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“
Alcuni preferiranno sentirsi dire una bugia piuttosto che la realtà dei
fatti. Altri possono pensare che è meglio non sapere piuttosto di affrontare
l’ansia e il dolore eventuali della verità. In entrambi i casi, queste persone
non potranno crescere, né inserirsi in un cammino di consapevolezza psicologia,
spirituale.
D’altra
parte, non c’è nessuna buona ragione per la quale la verità debba ferire. Se
usata correttamente, la sincerità scarica la tensione e diventa la base per un
cambiamento. Troppo spesso viviamo la sincerità come un modo “brutale” di
comunicare. Niente di più falso. La verità è l’essenza della comunicazione fra
le persone.
Senza
verità non ci sarebbe vita.
Senza
verità non c’è amore.
E
poi la verità può essere detta con gentilezza.
Un
amore forte è in grado anche di perdonare.
Fra
l’altro, molti hanno scoperto che la verità è la miglior politica: se non siamo
sinceri, nel tempo le conseguenze si dimostreranno più pesanti del conflitto a
cui volevamo ovviare con la bugia…
…Comunque
sia, l’insincerità risulta essere una delle cause prime di separazione, di
rottura dei rapporti d’amore”
Valerio
Albisetti, Mal d’amore – Pag. 115-116
Si resta a disposizione per l'immediata rimozione del testo,
qualora richiesto dagli aventi diritto.
I neretti sono stati aggiunti e hanno l’unico scopo di
facilitare la lettura del testo
DISCORSO DI
PAPA FRANCESCO
AL PARLAMENTO EUROPEO
25 novembre 2014
Signor Presidente, Signore e Signori Vice Presidenti,
Onorevoli Eurodeputati,
Persone che lavorano a titoli diversi in quest’emiciclo,
Cari amici,
vi ringrazio per l'invito a prendere la parola dinanzi a questa
istituzione fondamentale della vita dell'Unione Europea e per l'opportunità che
mi offrite di rivolgermi, attraverso di voi, agli oltre cinquecento milioni di
cittadini che rappresentate nei 28 Stati membri. Particolare gratitudine,
desidero esprimere a Lei, Signor Presidente del Parlamento, per le cordiali
parole di benvenuto che mi ha rivolto, a nome di tutti i componenti
dell'Assemblea. La mia visita avviene dopo oltre un quarto di secolo da quella
compiuta da Papa Giovanni Paolo II. Molto è cambiato da quei giorni in Europa e
in tutto il mondo. Non esistono più i blocchi contrapposti che allora
dividevano il continente in due e si sta lentamente compiendo il desiderio che
«l'Europa, dandosi sovranamente libere istituzioni, possa un giorno estendersi
alle dimensioni che le sono state date dalla geografia e più ancora dalla
storia».
Accanto a un'Unione Europea più ampia, vi è anche un mondo più
complesso e fortemente in movimento. Un mondo sempre più interconnesso e
globale e perciò sempre meno "eurocentrico". A un'Unione più estesa,
più influente, sembra però affiancarsi l'immagine di un'Europa un po’
invecchiata e compressa, che tende a sentirsi meno protagonista in un contesto
che la guarda spesso con distacco, diffidenza e talvolta con sospetto.
Nel rivolgermi a voi quest'oggi, a partire dalla mia vocazione
di pastore, desidero indirizzare a tutti i cittadini europei un messaggio di speranza e di
incoraggiamento.
Un messaggio di speranza basato sulla fiducia che le difficoltà possano diventare promotrici potenti di
unità, per vincere tutte le paure che l’Europa - insieme a tutto il mondo - sta
attraversando. Speranza nel Signore che trasforma il male in bene e la morte in
vita.
Incoraggiamento di tornare alla ferma convinzione dei Padri
fondatori dell'Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare
le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del
continente. Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era la fiducia nell'uomo, non tanto in
quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell'uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente. Mi
preme anzitutto sottolineare lo stretto legame che esiste fra queste due parole:
"dignità" e "trascendente".
La “dignità” è la
parola-chiave che ha caratterizzato la ripresa del secondo dopo guerra. La
nostra storia recente si contraddistingue per l'indubbia centralità della
promozione della dignità umana contro le molteplici violenze e discriminazioni,
che neppure in Europa sono mancate nel corso dei secoli. La percezione dell'importanza dei diritti umani nasce proprio come
esito di un lungo cammino, fatto anche di molteplici sofferenze e sacrifici,
che ha contribuito a formare la coscienza della preziosità, unicità e
irripetibilità di ogni singola persona umana. Tale consapevolezza culturale
trova fondamento non solo negli avvenimenti della storia, ma soprattutto nel
pensiero europeo, contraddistinto da un ricco incontro, le cui numerose fonti
lontane provengono «dalla Grecia e da Roma, da substrati celtici, germanici e
slavi, e dal cristianesimo che li ha plasmati profondamente» , dando luogo
proprio al concetto di “persona”.
Oggi, la promozione dei diritti umani occupa un ruolo centrale
nell'impegno dell'Unione Europea in ordine a favorire la dignità della persona,
sia al suo interno che nei rapporti con gli altri Paesi. Si tratta di un impegno importante e ammirevole, poiché persistono fin
troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali
si può programmare la concezione, la configurazione e l’utilità, e che poi
possono essere buttati via quando non servono più, perché diventati deboli,
malati o vecchi.
Effettivamente quale
dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio
pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale
dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio
della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale
dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di
discriminazione?Quale dignità potrà
mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e,
peggio ancora, il lavoro che lo unge di dignità? Promuovere la dignità della
persona significa riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non
può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno a beneficio di interessi
economici.
Occorre però prestare
attenzione per non cadere in alcuni equivoci che possono nascere da un
fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia
di diritti individuali, che cela una concezione di persona umana staccata da
ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (μονάς), sempre
più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé. Al concetto di diritto non
sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere,
così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che
ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e
doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società
stessa.
Ritengo perciò che sia quanto mai vitale approfondire oggi una
cultura dei diritti umani che possa sapientemente legare la dimensione
individuale, o, meglio, personale, a quella del bene comune, a quel “noi-tutti”
formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità
sociale. Infatti, se il diritto di
ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per
concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di
violenze.
Parlare della dignità trascendente dell'uomo, significa dunque
fare appello alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene
dal male, a quella “bussola” inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso
nell’universo creato; soprattutto significa guardare all'uomo non come a un
assoluto, ma come a un essere relazionale. Una
delle malattie che vedo più diffuse oggi in Europa è la solitudine, propria di
chi è privo di legami. La si vede particolarmente negli anziani, spesso
abbandonati al loro destino, come pure nei giovani privi di punti di
riferimento e di opportunità per il futuro; la si vede nei numerosi poveri che
popolano le nostre città; la si vede negli occhi smarriti dei migranti che sono
venuti qui in cerca di un futuro migliore.
Tale solitudine è stata poi acuita dalla crisi economica, i cui
effetti perdurano ancora con conseguenze drammatiche dal punto di vista
sociale. Si può poi constatare che, nel corso degli ultimi anni, accanto al processo di allargamento
dell'Unione Europea, è andata crescendo la sfiducia da parte dei cittadini nei
confronti di istituzioni ritenute distanti, impegnate a stabilire regole
percepite come lontane dalla sensibilità dei singoli popoli, se non addirittura
dannose. Da più parti si ricava un'impressione generale di stanchezza e
d'invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i
grandi ideali che hanno ispirato l'Europa sembrano aver perso forza attrattiva,
in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni.
A ciò si associano alcuni stili
di vita un po' egoisti, caratterizzati da un'opulenza ormai insostenibile e spesso indifferente nei confronti
del mondo circostante, soprattutto dei più poveri. Si constata con rammarico un
prevalere delle questioni tecniche ed economiche al centro del dibattito
politico, a scapito di un autentico orientamento antropologico . L'essere umano rischia di essere ridotto a
semplice ingranaggio di un meccanismo che lo tratta alla stregua di un bene di
consumo da utilizzare, così che - lo notiamo purtroppo spesso - quando la vita
non è funzionale a tale meccanismo viene scartata senza troppe remore, come nel
caso dei malati terminali, degli anziani abbandonati e senza cura, o dei
bambini uccisi prima di nascere.
È il grande equivoco
che avviene «quando prevale l'assolutizzazione della tecnica», che finisce per
realizzare «una confusione fra fini e mezzi» . Risultato inevitabile della
“cultura dello scarto” e del “consumismo esasperato”. Al contrario,
affermare la dignità della persona significa riconoscere la preziosità della vita umana, che ci è donata
gratuitamente e non può perciò essere oggetto di scambio o di smercio. Voi,
nella vostra vocazione di parlamentari, siete chiamati anche a una missione
grande benché possa sembrare inutile: prendervi
cura della fragilità dei popoli e delle persone. Prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che
conduce inesorabilmente alla “cultura dello scarto”. Prendersi cura della
fragilità delle persone e dei popoli significa custodire la memoria e la speranza; significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale
e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità.
Come dunque ridare
speranza al futuro, così che, a partire dalle giovani generazioni, si ritrovi
la fiducia per perseguire il grande ideale di un'Europa unita e in pace,
creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri
doveri?
Per rispondere a questa domanda, permettetemi di ricorrere a
un'immagine. Uno dei più celebri affreschi di Raffaello che si trovano in Vaticano raffigura la cosiddetta Scuola di Atene. Al suo centro vi sono
Platone e Aristotele. Il primo con il dito che punta verso l'alto, verso il
mondo delle idee, potremmo dire verso il cielo; il secondo tende la mano in
avanti, verso chi guarda, verso la terra, la realtà concreta. Mi pare
un'immagine che ben descrive l'Europa e la sua storia, fatta del continuo
incontro tra cielo e terra, dove il
cielo indica l'apertura al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l'uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità
pratica e concreta di affrontare le situazioni e i problemi.
Raffaello Sanzio - Scuola di Atene
Il futuro dell'Europa
dipende dalla riscoperta del nesso vitale e inseparabile fra questi due
elementi.
Un'Europa che non è più capace di
aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un'Europa che lentamente
rischia di perdere la propria anima e anche quello "spirito
umanistico" che pure ama e difende. Proprio a partire dalla necessità di un'apertura al trascendente, intendo
affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e
dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il
patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione
socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare
oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un
pericolo per la laicità degli Stati e per l'indipendenza delle istituzioni
dell'Unione, bensì un arricchimento. Ce lo indicano gli ideali che l'hanno
formata fin dal principio, quali la pace, la sussidiarietà e la solidarietà
reciproca, un umanesimo incentrato sul rispetto della dignità della persona.
Desidero, perciò, rinnovare la disponibilità della Santa Sede e
della Chiesa cattolica, attraverso la Commissione delle Conferenze Episcopali
Europee (COMECE), a intrattenere un
dialogo proficuo, aperto e trasparente con le istituzioni dell'Unione
Europea. Parimenti sono convinto che un'Europa
che sia in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone
cogliere la ricchezza e le potenzialità, possa essere anche più facilmente
immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno, anche per il grande
vuoto ideale a cui assistiamo nel cosiddetto Occidente, perché «è proprio
l'oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza».
Non possiamo qui non ricordare le numerose ingiustizie e persecuzioni che colpiscono quotidianamente le
minoranze religiose, e particolarmente cristiane, in diverse parti del mondo.
Comunità e persone che si trovano ad essere oggetto di barbare violenze:
cacciate dalle proprie case e patrie; vendute come schiave; uccise, decapitate,
crocefisse e bruciate vive, sotto il silenzio vergognoso e complice di tanti.
Il motto dell'Unione Europea è Unità nella diversità, ma l'unità
non significa uniformità politica, economica, culturale, o di pensiero. In
realtà ogni autentica unità vive della ricchezza delle diversità che la
compongono: come una famiglia, che è
tanto più unita quanto più ciascuno dei suoi componenti può essere fino in
fondo sé stesso senza timore. In tal senso, ritengo che l'Europa sia una
famiglia di popoli, i quali potranno sentire vicine le istituzioni dell'Unione
se esse sapranno sapientemente coniugare
l'ideale dell'unità cui si anela, alla diversità propria di ciascuno,
valorizzando le singole tradizioni; prendendo coscienza delle sua storia e
delle sue radici; liberandosi dalle tante manipolazioni e dalle tante fobie.
Mettere al centro la persona umana significa anzitutto lasciare che essa
esprima liberamente il proprio volto e la propria creatività, sia a livello di
singolo che di popolo.
D'altra parte le
peculiarità di ciascuno costituiscono un'autentica ricchezza nella misura in
cui sono messe al servizio di tutti. Occorre ricordare sempre l'architettura
propria dell'Unione Europea, basata sui principi di solidarietà e sussidiarietà,
così che prevalgano l'aiuto vicendevole e si possa camminare, animati da
reciproca fiducia.
In questa dinamica di unità-particolarità, si pone a voi,
Signori e Signore Eurodeputati, anche l’esigenza di farvi carico di mantenere viva la democrazia dei popoli
dell’Europa. Non ci è nascosto che una concezione
omologante della globalità colpisce la vitalità del sistema democratico
depotenziando il ricco contrasto, fecondo e costruttivo, delle organizzazioni e
dei partiti politici tra di loro. Così si corre il rischio di vivere nel regno
dell’idea, della sola parola, dell’immagine, del sofisma… e di finire per
confondere la realtà della democrazia con un nuovo nominalismo politico.
Mantenere viva la democrazia in Europa richiede di evitare tante “maniere
globalizzanti” di diluire la realtà: i purismi angelici, i totalitarismi del
relativo, i fondamentalismi astorici, gli eticismi senza bontà, gli
intellettualismi senza sapienza.
Mantenere viva la realtà delle democrazie è una sfida di questo
momento storico, evitando che la loro
forza reale – forza politica espressiva dei popoli – sia rimossa davanti alla pressione di interessi multinazionali non
universali, che le indeboliscano e le trasformino in sistemi uniformanti di
potere finanziario al servizio di imperi sconosciuti. Questa è una sfida che oggi la storia vi pone. Dare speranza all'Europa non significa solo riconoscere la centralità
della persona umana, ma implica anche favorirne le doti. Si tratta perciò di
investire su di essa e sugli ambiti in cui i suoi talenti si formano e portano
frutto. Il primo ambito è sicuramente quello dell'educazione, a partire dalla
famiglia, cellula fondamentale ed elemento prezioso di ogni società. La
famiglia unita, fertile e indissolubile porta con sé gli elementi fondamentali
per dare speranza al futuro. Senza tale solidità si finisce per costruire sulla
sabbia, con gravi conseguenze sociali. D'altra parte, sottolineare l'importanza
della famiglia non solo aiuta a dare prospettive e speranza alle nuove
generazioni, ma anche ai numerosi anziani, spesso costretti a vivere in
condizioni di solitudine e di abbandono perché non c'è più il calore di un
focolare domestico in grado di accompagnarli e di sostenerli.
Accanto alla famiglia vi sono le istituzioni educative: scuole e università. L'educazione non può limitarsi a fornire un
insieme di conoscenze tecniche, bensì deve favorire il più complesso processo di
crescita della persona umana nella sua totalità. I giovani di oggi chiedono di
poter avere una formazione adeguata e completa per guardare al futuro con
speranza, piuttosto che con disillusione. Numerose sono, poi, le
potenzialità creative dell'Europa in vari campi della ricerca scientifica, alcuni dei quali non ancora del tutto
esplorati. Basti pensare ad esempio alle fonti
alternative di energia, il cui sviluppo gioverebbe molto alla difesa
dell'ambiente.
L’Europa è sempre stata in prima linea in un lodevole impegno a
favore dell’ecologia. Questa nostra
terra ha infatti bisogno di continue cure e attenzioni e ciascuno ha una personale responsabilità
nel custodire il creato, prezioso dono che Dio ha messo nelle mani degli uomini.
Ciò significa da un lato che la natura è a nostra disposizione, ne possiamo
godere e fare buon uso; dall’altro però significa che non ne siamo i padroni. Custodi, ma non padroni. La dobbiamo perciò amare e rispettare, mentre
«invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del
manipolare, dello sfruttare; non la “custodiamo”, non la rispettiamo, non la
consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura» . Rispettare
l’ambiente significa però non solo limitarsi ad evitare di deturparlo, ma anche
di utilizzarlo per il bene. Penso
soprattutto al settore agricolo, chiamato a dare sostegno e nutrimento
all’uomo. Non si può tollerare che
milioni di persone nel mondo muoiano di fame, mentre tonnellate di derrate
alimentari vengono scartate ogni giorno dalle nostre tavole. Inoltre,
rispettare la natura, ci ricorda che l’uomo stesso è parte fondamentale di
essa. Accanto ad un’ecologia ambientale, serve perciò quell’ecologia umana,
fatta del rispetto della persona, che ho inteso richiamare quest’oggi
rivolgendomi a voi.
Il secondo ambito in
cui fioriscono i talenti della persona umana è il lavoro. E’ tempo di favorire
le politiche di occupazione, ma
soprattutto è necessario ridare dignità
al lavoro, garantendo anche adeguate condizioni per il suo svolgimento. Ciò
implica, da un lato, reperire nuovi modi
per coniugare la flessibilità del mercato con le necessità di stabilità e
certezza delle prospettive lavorative, indispensabili per lo sviluppo umano dei
lavoratori; d'altra parte, significa favorire un adeguato contesto sociale, che non punti allo sfruttamento delle
persone, ma a garantire, attraverso il
lavoro, la possibilità di costruire una famiglia e di educare i figli.
Parimenti, è necessario affrontare insieme la questione migratoria. Non si può tollerare che il Mar
Mediterraneo diventi un grande cimitero! Sui barconi che giungono
quotidianamente sulle coste europee ci sono uomini e donne che necessitano di
accoglienza e di aiuto. L'assenza di un sostegno reciproco all'interno
dell'Unione Europea rischia di incentivare soluzioni particolaristiche al
problema, che non tengono conto della dignità umana degli immigrati, favorendo
il lavoro schiavo e continue tensioni sociali. L'Europa sarà in grado di
far fronte alle problematiche connesse all'immigrazione se saprà proporre con
chiarezza la propria identità culturale
e mettere in atto legislazioni adeguate
che sappiano allo stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini europei e
garantire l'accoglienza dei migranti; se saprà adottare politiche corrette, coraggiose e concrete
che aiutino i loro Paesi di origine nello sviluppo socio-politico e nel
superamento dei conflitti interni – causa principale di tale fenomeno – invece delle politiche di interesse che
aumentano e alimentano tali conflitti. È necessario agire sulle cause e non
solo sugli effetti.
Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori Deputati, La coscienza della propria identità è
necessaria anche per dialogare in modo propositivo con gli Stati che hanno
chiesto di entrare a far parte dell'Unione in futuro. Penso soprattutto a
quelli dell'area balcanica per i quali l'ingresso nell'Unione Europea potrà
rispondere all'ideale della pace in una regione che ha grandemente sofferto per
i conflitti del passato. Infine, la
coscienza della propria identità è indispensabile nei rapporti con gli altri
Paesi vicini, particolarmente con quelli che si affacciano sul Mediterraneo,
molti dei quali soffrono a causa di conflitti interni e per la pressione del
fondamentalismo religioso e del terrorismo internazionale.
A voi legislatori spetta il compito di custodire e far crescere
l'identità europea, affinché i cittadini ritrovino fiducia nelle istituzioni
dell'Unione e nel progetto di pace e amicizia che ne è il fondamento. Sapendo
che «quanto più cresce la potenza degli uomini tanto più si estende e si
allarga la loro responsabilità individuale e collettiva» . Vi esorto perciò a lavorare perché l'Europa riscopra la sua anima
buona.
Un anonimo autore del II secolo scrisse che «i cristiani rappresentano nel mondo ciò che l'anima è nel corpo» . Il
compito dell'anima è quello di sostenere il corpo, di esserne la coscienza e la
memoria storica. E una storia bimillenaria lega l'Europa e il cristianesimo.
Una storia non priva di conflitti e di errori, ma sempre animata dal desiderio
di costruire per il bene. Lo vediamo nella bellezza delle nostre città, e più
ancora in quella delle molteplici opere di carità e di edificazione comune che
costellano il continente. Questa storia, in gran parte, è ancora da scrivere.
Essa è il nostro presente e anche il nostro futuro. Essa è la nostra identità.
E l'Europa ha fortemente bisogno di riscoprire il suo volto per crescere,
secondo lo spirito dei suoi Padri fondatori, nella pace e nella concordia,
poiché essa stessa non è ancora esente dai conflitti. Cari Eurodeputati, è
giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia,
ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili;
l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il suo
futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente. È giunto il
momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su sé stessa per
suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte,
di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e
persegue degli ideali; l’Europa che guarda, difende e tutela l’uomo; l’Europa
che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta
l'umanità!
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Usa questa e-mail per lasciare commenti, esprimere opinioni .You can use this e-mail adress to write your opinion or your messages. -ingegnosinelbene@yahoo.it
Siamo chiamati a scoprire i germi di bene che sono nel mondo, sviluppare in noi e negli altri, e farli fruttificare mettendo ovunque speranza. In questo contesto la gioia è possibile, non è un'alienazione, anzi è come un forte impulso che viene messo dentro di noi e ci da la forza per andare avanti con speranza, per portare qualcosa di nuovo al mondo nel quale viviamo.
Don Pino Puglisi
Chi ha la capacità di accogliere e comprendere i delicati frammenti interiori che un individuo trasmette, lo incoraggia ad esplorare il suo mondo e a trasformare la sua paura in libertà, la sua disperazione in speranza, la sua solitudine in condivisione.
Noi non abbiamo più un imperatore antichissimo che ci perseguita, ma dobbiamo combattere contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre... Non ci confisca i beni, anzi, ci dà di che vivere, ma ci arricchisce per darci la morte... Non ci spinge verso schiavitù, né tantomeno in carcere, ma elabora per noi alti ideali di libertà invitandoci ad onorarci nel suo palazzo per farci amare le nostre catene... Non ci colpisce il cuore, ma prende possesso del cuore... Non ci taglia la testa con la spada, ma uccide l'anima con il denaro. S. ILARIO DI POITIER
Il pigro e la formica
Va dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio. Essa non ha né capo, né sorvegliante, né padrone, eppure d'estate si provvede il vitto, al tempo della mietitura accumula cibo. Fino a quando pigro te ne starai a dormire? Quando ti scuoterai dal sonno? Un pò dormire, un pò sonnecchiare, un pò incrociare le braccia per riposare e intanto giunge a te la miseria, come un vagabondo, e l'indigenza, come un mendicante. Proverbi 6, 6-11