martedì 27 febbraio 2024

In ricordo del biblista padre Francesco Rossi De Gasperis S.I.

Padre Francesco Rossi De Gasperis è deceduto nelle prime ore del 26 febbraio 2024 nella casa di San Pietro Canisio all’età di novantasette anni.

Roma, San Pietro Canisio, 15 luglio 2022
In un caldo pomeriggio di luglio del 2022, nella sua stanza sempre in quella casa, al piano dell’infermeria, dove ha trascorso almeno gli ultimi dieci anni, mi aveva raccontato che alla fine del liceo classico decise di entrare nella Compagnia di Gesù dopo aver seguito un corso di esercizi spirituali. Era il gennaio del 1944. Gli esercizi li aveva svolti sempre nella stessa casa di San Pietro Canisio, a Roma, in Borgo Santo Spirito angolo Via dei Penitenzieri. Allora era una casa di esercizi spirituali.
Mi aveva raccontato di aver avuto, durante quegli esercizi, anche una specie di lampo, di fulmine ricevuto nel giardino della casa, durante il quale aveva avvertito forte la chiamata alla donazione della sua vita a Gesù. Un’esperienza che non aveva più vissuto, almeno fino al luglio 2022 quando mi raccontava queste cose.
Nel gennaio del 1944 i tedeschi erano presenti ancora a Roma e i romani erano soggetti al pericolo di razzie. Il 5 maggio di quello stesso anno, gli alleati arrivarono a Roma.
Dopo aver deciso di entrare nella Compagnia non ci aveva più ripensato ed aveva trasformato quella decisione in cosa fatta nel novembre dello stesso anno.
Entrò nel noviziato a Galloro. I genitori lo accompagnarono in taxi. La madre non era molto contenta, raccontava.
Dopo i due anni di noviziato dal 1944 al 1946, non dovette affrontare l'esame di maturità classica perché quell’anno l’esame di terza liceo non ci fu perché c’era la guerra, e padre Francesco commentava “infatti noi diciamo che siamo passati perché non ci fu l’esame!”. Allora decisero di non mandarli subito in Filosofia a Roma, ma di far loro fare un anno in più di studi classici, soprattutto di latino e greco. Poi iniziarono a Roma i tre anni di Filosofia e finirono nel 1950. E così via per quattro ore ad ascoltare, affascinato, le avventure di cantastorie come usava definirsi (vedi: Francesco Rossi De Gasperis, La corsa che ci sta davanti, Pardes Edizioni, Bologna 2014, Pagina 8).
La notizia della fine della guerra gli arrivò mentre era con degli amici sul Gran Sasso ad arrampicare, per godere della natura della montagna e togliersi dall'aria opprimente della capitale. Tante le avventure in montagna da lui vissute prima di iniziare altri tipi di arrampicate altrettanto impegnative, quelle spirituali. In quell'occasione mi raccontò degli anni dal 1944 al 1968 circa, le scelte, le considerazioni, le sintesi maturate... la vita in Giappone, la delusione, la scoperta di un certo modo privo di sostanza di vivere la fede, il rifiuto di ciò che appare e basta, l'apertura di una strada di scoperta della Bibbia nel 1968 alla Sapienza, negli stessi anni della contestazione, i primi viaggi in Terra Santa con gli studenti della Sapienza e dell'Istituto Biblico di Roma. I compagni di viaggio, l'aiuto di alcune persone. Ascoltare questi racconti era molto interessante e io speravo che Dio gli desse forza e lucidità per poter continuare a raccontare altre vicende della sua vita.

Ho conosciuto Padre Francesco Rossi De Gasperis il 14 dicembre del 2008 in un incontro da lui tenuto  Su "Profezia e Storia" presso la parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle, a Centocelle, dove era stato invitato dal parroco, don Fabio Pieroni. A quell'incontro ne seguirono altri due con cadenza annuale.
Roma, Parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle, 24 gennaio 2010.
Roma, Parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle, 24 gennaio 2010.
Al termine della serata mi offersi per riaccompagnarlo alla sua abitazione nei pressi dell’Istituto biblico di Roma. Prima di salutarmi mi chiese di lasciargli l’indirizzo e-email. Tornai a casa pentito di non aver chiesto un suo recapito e convinto di aver perduto l’occasione di poter rincontrare un uomo così straordinario.
Qualche mese dopo, con mia sorpresa, fu lui a scrivermi. Nei fui contentissimo. Mi aveva inserito tra gli indirizzi degli amici a cui lui inviava ogni anno la sua Lettera circolare in cui, tra l’altro, condivideva il calendario dei suoi impegni nei mesi successivi.

Iniziai a seguire gli incontri sulla Lettera di Pietro che lui organizzava presso la Pontificia Università Gregoriana nei primi venerdì del mese. 
Incontri meravigliosi che si susseguirono per due anni. 
Pontificia Università Gregoriana di Roma, 21 dicembre 2012.
Pontificia Università Gregoriana di Roma, 21 dicembre 2012.
Lui mi offerse di partecipare ad alcune delle ultime edizioni degli Esercizi Spirituali da lui tenuti.
Roma, Via di Monte Cucco, 11 luglio 2013.

Il 28 marzo del 2014, Padre Francesco annunciò, alla fine dell’incontro sulla Lettera di Pietro, alla platea commossa e incredula, che quello sarebbe stato il suo ultimo incontro perché sentiva il bisogno di ritirarsi e concentrarsi più sull’essere, ritenendo di essere stato “più loquace che efficace”.

Iniziai ad andarlo a trovare nella sua stanza a San Pietro Canisio. E così, tanta parte delle vicende della mia vita, sono state condivise con lui. Era un paziente ascoltatore e un sapiente testimone. Era importante, a suo avviso, che io avessi, più che una guida spirituale, un testimone della mia vita interiore. La sua fede è stata luminosa ed illuminante. Ho sempre pensato di vivere qualcosa di simile a quanto vissuto dalle persone che nel primo secolo ascoltavano sull’isola di Patmos, l’apostolo Giovanni, che solo con la sua presenza diffondeva la luce che aveva visto negli occhi di Gesù, Signore della storia. Quanta libertà e quanta sapienza biblica nelle sue parole. Dopo un pò di incontri, avevo iniziato a sopravvivere alle lunghe pause dei suoi discorsi. Ogni tanto mi regalava un libro dei suoi. Commentavamo le notizie del mondo e della chiesa. 
Oppure mi scriveva, raramente, qualche email a completamento di quanto detto negli incontri, in cui puntualizzava quale era la domanda giusta che io potevo scegliere di pormi nel mio discernimento. Traggo un esempio dai suoi libri:

“Si tratta, però, di discernere e di dire: "Al servizio di chi sto io?", perché non si tratta di "servire la Chiesa". Noi siamo nella Chiesa per servire il Signore! La chiesa è serva degli uomini, così come il Figlio di Dio si è fatto servo per servire, non per essere servito. Dobbiamo servire Dio nella Chiesa, non fuori o contro la Chiesa. Proprio questo sembra il dono di Ignazio”.
Fonte: Francesco Rossi De Gasperis, Un pellegrino che "comincia da Gerusalemme", Esercizi spirituali sull'Autobiografia di Ignazio di Loyola con riferimenti al Cammino dell'uomo di Martin Buber, Figlie di San Paolo, 2015 Milano, Pagina 209.

Piano piano, la conoscenza fra di noi crebbe. E così, mi ritrovai ad essere anche uno dei suoi medici. A collaborare con le persone che si occupavano della sua salute: agli infermieri, al personale della Casa. Ad altri padri gesuiti, al superiore.

Indimenticabile la lettera che scrisse ai suoi amici il 15 giugno del 2014.  La lettera iniziava così:

“Carissime amiche, carissimi amici,
Ancora una volta vi scrivo per essere e sentirci in comunione effettiva nel nostro correre insieme, nel tempo e nello spazio, nell’avventura meravigliosa della nostra fede, della nostra speranza e del nostro amore, attratti dalle braccia possenti del Padre, inebriati dal profumo del Figlio risorto nella nostra carne gloriosa, animati dall’energia dello Spirito, che summa di mondano riesce a fiaccare”...

Difficile selezionarne alcuni stralci. L’intera lettera trabocca di bellezza.

“In questo tempo mi perdo nella memoria degli anni vissuti insieme a tanti di voi, sempre protesi nell’ascolto di una Parola che, nonostante molta attenzione, ricerca e passione, non riusciamo ancora ad accogliere perfettamente e santamente nelle nostre coscienze”...

“Quanto a me, mi sembra che tutto si sia consumato nei 35 e più anni, nei quali ho vissuto a Gerusalemme”...

“Io vivo ormai in quella Terra/Parola come nella patria del mio riposo, ne respiro l’aria, i colori, la storia, la memoria, i suoni, la lingua… Non desidero ritornarvi, perché essa è risorta in me con Gesù. La terra del Santo fa parte di LUI”...

Scusandosi di non riuscire a finire, per alcune difficoltà fisiche e per la sordità che progrediva, la terza e quarta settimana degli esercizi, scriveva: 

“Ripenso con un certo umorismo a quanto dicevo negli anni passati, parlando di come dovremmo vivere consumandoci, logorandoci nella carità. Dicevo che bisognava essere pronti ad arrivare alla fine della vita avendo perduto qualche pezzo di noi, per amare. E’ proprio così! Ed è bello che sia così".

E concludeva con queste parole:

“Per il resto, vorrei entrare sempre più serenamente in un ultimo periodo di silenzio e di preghiera, di memoria orante e di ringraziamento popolato da tanti vostri nomi e ricordi di grazie e benedizioni che hanno arricchito la mia esistenza. Grazie, grazie a tutti e a tutte.
Un grazie particolarissimo vorrei riservare per le numerose donne che mi hanno voluto e mi vogliono bene. Nella mia condizione di celibe per il Signore mi avete fatto sentire e gustare la purezza bellezza del giardino della femminilità e i fascino della relazione sessuata, rispettosa e amicale voluta dal creatore fra noi, uomini e donne, una consolazione tra le più delicate dei nostri anni di vita sulla terra. E che tanti, anche se sposati, ignorano, forse fino alla fine della vita.
Prego perché, al di là di tutte le prove che incontriamo, il Signore Gesù sia il centro della vostra pace e della vostra speranza.
Un abbraccio forte con il bacio della nostra fraternità.
Francesco, sj”

Da quel giugno 2014 sono passati nove anni in cui ho incontrato Padre Francesco tante volte; sempre venendone arricchito, illuminato, trasfigurato. Tante sono le cose da raccontare e da scrivere. E così, negli anni dei nostri incontri, ho potuto conoscere sempre qualcosa in più della sua vita. Della sua missione in Giappone durata credo qualcosa come quindici anni. Poi della sua permanenza in Terra Santa, nata da un'idea del Cardinal Martini, suo amico e del quale era di qualche mese più grande.


In Israele, padre Rossi De Gasperis scelse di mettersi alla scuola del domenicano Jacques Fontaine che aveva ideato  l'avventuroso progetto "Bible sul le terrain" con il quale padre Fontaine portava alcuni pellegrini per un mese in giro per la Terra Santa a conoscere e vivere la Bibbia nei posti in cui erano accaduti gli episodi narrati. Padre Francesco volle imparare da lui e di questo ne sorrideva: "Un gesuita alla scuola di un domenicano". Negli anni tantissime sono le persone che padre Francesco ha portato in Terra Santa a vivere qualcosa di simile alla Bibbia sul terreno, in un itinerario pensato per durare un mese. Padre Francesco parlava l'ebraico, comprendeva l'arabo, e in Giappone aveva imparato il significato di diversi ideogrammi giapponesi. Riteneva il pellegrinaggio in Terra Santa fatto come veri pellegrini, lontano dai circuiti del turismo religioso, il modo più diretto ed efficace per entrare in contatto con la fede di cui si parla nella Bibbia.
Roma, Casa San Pietro Canisio, 1 luglio 2019.
Prima del Covid c'era sempre qualcuno che andava a trovarlo, a parlare con lui, a chiedere pareri, a sentire le sue storie, a raccontare la propria vita sentendo cosa ne pensasse. Ogni tanto la visita di qualche editore o collaboratore o amico che andava ad accordarsi per libri da pubblicare e ne ha pubblicati tanti negli ultimi anni. Anche se, con umorismo, padre Francesco scriveva in un suo libro: "Il Signore ci ha mandato a predicare, non a pubblicare" (di Miche Ledrus Cit. Francesco Rossi De Gasperis, La roccia che ci ha generato, aDP Roma,1994. Pag.6).
Durante il Covid, già novantaquattrenne, padre Francesco  è sopravvissuto all'isolamento ferreo e prolungato di anni, mantenendo una fiducia inscalfibile nella vita. In quel periodo una mattina decido di chiamarlo. Al telefono non sente bene. Gli chiedo: "Padre, c'è molta solitudine?" Lui: "Si c'è molta solitudine". Continuo: "E lei come la vive? Ne soffre molto?" Lui: "Mah, mi sembra di viverla bene" e, dopo una altra pausa, aggiunge: "...poi, come diceva Giorgio Gaber alla fine di una delle sue canzoni: "I soli sono sempre in buona compagnia". Al telefono cerco rapidamente il testo della canzone e glielo leggo tutto. Lui ascolta con attenzione e alla fine commenta: "Certo questo testo si può interpretare in vari modi, però dice anche delle cose molto vere" (il titolo della canzone è I soli. Clicca qui per leggere il testo).
Roma, Casa San Pietro Canisio, 24 giugno 2022
Roma, Casa San Pietro Canisio, 9 ottobre 2022.
Roma, Casa San Pietro Canisio, 18 novembre 2022. 
Quante volte con le sue acutezze e capacità di cogliere nel segno mi ha fatto ritornare il sorriso. Sabato 24 febbraio, quando sono andato a trovarlo, abbiamo scambiato poche parole viste la difficoltà con l'udito e le sue condizioni generali. Non so perché ma, per la prima volta da quando lo conosco, gli ho dato del tu. "Stai bene?""Abbastanza"."Hai dolore?""No". "Sei preoccupato?""No". E dopo un pò ha aggiunto: "Di che cosa dovrei essere preoccupato?". Ha voluto essere preso per entrambe le mani e mi ha detto: "Finalmente sei venuto a trovarmi. E' stata una buona idea".
Padre Francesco è stato, è, e sarà luce per tante persone e non poteva che passare al cielo se non nella domenica della Trasfigurazione.
 
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