore?
Dobbiamo sempre avere presente al nostra povertà, il nostro autocelebrarci, quel che in noi è tronfio, è superbo, è saccente -
Sempre dobbiamo dire: “ Non sono degno di partecipare alla tua mensa”. E’ sempre quella la porta stretta per cui dobbiamo entrare. E’ sempre quello che esclude i molti e fa entrare i pochi. In noi c’è molto che è tronfio, che è superbo, che è saccente, che è autocelebrante. C’è sempre quel sottile piccolo soffio di salvezza che è la nostra percezione di povertà e che è quella cosa che ci fa stare nella verità davanti al Signore.
Si salva chi si sente di non meritare la salvezza, di averne bisogno, di non potersela dare da solo, ma che la può ricevere solo da Dio. E’ la coscienza della propria povertà ed estraneità a Dio -
Questa porta stretta si apre molte volte. E’ la porta della piccolezza. E’ la porta che ci fa entrare nel Regno. Chi la varca? Proprio chi sente di non meritarla. Proprio chi sente che ne ha bisogno. E’ una salvezza per Lui. Essere certi, per aver mangiato al cospetto di Cristo, che è la Liturgia, i Sacramenti, l’Eucarestia, proprio l’aver ascoltato tanto la sua Parola, questo non ci dà nessuna garanzia se non passiamo per quella porticina che è la nostra coscienza di povertà. Che è la nostra estraneità.
Avere coscienza che veniamo dal nulla e siamo destinati al nulla se il Signore non ci aiuta -
Veniamo da settentrione, da mezzogiorno, da oriente, da occidente. Veniamo da lontano. Tutti veniamo dal nulla. Veniamo dal buio. Veniamo dall’inconsistenza. Ricordarci sempre che non abbiamo altro destino se il Signore non ci salva. Guai a noi quando diventiamo gente che dà tutto per scontato. Guai a noi quando diventiamo persone che non si chiedono come poter essere salvati oggi. Come poter essere strappati alla corruzione oggi.
Ci salva la preghiera di chi si sente bisognoso e in pericolo -
Noi cominciamo ogni nostra preghiera nella recita dei Salmi con “ Signore vieni presto a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto”. Questo non lo dice chi è sicuro, questo lo dice chi sta affogando. Questo lo dice chi è accerchiato da un nemico, questo lo dice chi è in pericolo. Noi sappiamo di essere in pericolo e questo ci fa fare le cose giuste. Questo ci fa varcare la porta umile della salvezza.
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